Un Dolore Invisibile: La Storia di Deborah

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«Siamo talmente abituati a convivere con i pregiudizi, che i primi a crearli siamo proprio noi. Spesso anche tra donne con malattie croniche e disabilità viene usato un metro di paragone sbagliato: la donna che decide di mettere in primo piano la sua femminilità e non il suo dolore, viene considerata più fortunata di quella che invece si adegua agli stereotipi» Deborah Capanna è presidente del Comitato Malati Invisibili e autrice del blog di La Zebrah Rosa. Da anni vive una malattia “senza diagnosi” e lotta per essere riconosciuta nei suoi diritti. Abbiamo raccolto il suo impegno in questa intervista. (photocredit: Zebrah Rosa)

Disabilità e femminilità... un binomio di cui non si parla, o molto spesso si parla in modo errato.

La femminilità associata alla disabilità è uno dei tanti argomenti che nella società in cui viviamo vengono considerati ancora dei tabu. Ogni giorno veniamo bombardati da stereotipi di bellezza che non rispecchiano assolutamente tutte le donne, figuriamoci quelle con disabilità temporanee o croniche. E troppo spesso il concetto di disabilità viene associato a sciatteria e depressione.

Cosa si può fare per sradicare questa mentalità?

Per cambiare questi preconcetti dobbiamo prima di tutto cambiare la nostra mentalità. A volte mi vengono fatti dei complimenti che di complimenti non hanno niente, come quando mi sento dire: "Ah, io non ce la farei mai a mettermi quelle scarpe" o "Beata te che riesci a truccarti, io ho altro a cui pensare" o "Ti vedo bene, vuol dire che stai meglio", e molto altro ancora. In quel momento vengo etichettata anche da chi si dovrebbe dimostrare solidale. Per questo dobbiamo iniziare proprio noi stessi a superare certi limiti, a guardare oltre, a non adeguarci a chi vuole farci rimanere emarginate in uno spazio ristretto in cui la femminilità e la disabilità non si potranno incontrare.

Come hai scoperto la tua femminilità?

Ho sempre curato il mio aspetto, nonostante le mille difficoltà incontrate nel percorso di malattia. Non mi sono mai lasciata andare, anche se devo ammettere che non è stato affatto facile. Non sono mai stata una persona in salute, i miei problemi hanno iniziato a manifestarsi già in età adolescenziale, ma il momento clou della malattia è stato a 28 anni. Ho un bell'aspetto e questo mi ha da sempre penalizzata moltissimo. Nessuno dei medici consultati negli anni mi prendeva seriamente, c'è chi mi consigliava di uscire più spesso, chi di fare attività sportiva, chi di cambiare alimentazione ma la cosa che mi dicevano tutti era: "una bella ragazza così non può stare male".

La Zebrah Rosa: Come nasce questo blog?

In questi anni, a causa della malattia, ho dovuto reinventarmi la vita tantissime volte. Il mio segreto per non crollare è sempre stato quello di riuscire a incanalare la rabbia in qualcosa di utile e appagante. Ci sono  riuscita attraverso il Comitato I Malati Invisibili Onlus, di cui sono Presidente, avviando nel 2017 il primo Centro Clinico in Italia per Malati Orfani di Diagnosi al Policlinico San Martino di Genova, dopo una lunghissima ed estenuante battaglia durata anni. Il blog è stato il passo successivo, un mio progetto personale in cui credo davvero tanto. Ho deciso di aprirlo per raccontare in un diario online la mia lunga storia di malata invisibile e allo stesso tempo affrontare argomenti di cui si parla poco o niente come appunto la femminilità nella disabilità. Vorrei cercare di regalare un po’ di quella normalità che tanto ci fanno mancare, cercando di dare dei suggerimenti sulle attività quotidiane, e dei consigli pratici alle donne con disabilità e malattie croniche. Lasciarsi andare non è mai la strada giusta per affrontare le difficoltà che ogni giorno incontriamo, anche quando il nostro aspetto sembra essere l'ultimo dei problemi. Il blog ha già riscosso successo anche se è stato pubblicato da poco. 

Cosa può fare una donna con disabilità per accettarsi? 

L'accettazione della disabilità o della malattia è un percorso lungo. Essere affiancati da persone qualificate che riescono a darci il giusto sostegno per affrontare le difficoltà, e che ci insegnino a incanalare i sentimenti negativi in qualcosa di costruttivo, molte volte è fondamentale. Ognuno di noi fa una sua strada, con tempi diversi. La cosa importante in questo percorso è non perdere mai di vista la nostra identità. Siamo molto di più della nostra malattia o disabilità. I veri limiti sono quelli della mente non del corpo. Siamo solo noi che decidiamo come essere. Mostrarci forti o deboli è una nostra scelta, come lo è valorizzarci nonostante le difficoltà. Questa è una sfida che dobbiamo sempre vincere. È un punto segnato contro la disabilità e la malattia, e soprattutto un passo in più per abbattere il muro dei pregiudizi.

Il tuo impegno quotidiano è per portare avanti un messaggio di speranza per le donne, ma anche a chi vive una malattia "invisibile". Come nasce il Comitato Malati Invisibili e qual è la sua mission?

Il Comitato IMI Onlus nasce dalla mia lunga esperienza di malata rara e orfana di diagnosi. Ho iniziato con un semplicissimo gruppo facebook nel 2011 "I Malati Invisibili" per poi arrivare nel 2014 a costituire il Comitato I Malati Invisibili, che nel 2017 ha ottenuto il riconoscimento Onlus. Attraverso il gruppo e poi con il Comitato ho portato avanti la battaglia dei malati rari e senza diagnosi, i rari tra i rari e per questo Invisibili alla medicina e alla società.

Che risultati avete raggiunto in questi anni?

Grazie all'enorme sensibilizzazione nel 2017 sono stata chiamata come relatore al Quirinale in Presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della X Giornata Mondiale Malattie Rare, dove ho potuto portare la voce delle migliaia di malati invisibili. Sempre nel 2017 attraverso una convenzione firmata con l'ospedale Policlinico San Martino, abbiamo avviato il primo Centro Clinico per Malati Orfani di Diagnosi in Italia. Un grande traguardo, che spero sia solo l'inizio per una presa in carico di questi malati che hanno difficoltà enormi nella presa in carico.

Sogni e progetti futuri?

Le mie condizioni, avendo una malattia progressiva, non migliorano con il tempo e quindi non so fino a quando potrò continuare a ricoprire il ruolo di Presidente nel Comitato. Quello che so è che la mia battaglia non finirà mai, e la continuerò anche attraverso il blog, sperando di diventare un punto di riferimento per le tante persone con disabilità e malattie croniche, anche per quelle donne che cercano un aiuto per affrontare al meglio la loro condizione senza rinunciare alla loro femminilità. Lo dico sempre, e continuerò a farlo: La nostra vita vale, non dimentichiamocelo mai. 

(v.b.)

Ritratto di uildmcomunicazione

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