FSHD: Interessanti risultati sul modello animale

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Nel pubblicare il seguente comunicato stampa di Telethon, riteniamo opportuno ricordare - come sottolineato anche da Rossella Tupler dell'Università di Modena e Reggio Emilia, una delle principali esperte a livello internazionale nell'ambito della distrofia facio-scapolo-omerale che nel 2002 guidò il gruppo di lavoro che dimostrò il meccanismo patogenetico di tale malattia - che è sempre quanto mai necessaria una grande cautela nel valutare risultati come quelli qui segnalati, pensando ad eventuali applicazioni terapeutiche sull'uomo e ricordando anche che la facio-scapolo-omerale è senz'altro una delle forme più complesse di distrofia. Va sottolineato, infatti, che la ricerca di cui si parla è stata svolta sul modello animale (murino) del quale resta ancora da provare l'attendibilità. Si tratta altresì di un buon punto di partenza per ulteriori approfondimenti. (S.B.)

Il ricercatore Telethon Davide Gabellini

Il ricercatore Telethon Davide Gabellini


Ricercatori dell’Istituto Telethon Dulbecco sfruttano piccole molecole di Rna per trattare una delle più importanti malattie genetiche dei muscoli

Dimostrata per la prima volta al mondo l’efficacia di una terapia molecolare per la distrofia facio-scapolo-omerale: a descriverla sulle pagine della rivista scientifica Molecular Therapy è Davide Gabellini, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco che lavora all’Istituto San Raffaele di Milano.
Come suggerisce il nome stesso, questa patologia colpisce i muscoli di faccia, spalle e braccia, in qualche caso anche quelli delle gambe. I primi sintomi sono in genere difficoltà a compiere semplici movimenti del volto come sorridere, fischiare o chiudere gli occhi, ma spesso è la debolezza dei muscoli della scapola a suonare come un campanello di allarme. Età di insorgenza e gravità della malattia possono variare notevolmente da un paziente all’altro: se alcuni sono praticamente asintomatici, altri non sono in grado di correre e salire le scale o, nei casi più gravi, addirittura di camminare.
«Per quanto sia tra le principali forme di distrofia muscolare, questa malattia rimane per certi versi ancora un mistero» spiega Gabellini. «Il difetto genetico responsabile è stato localizzato all’estremità del cromosoma 4, in una regione che non contiene geni ma una serie di sequenze ripetute. A provocare la malattia è una riduzione di queste “ripetizioni”, che porta a un aumento dell’attività di alcuni geni. A questo proposito non c’è ancora accordo completo tra gli scienziati: al momento i candidati principali si chiamano FRG1 e DUX4. Con meccanismi ancora non del tutto chiariti, un aumento della produzione delle proteine codificate da questi geni sembra tradursi nei sintomi muscolari tipici di questa distrofia».

A differenza di altre malattie genetiche, il problema non sta dunque nell’assenza o nella presenza di una proteina alterata, ma semplicemente in una sovrapproduzione: Gabellini e il suo team hanno quindi provato a vedere se riducendo l’attività di questi geni si poteva ottenere un miglioramento dei sintomi. Proprio Gabellini era riuscito negli anni passati a ottenere un modello murino della malattia caratterizzato da un’eccessiva produzione della proteina FRG1: questi animali sviluppano una distrofia muscolare molto simile a quella umana. Per provare a trattarla i ricercatori Telethon hanno sfruttato l’interferenza a Rna, una tecnica di “silenziamento genetico” che mima un fenomeno molto conservato in natura e che nel 2006 ha fruttato il premio Nobel ai suoi scopritori, Andrew Fire e Craig Mello. Questo meccanismo, scoperto per la prima volta nelle piante, consiste nello “spegnimento” specifico dell’attività di alcuni geni grazie a piccole molecole di Rna a doppio filamento che, una volta riconosciuto il loro bersaglio, ne bloccano l’espressione.
«Abbiamo somministrato questi Rna silenziatori tramite dei virus già usati in terapia genica, chiamati adeno-associati (Aav), che ci sono stati forniti dalla nostra collaboratrice Joel Chamberlain della Università di Washington, a Seattle» spiega Gabellini. «Una volta raggiunte le fibre muscolari, queste molecole hanno dimostrato di ridurre significativamente l’attività del gene FRG1. Questo si è tradotto in un netto miglioramento dei sintomi stabile nel tempo, senza alcun effetto tossico: è la prima volta che si ottiene un risultato del genere per la distrofia-facio-scapolo-omerale. Contiamo di ripetere l’esperimento “mettendo a tacere” anche l’altro gene, DUX4, e di affinare la tecnica per renderla quanto più possibile sicura, in vista di un trasferimento all’uomo. Non solo: questo approccio è potenzialmente applicabile ad una trentina di altre malattie genetiche dei muscoli, come per esempio la distrofia miotonica, dovute alla produzione di molecole RNA tossiche».
12 settembre 2011

Per informazioni:
Ufficio stampa Telethon:
Filippo degli Uberti, fd_uberti@telethon.it - 06 44015314
Anna Maria Zaccheddu, azaccheddu@telethon.it - 06 44015402
www.telethon.it

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