di Marika Pane*
I notevoli progressi ottenuti nel campo della genetica delle malattie neuromuscolari pediatriche hanno portato ad un miglioramento della loro classificazione e della conoscenza delle complicanze legate alle singole forme, consentendo quindi anche una migliore pianificazione degli approcci di trattamento e di prevenzione.
La possibilità di effettuare diagnosi genetiche precoci e la migliore conoscenza dell’evoluzione delle complicanze, hanno portato notevoli modifiche nel mangement delle forme di malattie neuromuscolari più conosciute e più comuni in epoca pediatrica come la distrofia muscolare di Duchenne (DMD).
Gli studi retrospettivi e le raccolte prospettiche di dati longitudinali hanno chiaramente dimostrato come nell’ultimo decennio ci sia stata una modifica della storia naturale di queste malattie con un notevole aumento della sopravvivenza ed una riduzione e minore progressione delle complicanze. Una analisi retrospettiva della sopravvivenza dei pazienti affetti da DMD nelle ultime decadi ha dimostrato chiaramente come vi sia stato un graduale e costante aumento dell’età di sopravvivenza. Mentre negli anni ‘60 la percentuale dei ragazzi affetti da DMD che arrivava all’età di 25 anni era trascrurabile ai nostri giorni oltre il 53% di questi ragazzi supera i 30 anni con alcuni casi che arrivano oltre i 40.
L’aumento di sopravvivenza è avvenuto in parallelo all’introduzione ed alla diffusione di metodiche di ventilazione non invasiva.
Se da un lato il miglioramento della sopravvivenza e della progressione della malattia appaiono indubbie, dall’altra appare difficile stabilire in che misura le modifiche del management e della presa in carico siano individualmente responsabili delle migliori condizioni di questi pazienti. Grazie a queste modifiche di ‘care’ si è visto che i bambini affetti da DMD spesso mostrano nuove acquisizioni motorie e un apparente miglioramento fino all’età di 7 anni ed oltre. Sono sempre più frequenti i casi dei ragazzi che riescono a camminare oltre i 13 anni, soprattutto se trattati con terapia steroidea quotidiana, come dimostrato da un recente studio multicentrico italiano.
Una recente review ragionata della letteratura sull’argomento ha dimostrato che la terapia con steroidi resta al momento il ‘gold standard’ per i pazienti affetti da DMD ma non esiste ancora un consenso sul tipo di corticosteroide da utilizzare e sul miglior dosaggio terapeutico.
Prednisone e deflazacort dati a dosi simili producono effetti terapeutici simili ma con un rischio diverso di effetti collaterali: il prednisone ha un rischio maggiore di provocare aumento di peso, mentre pazienti trattati con deflazacort presentano un rischio maggiore di sviluppare cataratta ed entrambi sembrano avere, a lungo termine, effetti sul metabolismo osseo.
Negli ultimi anni si è assistito al fiorire di un enorme numero di trial clinici sperimentali incentrati su strategie volte a bloccare o rallentare la progressione della malattia. La prospettiva migliorativa ma non curativa della terapia con glucocortidei, nonché gli effetti collaterali legati alla loro assunzione prolungata, giustificano l’inarrestabile ricerca di strategie alternative. In questo scenario, le nuove prospettive sperimentali aprono l'orizzonte su un campo tanto vasto quanto affascinante e solo parzialmente esplorato, lasciando intravedere, ogni giorno di più, la possibilità di disporre a breve di trattamenti concreti ed efficaci.
Oltre al lavoro sulle cellule staminali mesangioblastiche, che ha prodotto risultati sorprendenti nel cane distrofico e che ha condotto ad uno primo studio sull’uomo, vi sono studi avviati in cui l’impiego di nuove tecniche, come l’exon skipping, è utilizzato in bambini DMD in due studi paralleli in Olanda e nel Regno Unito (ed ora anche i Italia) per valutare l’efficacia delle molecole.
