Distrofia di Duchenne. Una proteina apre nuovi scenari terapeutici

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Sonia Messina Sonia Messina, ricercatrice e direttore clinico del Centro NEMO SUD, è anche componente della Commissione Medico-Scientifica UILDM

È stato pubblicato su Nature Medicine, una delle più prestigiose riviste scientifiche al mondo, uno studio multicentrico internazionale nato da una osservazione clinica dei neurologi del Dipartimento di Neuroscienze dell’Universitaria di Messina.

I risultati dello studio pubblicato su Nature Medicine da un lato rivelano nuove informazioni sulla biologia della distrofina, la proteina alterata nella distrofia muscolare di Duchenne (DMD), dall’altro offrono ulteriori  possibilità per i malati di DMD attraverso una nuova modalità di exon skipping (letteralmente “salto dell’esone”) ed una migliore comprensione dei meccanismi di risposta all’uso clinico dei corticosteroidi. Sempre più quindi la ricerca terapeutica nella DMD propone opportunità personalizzate ai pazienti e con la metodologia di exon skipping è ora possibile offrire nuove speranze anche ai ragazzi con DMD con alterazioni genetiche nella prima porzione del gene (regione N-terminale).

La DMD è causata da alterazioni in un gene localizzato nel cromosoma X che produce una proteina chiamata distrofina. Lo studio, focalizzato su una particolare forma della proteina lesionata nella sua porzione N-terminale, quella che interessa circa il 6% dei ragazzi con DMD, aumenta le nostre conoscenze sulla malattia e apre nuovi orizzonti di ricerca sui meccanismi di produzione della proteina distrofina, con possibilità per un’ulteriore gruppo di persone con Duchenne.

Il gruppo di ricerca, coordinato da Kevin Flanigan del The Research Institute at Nationwide Children’s Hospital (Columbus, Ohio), ha incluso ricercatori svedesi, australiani e italiani. Tra questi ultimi vi sono Alessandra FerliniGiuseppe Vita, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Messina e Sonia Messina, ricercatrice e direttore Clinico del Centro NEMO SUD. Sonia Messina, componente della Commisione Medica Scientifica UILDM, spiega che «La distrofina svolge un ruolo primario nella stabilizzazione della membrana delle fibre muscolari. Senza una quantità sufficiente di proteina, le fibre durante la contrazione sono particolarmente suscettibili al danno. Nel corso del tempo esse degenerano e vengono lentamente sostituite da grasso e tessuto connettivo».
Sono diverse le mutazioni che possono portare alla DMD, alcune delle quali bloccano del tutto la produzione intracellulare di distrofina, mentre altre si traducono in una proteina più piccola ma ancora funzionante.
Lo studio dimostra come la distrofina possa essere prodotta da meccanismi alternativi rispetto a quelli oggetto di mutazioni genetiche. In particolare vi è un ulteriore sito di ingresso, l’IRES (Internal Ribosome Entry Site) attraverso il quale la distrofina viene ugualmente sintetizzata. «L’IRES - proseguono gli studiosi -  è risultato stimolato dai glucocorticoidi, che sono attualmente il “gold standard” della terapia della DMD».

Partito nel 2013,  il Centro Clinico NEMO SUD, tra i cui soci fondatori vi sono UILDM e Fondazione Telethon, nel suo primo anno di attività si è preso cura, in modo multispecialistico, di 185 pazienti affetti da DMD o BMD (distrofia muscolare di Becker). Se gli interventi assistenziali vengono organizzati in modo ottimale, la storia naturale di queste malattie potrebbe essere significativamente modificata, ecco perchè il modello dei Centro NEMO diviene un importante punto di commistione tra ricerca ed assistenza. (Ufficio Comunicazione Centro Clinico NEMO SUD - Commissione Medico-Scientifica UILDM)

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Margaret

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