Lo psicologo neuromuscolare

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Photo Credits: Stefania Spadoni

Lo speciale è a cura del Gruppo Psicologi UILDM.

 

UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE

COSA COMPORTA LA DEFINIZIONE DI PSICOLOGO NEUROMUSCOLARE

LA CAPACITÀ DI LEGGERE I SEGNI

LE CONOSCENZE MEDICHE

L'APPARTENZA A UNA ÉQUIPE MULTIDISCIPLINARE

LA CAPACITÀ DI OFFRIRE UNA VIA D'USCITA DALLA SOLITUDINE

LA FLESSIBILITÀ COME QUALITÀ PRIMARIA DELLO PSICOLOGO

FLESSIBILITÀ: LA SCELTA TRA LA TERAPIA INDIVIDUALE O DI GRUPPO

LA CAPACITÀ DI LAVORARE CON I GENITORI

LA CAPACITÀ DI LAVORARE CON I FIGLI

IL GRUPPO PSICOLOGI UILDM

 

 

UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE
Stefania Pedroni Vicepresidente nazionale e Coordinamento psicologi UILDM

“Le malattie neuromuscolari sono malattie rare ed eterogenee, caratterizzate da alterazioni strutturali e funzionali a livello dell'unità motrice”: sono le parole che troviamo scritte in un qualsiasi manuale di medicina. Di fatto, si tratta di malattie in cui raramente si imbattono gli psicologi che percorrono un iter lavorativo “tradizionale”. A volte, però, uscire dalle strade più battute è un modo di reinventare le concezioni classiche, senza snaturarle, alla ricerca di nuovi orizzonti e soluzioni. D’altronde questo approccio caratterizza l’evoluzione degli esseri umani. Grazie all’impegno di medici, ricercatori e grandi associazioni di pazienti come UILDM e Telethon, possiamo finalmente affermare che i bisogni psicologici di chi ha una malattia neuromuscolare sono stati indagati e definiti, rivelandosi diversi e, in alcuni casi, più complessi rispetto a quelli di altri. Poiché a bisogni specifici occorre rispondere in modo specifico, ci è difficile immaginare uno psicologo che assista un paziente neuromuscolare in una sede e in una veste tradizionali. UILDM, attraverso il recentemente costituito Gruppo psicologi, ritiene che lo psicologo che dedica la propria professione a pazienti con patologie neuromuscolari meriti di occupare una categoria professionale a se stante, quella dello psicologo neuromuscolare. Una sistematizzazione del ruolo che non parte dalla teoria bensì attinge dalla pratica, poiché in numerose sedi territoriali della nostra associazione operano psicologi che dedicano la carriera al supporto di persone con patologie neuromuscolari, sviluppando di fatto negli anni alcune abilità specifiche che oggi emergono in maniera nitida.
 

COSA COMPORTA LA DEFINIZIONE DI PSICOLOGO NEUROMUSCOLARE
Stefania Pedroni

Definire la specificità dello psicologo neuromuscolare comporta individuare le caratteristiche che lo definiscono e lo differenziano da quelle che riguardano altre carriere nell'ambito della psicologia, rendendolo una figura altamente specializzata. Una volta individuate le competenze richieste, comporterà costruire un percorso formativo ad hoc, che possa garantirne l'apprendimento. A oggi, i molti psicologi che affiancano le nostre Sezioni hanno sviluppato queste abilità strada facendo e grazie all'impegno personale. Di recente queste figure si sono riunite nel neonato Gruppo psicologi nazionale, coordinato da me e altre due psicologhe, Simona Tozza di UILDM Napoli e Sigrid Baldanzi di UILDM Pisa. Desidero ora addentrarmi con l'aiuto di voci esperte nella definizione di alcune delle caratteristiche principali dello psicologo neuromuscolare.

 

LA CAPACITÀ DI LEGGERE I SEGNI
Sigrid Baldanzi UILDM Pisa

Alla base della competenza di uno psicologo neuromuscolare c’è di solito una grande curiosità verso la persona, il suo comportamento, le sue reazioni. Innegabilmente queste patologie cambiano la mimica del volto e gli aspetti non verbali della comunicazione tra individui (mimica, gestica e non solo) spesso interferiscono anche con l’abilità comunicativa di una persona, veicolando contenuti e informazioni talora poco chiari e non univoci; ecco che un’aria pensierosa o un lieve stato di irrequietezza possono essere mal interpretati dalle famiglie, aumentando il carico di preoccupazioni quotidiane. Altre volte, invece, un banale silenzio o un carattere tendenzialmente introverso possono ingannare l’entourage e mascherare grossi disagi: il sorgere di dubbi e paure talora ritenute “inconfessabili”, un amore non ricambiato o ancora un senso di solitudine. Spesso la comunicazione può essere alterata anche nella relazione con il medico di riferimento, ed è per questo che nel mio lavoro ho sempre cercato di coltivare una conoscenza approfondita di ognuno dei miei pazienti e del loro contesto di riferimento, per poter supportare i diversi passaggi della presa in carico.

