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Vita indipendente. Un argomento oceanico, che come l’acqua del mare vive di calma piatta e di onde alte metri, di correnti forti che possono cambiare il corso della navigazione. A cercare di stare a galla ci sono migliaia di persone con disabilità, che in Italia vedono ribadito con forza questo concetto: la fortuna è un fatto di geografia, perché sì, in Italia…dipende. Dipende in che regione nasci, dipende se l’amministrazione pubblica vede in questo strumento una possibilità di crescita personale e di comunità. Dipende se il personale della regione o del comune è informato e formato sul tema, e naturalmente se le persone con disabilità stesse conoscono questo percorso.

In occasione della Giornata internazionale della donna, abbiamo chiesto a Sonia Del Vecchio, volontaria UILDM della Sezione di Caserta, di raccontarci il suo progetto di Vita indipendente e cosa significa per una giovane donna con disabilità vivere in modo autonomo. Sonia ha 20 anni, vive in provincia di Caserta, e appena compiuti i 18 anni ha cercato di avviare un percorso di Vita indipendente, che è diventato realtà da pochi mesi. È una ragazza curiosa e vuole unire le sue passioni legate al mondo dell’economia - è studentessa universitaria al secondo anno - e della comunicazione.

 

Quando hai scoperto che potevi avviare un progetto di Vita indipendente?

Ho scoperto che potevo avviare un progetto di Vita indipendente qualche anno fa. Avevo cominciato da poco le superiori e pensavo a cosa avrei fatto negli anni a venire, con un po’ di timore di non riuscire a scegliere davvero liberamente. Confrontandomi con degli amici un po’ più grandi, anche loro affetti da SMA, mi hanno spiegato che sarei stata completamente autonoma, avrei potuto avere la giusta assistenza senza dover restar vincolata alla mia famiglia.

Questa scoperta ha cambiato molte cose per me, mi sono sentita libera e il futuro non mi ha più spaventata, sapendo di avere scelta. Oggi che questo progetto è realtà posso studiare, uscire, muovermi grazie al sostegno di un’assistente (Alessia, la ragazza vicino a Sonia nelle foto, n.d.r.).

 

Quali sono state le difficoltà che hai incontrato?

Le difficoltà incontrate sono state tante. La cosa più “triste” è stata dover spiegare a più di una persona che la mia disabilità è abbastanza invalidante da richiedere la necessità di un’assistenza costante. Per alcuni se vai all’università, fai sport, stai con gli amici e viaggi evidentemente non sei “abbastanza disabile”. Ho dovuto spiegare che anche se i miei genitori possono ancora in parte assistermi non basta il loro aiuto. Pensate che alcune persone sostengono che solo chi non ha più i genitori ha diritto all’ assistenza! Questo non deve essere considerato normalità. Se una persona con disabilità deve andare in Comune senza assistente come fa? Quando ho deciso di avviare il mio progetto ho scoperto di essere la prima del mio territorio a farlo. E proprio per questo l’iter burocratico è stato molto lento, dato che era una novità c’è stata davvero una grande diffidenza. Io sono stata fortunata perché mio padre si è dato molto da fare e ho ricevuto il sostegno di UILDM a livello nazionale, ho incontrato persone come Alberto Fontana e Marco Rasconi, che ci hanno aiutato a far capire alle istituzioni locali che avere assistenza è un mio diritto e non un capriccio o un favore. Mi domando chi non ha questi strumenti e una famiglia di supporto come fa ad avviare un progetto di Vita indipendente.

Questa situazione però ha sbloccato qualcosa per altre realtà associative, che mi hanno invitato a parlare del mio progetto e di come sono riuscita a realizzarlo. Sono contenta di aver fatto da apri-pista per altre persone.

 

Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata della donna. Come donna e cittadina, cosa significa essere autonoma? Che futuro vuoi per altre bambine e donne con disabilità?

Come donna essere autonoma significa vivere a pieno la mia vita, essere me stessa e crescere. Come cittadina significa avere pari opportunità, avere la dignità che ogni essere umano merita. Essere autonoma è tutto per me e, se sei affetta da SMA, un’assistente è una delle chiavi per l’autonomia, è indispensabile. Per altre bambine e donne con disabilità voglio un futuro in cui sia scontato che, se ne hai bisogno, le istituzioni preposte ti diano la dovuta assistenza, in cui sia scontato vivere a pieno e in autonomia, un futuro in cui storie come la mia, che finalmente ho ottenuto il progetto di Vita indipendente, non siano più storie da raccontare come “storie speciali” o “storie che siano d’esempio”, ma siano la normalità. 

 

Molti giovani e molte famiglie non conoscono questa possibilità, sia per mancanza di informazioni sia per paura di lasciare andare i figli. Come figlia, ci sono parole che possono essere utili a famiglie che hanno paura?

Aver paura di “lanciare nella mischia” un figlio, trattarlo esattamente come si tratterebbe un figlio normodotato, per volerlo proteggere, in realtà non fa che peggiorare le cose. I miei genitori son sempre stati bravi in questo, sin da piccola si sono impegnati affinché, con i giusti mezzi, facessi tutto quello che facevano i miei coetanei senza SMA (e forse anche qualcosa in più). Questo è stato importante perché, oggettivamente, nel contesto sociale e geografico in cui vivo ci sono varie difficoltà legate alla disabilità e se loro non mi avessero fatto “familiarizzare” con questi ostacoli da subito ora avrei molte difficoltà.

La vita è bella, ma se sai gestire un percorso “meno comodo” è ancora più bella perché sai di poter fare tutto in un modo o in un altro. Ovviamente ho ancora tanto da imparare, ma per fortuna ho i miei fantastici genitori che mi insegnano come gestire le cose, come far valere i miei diritti e trovare i giusti mezzi per essere autonoma, sempre.

 

Gli attori in gioco sono diversi. Chi vuole avviare il progetto, le istituzioni, le associazioni, le famiglie e lavorare insieme è l’unica strada possibile. Come si potrebbe favorire questa collaborazione?

Forse si dovrebbe lavorare soprattutto sul territorio, con le associazioni e le istituzioni locali. A livello nazionale non c’è dubbio che il tema sia conosciuto e le persone siano già più sensibili e preparate, ma da un punto di vista locale ci sono ancora molte carenze. È importante che si crei uniformità, e che non si debba ripartire da capo per ogni Comune. Dev’esserci prima di tutto consapevolezza: da parte di chi ha una disabilità che nel 2023 è inconcepibile fare qualcosa in meno; da parte delle famiglie che possono solo accompagnare la persona con disabilità in parte del suo percorso, ma lasciandola libera; da parte delle istituzioni perché ragazze come me, genitori come i miei, persone che lottano così ce ne saranno sempre di più. 

Le difficoltà ci sono ma non ci fermano.

 

(Chiara Santato)

Ritratto di uildmcomunicazione

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