L'approccio dell’exon skipping è forse il più promettente tra le proposte sperimentali degli ultimi anni. Partendo da tecniche di splicing dell'RNA, tale tecnica ha l'obiettivo di superare la regione genica alterata, mediante il salto (o “skipping”) di uno o più esoni ad essa adiacenti. Il meccanismo sotteso a tale processo sfrutta l'utilizzo di oligonucleotidi antisenso mutazione-specifici, ossia piccoli polimeri di acidi nucleici sintetizzati in laboratorio capaci di legare l'esone mutato a livello del pre-mRNA. Ciò consente che, nella fase di passaggio trascrizionale a mRNA maturo, tale sito venga mascherato, e che la cornice di lettura venga ristabilita a valle della regione alterata. L'effetto sperato è quello di riportare le alterazioni geniche in un codice di lettura comprensibile, garantendo così la produzione di una proteina più corta ma parzialmente funzionante e trasformando pertanto il fenotipo clinico della DMD in quello della forma più lieve della malattia, la Distrofia muscolare di Becker. Grazie ai numerosi trial effettuati con questa metodica a dicembre 2016 l'FDA (Food and Drug Administration) ha approvato il farmaco Eteplirsen per le mutazioni che skippano l'esone 51.
Sono in corso altri approcci che sfruttano altri meccansimi, ma specializzati per alcuni tipi specifici di mutazioni come le mutazioni nonsense che utilizzano il farmaco Ataluren, precedentemente noto come PTC124. E’ questa una molecola progettata per la terapia dei pazienti con DMD di età superiore a 5 anni, deambulanti e portatori di mutazioni nel gene della distrofina che siano di tipo nonsenso (circa il 10-15% del totale delle mutazioni). Il suo meccanismo d’azione si basa su un processo di leggibilità ribosomiale: i ribosomi vengono resi meno sensibili ai codoni di stop prematuri dell’mRNA, e sono così indotti a proseguire il processo di traduzione, fino alla produzione di una proteina completa.
Visto il successo dei trial di fase 2 e 3 in cui è stato dimostrato che i ragazzi che prendono il farmaco camminano per più tempo rispetto ai ragazzi che non lo prendono, Ataluren è stato approvato dall'Agenzia Europea del Farmaco ed è attualmente commercializzato in Europa con il nome di Translarna®. In Italia il farmaco, inizialmente somministrato per uso compassionevole, è commercializzato dall’aprile 2017.
Un altro studio promettente è quello che coinvolge il farmaco Givinostat. Lo studio, partito nel 2012, è attualmente in fase 3 e ha l'obiettivo di valutare, contro placebo, l'efficacia della molecola Givinostat in soggetti DMD (età 7-11 anni) in trattamento stabile con glucocorticoidi e trattati per almeno 12 mesi. Lo studio si è basato su valutazioni bioptiche eseguite all’inizio e alla fine dello studio (dopo almeno 12 mesi), e a valutazioni funzionali mensili, oltre che a screening seriati di tollerabilità della molecola. Il confronto tra le quantità di tessuto muscolare e tessuto cicatriziale presenti nelle 2 biopsie a tempi successivi ha dimostrato un aumento della quantità di tessuto muscolare e una riduzione significativa della quantità di tessuto necrotico e fibroadiposo. Le prove funzionali hanno mostrato inoltre una relativa stabilità e la molecola è risultata ben tollerata. Sulla base dei risultati ottenuti, la ditta produttrice partirà a breve con un nuovo trial internazionale doppio cieco per validare i dati ottenuti nel trial pilota.
L’altro elemento, ugualmente importante, è che il miglioramento dello stato di salute e l’uniformazione degli standard di cura sono passi fondamentali nel quadro più generale degli studi clinici terapeutici.
Nonostante non vi sia ancora una cura per nessuna malattia neuromuscolare su base ereditaria, negli ultimi anni vi sono numerose prospettive terapeutiche che, per la prima volta, fanno intravedere la possibilità di far stare meglio i nostri ragazzi.
*Neuropsichiatra Infantile, Direttore Clinico Area Pediatrica del Centro Clinico NeMO Roma.
Testo redatto nell'ottobre 2017
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