 

LE CONOSCENZE MEDICHE
Alessia D'Agostino UILDM Genova

Faccio parte da quattro anni dell'équipe del Centro Riabilitativo Ambulatoriale UILDM Genova, accreditato e convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. Dopo otto anni di attività nell'ambito della disabilità psichiatrica, uno dei principali accrescimenti che ha subìto la mia figura professionale riguarda la formazione sanitaria. Grazie all'affiancamento iniziale dell’équipe medica, allo studio di alcuni fondamentali testi e alla possibilità di “formarmi sul campo” all'interno di specifici progetti di ricerca curati dall’ ospedale Gaslini (con cui il centro UILDM collabora), oggi posso dialogare con pazienti e famiglie avendo a disposizione un ricco linguaggio condiviso. Poiché queste malattie hanno cause e tipologie di espressione clinica variabili e difficili da comprendere per i non “addetti ai lavori”, infatti, ritengo che lo psicologo chiamato a occuparsene debba conoscerle approfonditamente: è complicato spiegare che cos’è una espansione di triplette di nucleotidi, alla base della distrofia miotonica, ad esempio, ma è indispensabile trovare il giusto linguaggio per far capire ai pazienti che si tratta di meccanismi complessi che possono colpire anche altri familiari. Ritengo sia un aspetto fondamentale e imprescindibile, tanto che durante le riunioni del Gruppo Psicologi UILDM è emersa come prioritaria l'esigenza di prevedere percorsi di formazione scientifica per gli psicologi che intendono dedicarsi ai pazienti con patologie neuromuscolari.

 

L'APPARTENZA A UNA ÉQUIPE MULTIDISCIPLINARE
Alessia D'Agostino

Altra caratteristica peculiare dello psicologo neuromuscolare è la sua inclusione in un’équipe multidisciplinare piuttosto complessa. Sebbene nel mondo medico non sia consuetudine integrare la competenza medica a quella psicologica, infatti, il mondo neuromuscolare lo esige perché si tratta di malattie che colpiscono a qualsiasi età, provocano gravi disabilità e sono tendenzialmente croniche; l’accompagnamento psicologico lungo il percorso di vita è necessario. Tutti i giorni collaboro a stretto contatto con fisiatra, genetista, pneumologo, assistente sociale, fisioterapisti. Nel centro UILDM di Genova l'importanza della figura psicologica è riconosciuta da oltre dodici anni e le colleghe che mi hanno preceduto hanno creato insieme agli specialisti un team affiatato, che mi ha accolto e permesso, da una parte, di acquisire delle conoscenze tecniche sulle patologie e, dall'altra, di condividere le mie competenze e un approccio più relazionale e sistemico alle situazioni cliniche, in modo che io possa rappresentare l’anello mancante tra la famiglia e il team medico che esercita la presa in carico. In questo modo, è possibile approcciare la patologia nel suo complesso e garantire una risposta ai bisogni quanto più ampia e completa.

 

LA CAPACITÀ DI OFFRIRE UNA VIA D'USCITA DALLA SOLITUDINE
Simona Tozza UILDM Napoli

Il paziente che riceve la diagnosi vive un momento di profonda solitudine che spesso si trasforma nel tempo in una attitudine di chiusura verso il mondo. Accade ai genitori che ricevono la diagnosi dei figli, soprattutto perché il più delle volte la scoperta della malattia coincide con la conoscenza della stessa, prima ignota; accade ad adulti con una famiglia a carico, coinvolgendo tutto il nucleo familiare. L'atteggiamento di chiusura verso la realtà esterna modifica radicalmente il loro modo di vedere la vita, caricandolo di una negatività che tende a espandersi e, se non sorretta, può sfociare in una condizione patologica. La sensazione spesso provata è quella di “una vita interrotta da una scritta su un foglio di ospedale”. Il lavoro di noi psicologi neuromuscolari dovrebbe iniziare qui, perché le persone non si sentano sole, per garantire loro il diritto a intravedere uno spiraglio di luce nella crepa che la comunicazione della diagnosi ha causato nella loro esistenza. Dobbiamo poi diventare il riferimento che accompagna, supporta e soprattutto ascolta le persone durante l’evolversi della malattia neuromuscolare. Ho notato negli anni che le reazioni ai danni fisici causati dalla patologia sono soggettive: c’è chi sfrutta le proprie risorse per sconfiggere il disagio e chi si fa sopraffare e la rende una vera e propria “prigione”. Ma come possono una famiglia o una singola persona affrontare questa realtà “ignota”, soli e senza il rischio di cadere? È compito dello specialista riscostruire i pezzi del puzzle che si scompongono e accompagnare le persone verso un nuovo stile di vita.

