A Scuola Di Determinazione

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Solare, vulcanica e determinata, la distrofia non le ha impedito di coronare il sogno di diventare una professoressa di matematica. Immacolata Esposito ha 42 anni, è di Scampia ed è una socia di UILDM Arzano (Na). Dal 2009 è docente di ruolo al Liceo  “Elsa Morante” di Scampia.

«Sono fortunata perché ho avuto due genitori magnifici, oggi miei angeli in paradiso, che mi hanno trasmesso i reali valori della vita e che si sono dedicati a me sempre con il sorriso sulle labbra. Fortunata perché mi hanno regalato due sorelle e un gemello, che mi aiutano a gestire la quotidianità. Fortunata perché ho molti amici. Fortunata perché credo che il Signore mi abbia donato intelligenza ed elasticità mentale, per sopperire alle “mancanze” fisiche: dove non arriva il braccio arriva la mente!» ci racconta. Imma ama la vita, per questo la sua più grande caratteristica è il sorriso: «A chi mi chiede perché sorrida nonostante tutto, rispondo che la vita mi ha donato tanti motivi per sorridere, tanto amore e affetto che mi colmano il cuore e riempiono le mie giornate».

 

Come fai ad essere così determinata?

La determinazione è una dote ereditata da mia madre, perché nella vita bisogna impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi. La mia adorata professoressa di matematica delle scuole medie mi diceva sempre che “volere è potere”  e questo è diventato il mio motto. Farmi fermare dalla malattia sarebbe stata la sconfitta più grande della mia vita: non avevo alcuna voglia di mollare, perché avrei deluso tutte le persone che mi volevano bene, soprattutto i miei genitori e, questo sarebbe stato per me imperdonabile.

Come è stata la tua reazione di fronte alla malattia? E la conseguente accettazione?

A 18 anni non è facile accettare una malattia come la distrofia, soprattutto quando fino ai 14 anni hai praticato sport a livello agonistico. È stata una bella  “mazzata” direi. I primi mesi mi sembrava di impazzire, mi ripetevo che forse i medici avevano sbagliato la diagnosi, poiché riuscivo ancora ad alzarmi e a stare in piedi: ma purtroppo non era così. È stato grazie all’amore della mia famiglia, allo studio, alla fede e a un percorso psicologico che sono riuscita a rasserenarmi e a perseguire il mio primo obiettivo: la laurea. Lo studio e la cultura permettono di affrontare i problemi da un punto di vista privilegiato. Studiare e farlo con Marianna, un’amica conosciuta alle superiori, è stato più semplice e divertente.

Qual è  stato il tuo percorso di studi? 

«Nel 1995 mi sono diplomata all’Itis “G. Ferraris di Scampia” e il 21 luglio 2004 mi sono laureata in Matematica all’Università Federico II di Napoli con 110/110. Nel 2005 sono entrata nella Scuola di Specializzazione all’insegnamento e due anni dopo ho conseguito l’abilitazione».

Come è stato il tuo percorso lavorativo?

«Nel settembre del 2007 sono entrata di ruolo, grazie alla riserva di cui fruiscono le persone con disabilità. Ho deciso di cominciare con un corso serale per avere un impatto meno difficile con il mondo dell’insegnamento, nel quale non avevo alcuna esperienza. L’anno successivo sono stata trasferita in un Istituto Professionale diurno, con una platea scolastica molto impegnativa e quindi ho imparato a essere auttorevole. Nel  2009 ho ottenuto il trasferimento al Liceo “E. Morante” di Scampia in cui lavoro e sono anche la webmaster.

Cosa rappresenta per te la matematica?

La matematica è la passione di tutta una vita. Ricordo che già alle scuole elementari amavo molto più la matematica delle materie umanistiche. Ero sempre tra le prime a risolvere i problemi e a vincere le gare di tabelline. Questa passione è rimasta anche alle scuole medie, dove ho trovato docenti che mi hanno fatto apprezzare ancora di più la materia. Così anche alle superiori, al punto che, alla fine del quinto anno, avevo una formazione tale da potermi iscrivere alla facoltà di matematica senza esitare. E così è stato: potevo realizzare il mio sogno!.

Com'è il primo impatto con gli studenti?

