SLA, Tofersen: accesso gratuito al farmaco per pazienti con mutazione sod1

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Pur non avendo raggiunto i risultati sperati, lo studio dimostra segnali positivi in alcune funzioni fondamentali per la qualità di vita nei pazienti.

Nella rara mutazione genetica SOD1, il tofersen è una molecola che potrebbe contrastare la SLA, sclerosi laterale amiotrofica. L’atteso annuncio è stato dato questa notte (17 ottobre, n.d.r.), alle 22.20 ora italiana, dalla casa farmaceutica Biogen in occasione dell’incontro organizzato dall’American Neurological Association (ANA). Nonostante non sia stato ancora possibile dimostrare l’effettiva efficacia nei confronti della SLA con la rara mutazione SOD1, lo studio osserva segnali positivi in molteplici domini, come la forza muscolare e la capacità respiratoria. Benché non siano stati ancora raggiunti i risultati attesi, i dati sulla sicurezza e il bisogno clinico portano Biogen a confermare l’ampliamento dell’accesso anticipato al farmaco per tutti i pazienti SLA con questa mutazione, a prescindere dalla rapidità della progressione, consentendo di accedere al medicinale gratuitamente e su richiesta del proprio neurologo di riferimento. In Italia sarà possibile accedere attraverso il cosiddetto “uso compassionevole” che è regolato dal decreto ministeriale del 7 settembre 2017 “Disciplina dell’uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica”.

I dati sono stati presentati dal coordinatore dello studio dott. Timothy Miller, uno dei più importanti ricercatori americani per le neuroscienze traslazionali e per i nuovi approcci terapeutici sulle malattie neurodegenerative e Direttore del Centro SLA presso la Washington University School of Medicine di St. Louis. È necessario prendere atto che lo studio non ha raggiunto i risultati sperati, il cosiddetto endpoint primario. Il rallentamento generale della degenerazione della malattia sulla base dei criteri della scala ALSFRS-R (Revised Amyotrophic Lateral Sclerosis Functional Rating Scale), infatti, non è stato confermato. Molteplici, invece, i segnali positivi degli endpoint secondari, ma essenziali per la qualità della vita, come il rallentamento nella degenerazione della funzione motoria, respiratoria e muscolare, soprattutto in coloro che si trovano in rapida progressione di malattia. Occorre comunque avere cautela poiché nessun risultato è risultato statisticamente significativo.

La fase 3 della ricerca, randomizzata è in doppio cieco, ha avuto una durata di 28 settimane ed è stata controllata con placebo per valutarne l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità, gli effetti farmacodinamici e i biomarcatori. Hanno partecipato 108 pazienti, 60 con progressione rapida e 48 con progressione più lenta. I pazienti sono stati così randomizzati: 72 con Tofersen a 100 mg e 36 con placebo. Tofersen (BIIB067) è un oligonucleotide antisenso che si lega all’RNA di SOD1, favorendone la degradazione e riducendo così la produzione della proteina anomala, cioè mutata. I segnali positivi emergono maggiormente nei pazienti con forme di malattia in rapida progressione e, in particolare, nella loro capacità respiratoria; nella forza muscolare e nel miglioramento dell’affaticamento. Dei 108 partecipanti, 95 hanno proseguito con lo studio esteso (OLE) che nel follow-up fino a 76 settimane ha rilevato come, l’inizio precoce di tofersen, abbia portato costantemente a una riduzione del declino delle misure della funzione clinica in tutta la popolazione coinvolta, sebbene in maniera non statisticamente significativa.

“L’annuncio conferma il progresso della scienza nel trovare risposte terapeutiche attraverso la genetica e poter così sperate di iniziare a cambiare la storia della nostra malattia. – dichiara Fulvia Massimelli, la presidente di AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica – AISLA rafforzerà ulteriormente l’impegno nel sostenere la ricerca scientifica in ambito genetico. La possibilità di accedere gratuitamente al farmaco, seppur solo per un piccolo ma significativo gruppo di pazienti, è importantissima. Al fine di assicurarlo a tutti i pazienti idonei, l’associazione si mette a disposizione dei Centri Italiani in grado di somministrarlo”.

“I risultati dello studio – continua il prof. Mario Sabatelli, presidente della Commissione Medico Scientifica di AISLA e neurologo responsabile dell’area adulti del Centro NeMO al Policlinico Gemelli di Roma – confermano l’importanza della genetica nella ricerca. Se pensiamo che questo risultato nasce dalla conoscenza specifica della mutazione del gene SOD1, che interessa circa il 3% degli ammalati SLA, non possiamo che continuare su questa strada per capire il ruolo dei fattori genetici che causano la malattia e arrivare a scoprire nuove terapie”. 

La SLA si presenta in due forme: Familiare, cioè in diversi componenti dello stesso gruppo familiare (5-10% dei casi); oppure Sporadica (90-95% dei casi). La forma familiare ed alcune forme sporadiche sono dovute a mutazioni di geni coinvolti in diversi meccanismi fisiopatologici. Ad oggi sono circa 30 i geni noti che possono predisporre lo sviluppo della malattia. SOD1, le cui mutazioni sono rappresentate in circa il 20% delle forme familiari e nel 1-2 % di quelle sporadiche, è il primo gene scoperto nella SLA e sembra essere associato in maniera esclusiva a questa malattia.

 

Leggi la notizia ufficiale sul sito di Biogen

(fonte: aisla.it)

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