 

LA FLESSIBILITÀ COME QUALITÀ PRIMARIA DELLO PSICOLOGO
Chiara Angiolari UILDM Roma

UILDM Lazio si è sempre caratterizzata per la sua attenzione alle problematiche psicologiche connesse alle malattie neuromuscolari: sono infatti passati circa 35 anni da quando è stato costituito il Servizio di psicologia. Riflettendo oggi sulle qualità e le competenze necessarie a uno psicologo neuromuscolare, credo che la flessibilità possa rappresentarne il valore fondamentale. È una qualità che dovrebbe far parte del bagaglio di ogni psicologo, ma a quello neuromuscolare ne è richiesta una quota maggiore. Da una parte occorrono competenze tecniche molteplici, basti pensare alla diversità delle problematiche da affrontare a seconda dell’età e della fase di vita che le persone stanno attraversando, dall’altra occorre conoscere e comprendere i bisogni e le questioni mediche, sociali e assistenziali delle famiglie. È necessario cogliere la complessità della vita e l’intreccio fra il livello individuale, familiare e sociale, focalizzandosi sulla problematica emergente in un determinato momento: utilizziamo per questo diversi setting e contesti operativi e collaboriamo con diverse figure professionali. Per esempio, è utile offrire una consulenza genitoriale quando il figlio in età prescolare ha ricevuto una diagnosi, oppure privilegiare la collaborazione con la scuola e le insegnanti nel momento del suo inserimento scolastico. Flessibilità vuol dire anche saper mettere in discussione le proprie premesse e aspettative, ed è importante sviluppare la capacità di stare in contatto con la sofferenza e di tollerare il senso di impotenza che la drammaticità di queste malattie suscita. Nel lavoro con le persone con distrofia di Duchenne, poi, il lutto anticipatorio è un tema inevitabile e dobbiamo essere pronti ad accompagnare alcuni pazienti lungo tutto il loro percorso di vita. Chiudo quindi con un ultimo spunto: è secondo me davvero importante garantire ai pazienti la costanza della nostra presenza, soprattutto nelle fasi critiche della malattia

 

FLESSIBILITÀ: LA SCELTA TRA LA TERAPIA INDIVIDUALE O DI GRUPPO
Sigrid Baldanzi UILDM Pisa

Lo psicologo neuromuscolare deve essere capace di decidere di volta in volta l’approccio più indicato: in alcuni casi il paziente desidera un approccio intimo, individuale, e altre volte uno aperto a un gruppo, formato da famiglia, team medico o dalla cerchia di amici. Capita però anche che il paziente, che ha un’età tendenzialmente giovane, non sia in grado di scegliere, o che la famiglia sia troppo disorientata per esprimere richieste precise. In questi casi, la possibilità di affidarsi allo psicologo neuromuscolare rappresenta una zattera nel mare in tempesta.

 

LA CAPACITÀ DI LAVORARE CON I GENITORI
Anita Lavinia Baicu e Mauro Del Sal UILDM Gorizia

Nella nostra esperienza di collaborazione con UILDM Gorizia ci capita di accogliere genitori che affrontano la diagnosi del figlio. I genitori, spaventati, spesso non riescono a sciogliere il dubbio se o come comunicarlo al minore, con il timore che questi non riesca a sopportarlo o ne resti traumatizzato. In questo delicato passaggio la figura dello psicologo può fungere da contenitore emotivo sia per i genitori che per il minore. Come tutti gli eventi potenzialmente traumatici, l’esito dipende molto dall’ambiente e dalle figure di riferimento: se mamma e papà parlano della malattia trasmettendo sicurezza al figlio, quest’ultimo saprà che nel momento del bisogno potrà chiedere aiuto, ma soprattutto che la cosa potrà esser gestita. Si avvia un percorso che richiede tempo e lavoro. Solo il genitore che prima è riuscito ad accettare ed elaborare i cambiamenti inevitabili che la malattia comporta, potrà essere veramente di supporto per il figlio. Un adeguato percorso è necessario anche per aiutare e tutelare il benessere della coppia, equilibrio spesso messo alla prova dalla malattia del proprio figlio.

