Giovanni Nigro: un'intera vita dedicata a UILDM

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È scomparso questa notte il professor Giovanni Nigro, uno dei padri fondatori di UILDM e esperto di miologia a livello mondiale. Lo vogliamo ricordare sia per il suo profondo impegno e competenza nell'ambito medico sia per la passione a servizio della nostra associazione. Riproponiamo l'intervista apparsa su DM 185, che Giovanni Nigro aveva rilasciato alla professoressa Luisa Politano, già presidente della Commissione medico scientifica UILDM e sua allieva.

Com’è avvenuto “l’incontro” con le malattie muscolari?
La “radice scientifica” affonda nell’ormai lontano 1953. Ero studente al sesto anno di medicina e venne a Napoli una commissione internazionale composta da Paul Dudley White, vero e proprio fondatore della cardiologia mondiale, Ancel Keys, scopritore del colesterolo e della cosiddetta “dieta mediterranea”, e Gunnar Björck, che aveva il compito di valutare l’incidenza delle malattie coronariche in due popolazioni a confronto (Napoli e Bologna), in relazione alla dieta. Fu scelta la Struttura di Patologia Medica diretta da Flaviano Magrassi, dove lavoravo come studente interno - ma già responsabile della Cardiologia - per esaminare la nostra casistica. Il materiale venne suddiviso in tre gruppi, uno per ogni membro della Commissione, illustrato da due assistenti del professor Magrassi e da me, unico studente. Capitai con Björck, che alla fine del lavoro ebbe per me parole di lode e mi invitò ad andare in Svezia. Gli feci notare che non ero ancora laureato e allora mi disse: «Venga subito dopo la laurea». Dopo sette mesi ero a Malmö in Svezia, coronando il mio sogno di iniziare l’attività scientifica presso una prestigiosa università straniera. La “radice umana”, invece, deriva dall’avere prestato la mia attività di medico presso l’Ambulatorio comunale per i pescatori poveri, aperto a Mergellina nel 1956, cui afferivano pazienti da tutte le zone costiere della città, affetti dalle più diverse patologie. Un giorno arrivò una ragazza che presentava un’“insufficienza muscolare diffusa” e che non rispondeva ad alcuna terapia. Nel cercare di dare risposte ai suoi familiari, mi resi conto che grande era la mia ignoranza in proposito, e realizzai che mai, durante tutto il mio percorso di studi, ci era stato presentato un caso simile. All’epoca, del resto, l’ignoranza - nel senso, naturalmente, di non conoscenza - regnava sovrana in Italia e altrove, e decisi pertanto che mi sarei occupato di queste patologie, mettendo a frutto quanto imparato in Svezia sulle analogie cuore-muscolo.

E in questo percorso, quando ha incontrato UILDM?
Per caso, leggendo un trafiletto di giornale che annunciava un meeting a Trieste, organizzato da pazienti con malattie muscolari e operatori nel campo. Era il 1961. Il primo impatto fu disastroso, in quanto nessuno aveva nozione delle malattie muscolari, né di quanto fosse necessario fare per migliorare le conoscenze e tentare una terapia. Rimasi tuttavia affascinato dal carisma di un uomo robusto, tenace e volitivo, che presiedeva il congresso: era Federico Milcovich, che già allora aveva intuito come solo associando ricerca, assistenza clinica e assistenza sociale, partendo dalle basi comuni, si potesse raggiungere un risultato. Su queste basi fu fondata la UILDM, con Milcovich che la guidò da segretario per più di cinque lustri.