Quando i ragazzi mi vedono per la prima volta il loro sguardo è sorpreso, perché non capita spesso di avere un’insegnante in carrozzina. Spiego subito loro che sono intransigente riguardo l’educazione e gli chiedo di aiutarmi in alcuni gesti quotidiani: spostando le sedie o portando i miei libri in un’altra classe al cambio d’ora. Insomma, stringiamo un vero patto.  

Cosa significa lavorare con ragazzi adolescenti?

È il mio sogno! C’è un detto che dice: “Se fai ciò che ami non lavorerai nemmeno un giorno”. È vero, perché faccio il mio lavoro con piacere e senza fatica, nella consapevolezza che l’insegnamento renda eterni. Se fai  bene il tuo lavoro, i ragazzi si ricorderanno sempre di te e ti verranno a cercare anche a distanza di anni. Lavorare con gli adolescenti di oggi non è semplice e farlo in un quartiere come quello di Scampia è ancora più soddisfacente e gratificante, poiché la voglia di emergere da parte dei ragazzi è enorme. Io sono nata ho studiato in questo quartiere, vorrei che la scuola fosse per loro il trampolino di lancio che è stato per me.

Che rapporto avete?

Ho un ottimo rapporto con i miei alunni e spesso riesco ad appassionarli alla matematica. Credo che ciò che i ragazzi ammirino di me sia proprio il mio modo di propormi a loro, sempre pronta a dargli fiducia; così quando li vedo scoraggiati racconto la mia storia e in loro si accende una specie di scintilla. Spesso mi dicono che per loro sono un esempio di determinazione e questo mi fa sentire ancora più motivata.

E con i colleghi?

Lavorando in una scuola con circa ottanta docenti, si può dire che siamo quasi una piccola famiglia. Chi viene a insegnare in questo liceo non vorrebbe più andare via. Sono molto amata dai colleghi che apprezzano il mio carattere. Mi ripetono spesso che sono un esempio per loro, perché sono sempre sorridente e presente e gli stessi complimenti li ho ricevuti anche dal mio Dirigente scolastico. Ho fatto scoprire loro Telethon e così, ogni anno diamo il via a una raccolta fondi. Un anno abbiamo raccolto oltre mille euro e questa per me è stata un'ulteriore attestazione d’affetto da parte di tutti coloro che sanno quanto sia importante la ricerca per chi, come me, ha una malattia genetica.

Come gestisci le tue giornate?

Sono abbastanza impegnative tra lavoro e fisioterapia. Tutte le mattine sono a scuola e per quattro pomeriggi sono impegnata con la fisioterapia. Se poi ci sono corsi di formazione da frequentare, le giornate diventano ancora più lunghe e faticose.  

Quali  sono gli ingredienti per riuscire a fare una vita normale, convivendo con la disabilità fisica?

Per me il primo fra tutti è la famiglia. Ho cinque splendidi fratelli e in particolare tre di loro si occupano di me: Assunta e Clementina che accompagnano ogni giorno al lavoro e a fare fisioterapia, il mio gemello Alessandro vive con me. Grazie a loro l’anno scorso ho avuto la possibilità di frequentare anche il British School Council. Con Clementina, la sua famiglia e Alessandro andiamo in vacanza ogni estate. Ci sono poi i miei nipoti che fin da piccoli hanno imparato ad aiutarmi nelle azioni quotidiane. Tra le persone importanti delle mie giornate c’è Virginia, volontaria di UILDM Arzano, che oltre ad accompagnarmi a fare terapia, spesso nei fine settimana è disponibile per un caffè insieme o per il cinema. Il suo arrivo mi ha permesso di essere più indipendente e avere spazi miei, come una qualsiasi altra donna. Per me è stata una grande conquista e per questo non smetterò mai di ringraziarla.

Che messaggio vorresti lanciare alle persone che non accettano la propria situazione?

Il mio messaggio è “volere è potere”: se si vuole raggiungere un obiettivo bisogna perseguirlo a tutti i costi, perché la distrofia ferma i muscoli non la forza di volontà. È importante lottare e non farsi fermare da questa patologia, in caso contrario si commetterebbe un grave errore verso se stessi. Nella vita non puoi e non devi arrenderti senza nemmeno averci provato.

(v.b.)

Ritratto di uildmcomunicazione

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