 

LA CAPACITÀ DI LAVORARE CON I FIGLI
Anita Lavinia Baicu e Mauro Del Sal

Lo psicologo può essere di supporto anche quando un genitore deve parlare della propria malattia al figlio. I bambini percepiscono i cambiamenti all’interno del clima familiare. Per questo la strada migliore è quella di parlare con loro, tenendo conto dell’età e della capacità di comprensione. Quando i bambini non hanno informazioni sufficienti, tendono a riempire il vuoto con pensieri negativi e scenari catastrofici: potrebbero sentir parlare di dottori, visite e malattia e ipotizzare che la situazione sia talmente grave da non poterne parlare. Per questo è importante spiegare cosa sta succedendo, in modo da prepararli ai futuri cambiamenti. I bambini sono molto più resilienti rispetto agli adulti e spesso la difficoltà maggiore ha a che fare con la resistenza e la paura degli adulti a parlarne. Riescono infatti a capire e superare i cambiamenti se adeguatamente accompagnati e sostenuti. Un figlio può accettare e comprendere il fatto che il papà non potrà giocare con lui a pallone ma potranno trovare altre attività da condividere. Il vissuto del genitore è la matrice a partire dalla quale il figlio creerà il proprio, per cui è di estrema importanza potenziare al massimo le risorse dell’adulto.

 

Il Gruppo psicologi UILDM
Il Gruppo, creato oltre un anno fa e ufficializzato di recente, è la grande occasione per gli psicologi neuromuscolari che gravitano attorno al mondo UILDM di coordinarsi, essere un vero “gruppo”; condividere i problemi e i dolori, ma anche delle grandi opportunità. Seppur appena nato, ha già grandi obiettivi davanti: stimolare il Gruppo giovani, potenziare la capacità lavorativa con il Progetto PLUS, divertirsi con la moda e con l’eleganza, affrontare grandi temi come la vita affettiva e la sessualità

Il Coordinamento psicologi UILDM: Stefania Pedroni, Sigrid Baldanzi e Simona Tozza
Tre professioniste, tre compagne di viaggio, tre amiche tengono le fila del Gruppo.

Stefania Pedroni 
Il mio primo approccio con la malattia è stato intorno ai dieci anni, quando mi è stata diagnosticata la distrofia dei cingoli. Il suo lento decorso è iniziato dopo l’anestesia totale dell’intervento di appendicectomia. I miei genitori per anni mi hanno fatto credere che la debolezza fosse legata all'anestesia, non avendo il coraggio di comunicarmi la verità. Questa difficoltà ha ostacolato il processo di “accettazione” della malattia, portando anche a vissuti di vergogna in adolescenza. È stato grazie a un percorso di psicoterapia che pian piano il blocco si è sciolto e ho potuto fare emergere le risorse con cui ho costruito il mio percorso di vita. Quanto ho imparato dalla mia storia mi ha portato a proporre il Gruppo psicologi UILDM, per aiutare le famiglie ad affrontare con coraggio questa difficile sfida.

Sigrid Baldanzi
Ciò che mi connota sono l’altruismo e la volontà di dimostrare oggettivamente i bisogni delle persone e di promuovere una società basata su valori come la fratellanza e l’idea che ognuno possa fare qualcosa di grande per l’altro. Il mio primo approccio alle malattie neuromuscolari risale al 2011, durante un progetto di dottorato sugli aspetti psicologici nella distrofia miotonica di Steinert. Non è stato facile occuparmi di un tema così diverso ma sono arrivati il supporto economico di AFM (Association Française contre les Myopathies), l’incoraggiamento dei pazienti e un pizzico di fortuna. Ancora oggi, come scrissi nella tesi, credo che il ricercatore abbia anche il nobile dovere di supportare il paziente e la persona, con la migliore delle professionalità, al di là di ogni altro obiettivo.

Simona Tozza
Nel 2004, un mese dopo aver conseguito la laurea in psicologia, mi sono “catapultata” come tirocinante nel Centro Gaetano Torre per le malattie muscolari, per cui da nove anni lavoro come consulente in équipe multidisciplinare. Attraverso il Centro ho conosciuto UILDM Napoli e ne sono entrata subito a far parte attivamente, facendo di essa la mia seconda famiglia, con cui sono cresciuta professionalmente e mi sono soprattutto arricchita interiormente, riuscendo a vedere la vita da un’altra prospettiva. Oggi il viaggio continua con questa bella avventura chiamata Coordinamento psicologi UILDM, con due nuove amiche e grandi professioniste: con loro inizia un nuovo percorso per dare identità e voce agli psicologi che lavorano in questo ambito e che non vengono riconosciuti come una grande “risorsa”.

 

 

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