La vita prima di tutto

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Il recente messaggio di Papa Francesco ai partecipanti al Meeting Regionale Europeo della World Medical Association sulla delicatissima questione del “fine vita” ha riaperto la discussione su una serie di tematiche legate ad essa. Non sono concetti nuovi per la Chiesa, ma è importante che siano stati ribaditi.

Prima di tutto il termine “fine vita” non fa riferimento alla morte in sé, ma è il tratto finale dell’esistenza terrena di una persona, un processo che va curato e accompagnato. È necessario rimettere al centro del percorso terapeutico la persona, nella sua dimensione personale e relazionale, e la sua dignità. Papa Francesco individua un criterio di azione essenziale: della persona bisogna sempre prendersi cura, senza abbreviarne la vita, ma senza accanirsi inutilmente contro la morte. Questo concetto si lega all’idea della proporzionalità delle cure come la scelta di rimanere in equilibrio tra i due eccessi dell’accanimento terapeutico e dell’abbandono terapeutico, e soprattutto commisurata alle esigenze e alla dignità della persona.

«Non posso che apprezzare l’intervento di Papa Francesco – commenta Marco Rasconi, presidente nazionale UILDM - Già sul recente caso di Loris Bertocco, che ha scelto di porre fine alla propria vita in modo assistito in una clinica Svizzera, la voce di UILDM è stata chiara: prima di parlare di fine vita, dovremmo parlare di qualità della vita. Noi dobbiamo lavorare proprio perché ciascuno abbia la possibilità di vivere la propria esistenza al meglio, da protagonista delle proprie scelte e delle proprie vicende. Le recenti vicende ci spingono ad impegnarci sempre più per stare accanto alle persone, per dare risposte concrete a tutti coloro che si sentono soli ed abbandonati di fronte a scelte di così vitale importanza. Davanti a noi non abbiamo pazienti o malati, ma persone che vanno, prima di tutto, accolte, amate e curate.
Ora è opportuno e necessario che la politica inserisca in agenda il tema e che entro la fine di questa legislatura venga affrontato».

La vita e la dignità della persona sono da sempre «il nostro tesoro assoluto, da proteggere e curare», aggiunge Alberto Fontana, segretario nazionale UILDM. E aggiunge: «La nostra associazione, sin dalle origini, si batte contro la Distrofia Muscolare. Da qui il nome, da qui la nostra ragion d'essere.
Papa Francesco sottolinea appunto che la Vita, come un magnifico dono, va tutelata in ogni momento, persino nelle fasi più difficili e ardite che qualcuno, suo malgrado, si trova ad affrontare. L'aver messo il punto sulla proporzionalità delle cure e sulla dignità dell'essere umano, ci sostiene profondamente nella nostra convinzione che la vita sia un diritto da tutelare in ogni momento e che sia giusto promuovere in ogni forma possibile l'assistenza e la cura delle persone colpite da malattie neuromuscolari. La questione del testamento biologico è, secondo me, un tema ancora più ampio, che riguarda non solo le persone con disabilità, ma tutti in generale. Questo tema è delicato, perché coinvolge la coscienza di ciascuno di noi e le personali posizioni morali, oltre ad obiettive difficoltà legate al tempo nel quale si propongono e si mettono per iscritto volontà che riguardano situazioni future. Anche su questo tema Papa Francesco anche se in maniera non esplicita, può darci delle indicazioni di valore, perché si capisce che il tratto finale dell'esistenza umana non è un chiudersi alla morte, anzi, dovrebbe essere un aprirsi ancora alla vita, poiché in queste fasi finali ci esorta a sostenere con tutte le nostre forze la dignità dell'essere».

Abbiamo raccolto le riflessioni di alcuni soci UILDM su questo tema. Sono volontari, persone con disabilità, famigliari. Voci diverse, proprio perché su un tema così ampio e delicato non esiste una sola verità, ma la ricchezza che è data dalla pluralità dei pensieri e dalla condivisione di essi.

«Il discorso del Papa è molto profondo. Condivido la sua posizione e sono lieta che la Chiesa abbia finalmente esplicitato questi temi.
Sono anni che combatto per il diritto della persona a scegliere e determinarsi per quanto riguarda gli aspetti del fine vita. Non condivido l’idea dell’accanimento terapeutico e la parola eutanasia mi spaventa parecchio.
Sia per me, che per il mio impegno di volontariato con le persone con disabilità, ritengo sia importante fare chiarezza e dare indicazioni riguardo al testamento biologico, che considero uno strumento utile per la persona per esprimere la propria volontà in maniera esplicita. Mi piace pensare che certe scelte determinanti per la mia esistenza e la mia fine possano essere fatte per tempo e con serenità, non nel momento cruciale in cui potrei non avere né la lucidità, né la possibilità di esprimere completamente la mia volontà. Uno Stato di diritto deve permettermi di farlo. Questo è il mio pensiero. So che su questo tema così delicato non c’è ragione o torto».
(Maura)