Cosa ha comportato, da un punto di vista umano e professionale, l’incontro con UILDM?
Dal punto di vista umano mi ha spronato a creare nel ’67 una Sezione UILDM a Napoli, e grazie alla generosità dei miei concittadini, con una raccolta “porta a porta” fatta da me e dai miei collaboratori Lucia Comi e Franco Limongelli, nel ’71 nacque il primo Centro di riabilitazione per le malattie muscolari in Campania. Quella struttura ha permesso da un lato ai ragazzi di uscire dalle loro case - dove spesso erano tenuti letteralmente “nascosti”, nei bassi e nei sottoscala, per evitare che il problema malattia impedisse il matrimonio alle sorelle – e dall’altro lato ha liberato i genitori, almeno per un certo numero di ore al giorno, dal peso del loro accudimento, in quanto i ragazzi erano presi al loro domicilio dai pulmini del Centro e lì vi frequentavano la scuola dell’obbligo - ciò che non era possibile prima di allora -, mangiavano (spesso l’unico pasto della giornata), facevano fisiokinesiterapia (e se necessario anche terapia medica) e venivano riaccompagnati a casa nel tardo pomeriggio. Inoltre, non appena stipulata la convenzione con il Ministero della sanità, che ci assicurava un sostegno economico, ho privilegiato l’assunzione dei genitori e dei familiari dei ragazzi che non avevano un’attività lavorativa, nel Centro, cosicché quest’ultimo, nel corso di quarantaquattro anni di attività, è diventato anche un sostegno economico per circa settanta famiglie. Dal punto di vista professionale, l’incontro con UILDM mi ha fatto capire che il mio interesse non era solo una semplice curiosità scientifica, ma il risultato di un intrecciarsi di sentimenti scientifici, umani e sociali, che andavano tutti in una sola direzione. Incominciai a studiare la mioglobina e i citocromi, sostanze importanti per la respirazione delle cellule, e fondai all’Università il primo Laboratorio di biochimica cardiaca e muscolare, assoluta novità nel mondo accademico. Nel ’76, poi, creai il Centro di cardiomiologia e miologia al Primo Policlinico dell’Università di Napoli, che nell’80 la Regione Campania trasformò in Servizio speciale di cardiomiologia e miologia, dedicato alla diagnosi, al follow-up e alla cura delle malattie muscolari. Grazie alla mia visione olistica del paziente, ho fatto in modo che i ragazzi che arrivavano alla nostra attenzione potessero trovare nel Servizio tutte le branche specialistiche (cardiologia, miologia, genetica, pneumologia, ortopedia, fisiatria) necessarie per una corretta “presa in carico” del paziente (formula ora tanto di moda, da noi attuata da più di trent’anni). Quindi, nell’85, grazie a un incontro fortunato di Lucia Comi - mia prima e preziosa collaboratrice - con Yves Rideau, si effettuarono per la prima volta in Italia - a Napoli - gli interventi precoci chirurgico-ortopedici, messi a punto per prolungare il periodo di deambulazione autonoma dei pazienti con distrofia di Duchenne. L’amicizia affettuosa e il sodalizio sociale con Federico Milcovich furono coronati dalla mia elezione a presidente nazionale UILDM dal ’79 all’86 e successivamente a presidente della Commissione Medico-Scientifica UILDM dall’84 al ’90, composta dai più illustri colleghi che si interessavano di malattie muscolari: Corrado Angelini, Lodovico Bergamini, Ferdinando Cornelio, Gian Antonio Danieli, Giovanni Lanzi, Corrado Messina,Davide Schiffer, Pietro Tonali (e spero di non aver dimenticato nessuno). Con Federico Milcovich all’Assemblea Nazionale di Rimini, 1983. Arriviamo così alla primavera del ’90, quando mi recai in Francia, a Bordeaux, per ottenere da Bernard Barataud, presidente dell’AFM (Associazione Francese per le Malattie Muscolari), il consenso a portare in Italia il logo Telethon e a iniziare anche nel nostro Paese la maratona per la raccolta di fondi in favore delle distrofie (e poi di tutte le malattie genetiche), giunta lo scorso anno alla sua venticinquesima edizione. Subito dopo ricevetti dal neurologo inglese Victor Dubowitz l’informazione che agli inizi dell’Ottocento c’era stato a Napoli - molto prima di Duchenne de Boulogne - un medico napoletano che aveva descritto un caso di Duchenne. Insieme ai miei collaboratori, e in particolare al compianto Vito Petretta, trovai conferma di ciò negli annali clinici dell’Ospedale Incurabili, in un articolo del 1836, a nome di Gaetano Conte. Decisi pertanto di fondare l’Accademia Gaetano Conte per lo studio delle malattie del cuore e dei muscoli striati, e di organizzare meeting biennali da dedicare alle distrofie, durante i quali sarebbero stati assegnati i Premi Gaetano Conte agli studiosi nel mondo che si fossero distinti nel campo della ricerca di base, clinica e sociale. Dal ’91 ad oggi, tutti i maggiori “miologi” di fama internazionale sono stati insigniti del Premio Conte e la tradizione continuerà anche nel prossimo mese di maggio, in occasione del XII Congresso della Mediterranean Society of Myology (MSM), da me fondata in Ischia nel ’93, con il contributo di ventuno Paesi dell’area Mediterranea. Gli Anni Novanta sono stati sicuramente un’epoca di crescente attenzione scientifica nel campo delle malattie muscolari. Nel ’95 - su invito - mi incontrai con Dubowitz e Luciano Merlini, che volevano fondare una Società Mondiale di Miologia, sulla scia dell’MSM. In quella sede proposi il nome della nuova Associazione, la World Muscle Society, fondata ufficialmente a Londra l’anno successivo, con Dubowitz presidente, Merlini segretario e io stesso tesoriere, carica che ho mantenuto fino al 2009. Nel 2000, infine, contribuii a fondare - ultima, ma non per importanza - l’Associazione Italiana di Miologia, il cui quindicesimo congresso ospiteremo anch’esso in maggio a Napoli.

Quando ha avuto la percezione che per i malati muscolari - e in particolare per i pazienti affetti da Duchenne - stesse arrivando “la svolta” di una vita più lunga e migliore?
Due eventi sono stati per me fondamentali: da una parte l’incontro con Yves Rideau e con le tecniche di riabilitazione chirurgica precoce, dall’altra i risultati ottenuti con gli steroidi e in particolare con il Deflazacort.

Quali dovrebbero essere oggi i compiti di un’associazione come UILDM?
Stimolare la ricerca scientifica, facilitare i contatti tra i pazienti, i medici e i ricercatori di base, supportare i pazienti nelle problematiche di tipo sociale, spalancando le braccia ad accogliere le altre associazioni - sempre più mirate a patologie particolari - ma mantenendo la funzione di “ombrello”, sotto il quale tutte possano trovare riparo e sostegno.

Pensa che tra una ventina d’anni nasceranno ancora bambini con distrofia di Duchenne?
Purtroppo sì, non essendo possibile identificare le mutazioni de novo, che causano un terzo di tutti i nuovi casi. Sono certo, però, che tra una ventina d’anni la malattia sarà diventata “guaribile”.

In più di sessant’anni dedicati alle malattie muscolari, quale ricordo è rimasto indelebile nel suo cuore?
Ricordo ancora di avere curato per molto tempo, agli inizi della mia professione, un ragazzo con distrofia di Duchenne con problemi cardiologici importanti. Un giorno i suoi genitori vennero a dirmi che era mancato qualche giorno prima, ma che in punto di morte si era fatto promettere che il contenuto del suo salvadanaio “fosse dato al professor Nigro, quale contributo per la creazione di un Centro per le malattie muscolari”. Erano solo 19.000 lire, ma rappresentarono un seme molto importante e oggi il Centro Gaetano Torre per le malattie muscolari porta proprio il nome di quel ragazzo!

Ritratto di uildmcomunicazione

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