Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana

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Una pennaUna lettera aperta, un appello e insieme un segnale che un cittadino e un distrofico come tanti altri, ha voluto lanciare verso la persona del presidente Giorgio Napolitano e con lui, all’intera società italiana, per aiutare a vedere, capire e a rimuovere i troppi alibi di comodo. (R.R.)

Signor Presidente,

Sono Pietro Papa, cittadino italiano, residente a Moiano (BN) fin dalla nascita, avvenuta il 30 marzo 1976, un cittadino con una particolarità, la Distrofia Muscolare di Duchenne, malattia genetica che colpisce progressivamente tutti i muscoli fino alla totale paralisi.

Difficilmente si può immaginare la mia vita, le difficoltà, le continue battaglie che combatto quotidianamente contro responsi medici che non lasciano troppa speranza, eppure mi sono forgiato, il mio fisico sembra raccogliere ciascuna di quelle sfide e vincerle ed esco da ognuna di quelle lotte più forte che mai, contro ogni previsione scientifica, e questo perché ho di fronte la malattia, un nemico terribile, ma leale.

La musica cambia quando mi trovo innanzi altri avversari, il contesto sociale, che ha sempre faticato ad accettare la mia diversità, e lo Stato Italiano.

Il primo mi pone sempre davanti il pregiudizio, un demone che mi penalizza e che diventa una pena aggiuntiva al mio stato di salute, anche se, devo dire, qualche spiraglio di luce brilla; il secondo mi penalizza in modo più fattivo e concreto: col trascorrere del tempo la mia malattia si è aggravata, costringendomi al respiratore h24 e, quindi, anche quando esco con la mia sedia elettronica, perché, caro Presidente, sono ingordo di vita, in questo lago di chiacchiere sull’eutanasia, e riesco a trarre momenti di grande felicità dalle piccole cose che il quotidiano mi offre, dicevo, quando esco ormai lo faccio sempre in solitaria, nonostante questo comporti dei rischi notevoli, qualunque sciocchezza può mettermi in serio pericolo.

Fino a luglio 2011 usufruivo di un servizio di assistenza sociale erogato dal mio Comune e con l’assistente avevo stabilito un ottimo rapporto umano e soprattutto mi accompagnava nelle mie passeggiate. Naturalmente ciò mi consentiva di uscire “protetto”, ma sembra che quei pochi soldi che venivano stanziati per questo servizio servono a tirare fuori l’Italia dalla crisi economica, per la quale, a questo punto, mi chiedo se debbo sentirmi in colpa e perciò recludermi dietro la finestra della mia stanza, immaginando soltanto la VITA.

Ho ritenuto opportuno rivolgermi a Lei, persona saggia e massima carica di questo Stato, per capire se posso riavere quel minimo servizio, che per me e per tutti coloro che versano nelle mie stesse condizioni, risulta essere essenziale, o se devo ingrossare anch’io le fila della categoria dei dimenticati, però, è importante saperlo.

Onde evitare qualunque fraintendimento, tengo a precisare che se non avessi la mia famiglia che provvede a tutti i miei bisogni, dovrei rinunciare al mio amore per la vita.

In attesa di una Sua risposta che so non tarderà ad arrivare, Le invio i miei cordiali saluti.

Con osservanza Pietro Papa

Moiano, 24 maggio 2012


Ritratto di admin

Margaret

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