«Oggi parlare del messaggio di Papa Francesco sul fine vita è un dovere per noi persone con disabilità e responsabili di associazioni in cui coesistono tanti modi diversi di pensare su questo tema. Il suo messaggio vuole sottolineare l’importanza della dignità umana prima di tutto.
Mi auguro che le parole del Papa possano dare una spinta perché venga approvata la legge sul “fine vita”, in particolare che l’Italia si doti del testamento biologico, quale atto di civiltà. Lo ribadisco come persona che ha una distrofia muscolare: è giusto che sia il paziente, in dialogo con i medici, a poter definire il percorso terapeutico fino alla fine, decidendo quali vie intraprendere. Si deve pensare prima di tutto alla dignità della persona, al termine della propria esistenza, senza nessuna forma di accanimento terapeutico. Io credo che lasciare andare le persone che stanno soffrendo sia un gesto d’amore che va contro l’egoismo di chi rimane.
Io ripeto sempre alla mia famiglia che ho una dignità come persona e ho bisogno che venga rispettata fino alla fine.
Ammiro Papa Francesco perché parla sempre di accoglienza e invita a non richiudersi in se stessi. Io lotto ogni giorno per il miglioramento della qualità della vita delle persone, e come persona con disabilità, il mio motto è: “Noi siamo degli artisti pronti a dipingere ogni giorni la nostra vita con colori diversi”. Questo significa inventare, creare, trovare soluzioni alternative. Essere disabili non deve essere fermarsi a guardare, ma darsi da fare per migliorare la vita di tutti».
(Giovanna)

«Il Papa ha voluto specificare ed esprimere con queste parole il pensiero della Chiesa. Mi fa riflettere quando si parla dell’integrità della persona da preservare. Essere saggi nell’insistere con i trattamenti medici credo sia necessario, a patto che sia sempre garantita la scelta dell’individuo. Come persona che ha una grave disabilità (distrofia muscolare di Duchenne), ritengo che finché è possibile la vita bisogna viverla. Se ci sono supporti che ci aiutano a fare questo e c’è una volontà da parte della persona, tutto questo non può essere considerato accanimento terapeutico. Non posso nascondere che la mia disabilità non sia facile e che condiziona tutto ciò che faccio. Qualcuno dirà questa non è vita. Abbiamo dei limiti, lo sappiamo, ma li possiamo superare e li abbiamo superati. Possiamo studiare, fare sport, volontariato. Fine vita? Per me è avanti Vita!
Di certo non dobbiamo essere chiusi nelle nostre posizioni. Bisogna rispettare le scelte altrui: ci sono persone che non accettano la propria condizione o si trovano a affrontare scelte difficili. Il nostro compito è aiutarle, ascoltarle, supportarle, e nel caso di decisioni estreme rispettarle. Prima di tutto dev’esserci libertà di scelta. Al centro del nostro pensiero ci deve essere la persona, curando gli aspetti fisici legati alla malattia. Ritengo che altrettanto importante sia curare l’aspetto psicologico e sociale, e per chi è credente, anche la dimensione spirituale».
(Simone)

«Io credo che finché c’è vita, c’è speranza. Oggi, grazie alle nuove scoperte in campo medico, c’è la possibilità di prolungare la vita delle persone, di migliorare la loro esistenza. Sono convinta che fino a quando c’è la possibilità di andare avanti, lo dobbiamo fare. Mio padre ha la distrofia e desidero che rimanga il più possibile tra noi, perché stare tra noi gli fa bene. Se possiamo, perché non scegliere questo?
Il testamento biologico? È un importante strumento per manifestare la propria volontà. Io sono donatrice di organi, perché così la mia morte non sarà inutile ma aiuterà qualcuno a vivere. Diventare donatore di organi è come continuare a vivere in un’altra persona. Spero ce la legge sul biotestamento possa essere integrata con tutti questi aspetti».
(Maria Maddalena)

«Condivido appieno il messaggio del Papa, sia come credente che come papà di Roberto, che ha la distrofia. Non credo nell’accanimento terapeutico, perché credo in una vita dopo la morte.
Io lotto per mio figlio, mio figlio lotta per la vita e la ama immensamente. La sua esistenza è ricca, piena e completa, grazie alle sue passioni, ai suoi interessi e alla fede. Finché ci saranno libertà, volontà e ragione, ossia la capacità di distinguere il bene dal male, ogni vita varrà la pena di essere vissuta.
Sono contrario all’eutanasia. Penso sia però importante rispettare la volontà della persona, e l’introduzione del testamento biologico spero aiuti a fare chiarezza in questo ambito».
(Matteo)

(a. p.)

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