«La mia storia oltre le barriere, tra ruote bucate e amori fuori tempo». Il 6 marzo è uscito Faccio salti altissimi, il secondo libro di Iacopo Melio.
L’abbiamo intervistato per farci raccontare questa nuova esperienza.
Com’è nato questo progetto editoriale?
«Quando Mondadori mi ha contattato per propormi di scrivere un'autobiografia, ho accettato subito con enorme piacere, ad una sola condizione: non sarebbe dovuto essere il libro di “un disabile” o “del presidente di una onlus”, ma semplicemente il libro di “Iacopo”, un ragazzo di 25 anni come tanti, proprio per far capire quanto l’uguaglianza tra le persone sia data dall’essere ognuno unico e diverso. Pubblicare con una una grandissima casa editrice è il sogno di chiunque voglia fare della scrittura il proprio lavoro, ma ho sentito anche la responsabilità di dare voce a quelle minoranze che, ogni giorno, vengono messe un po’ da parte: per questo la mia vita, raccontata in queste pagine, diventa il pretesto e il canale attraverso il quale raccontare anche, o soprattutto, le vite degli altri e i loro diritti negati».
Un titolo ironico ma altrettanto significativo. Cosa significa per te fare salti altissimi?
«Fare salti altissimi “nonostante” le ruote per terra significa credere nei propri sogni e provare a raggiungerli con i mezzi che si hanno a disposizione, fregandosene delle “disabilità” (che tutti noi abbiamo, seppur in modo diverso) e puntando alle “abilità”. Come dico sempre, invece di saltare gli ostacoli andrebbero abbracciati, facendo delle nostre debolezze dei punti di forza: in questo caso, dei trampolini per saltare in alto».
In queste pagine sono molti i temi importanti che affronti: dall’indipendenza all’accessibilità, dal diritto allo studio alla possibilità di vivere una relazione. Da anni ti occupi di sensibilizzazione e promozione dei diritti umani e civili, diventando un punto di riferimento nazionale per la disabilità. Cosa manca a questo paese perché non ci sia più bisogno di battaglie per vivere la normalità?
«Manca l’idea che ogni persona dovrebbe autodeterminarsi, e quindi essere padrona della propria vita e della propria libertà. Manca un concetto di “vita indipendente” in senso profondo, autentico, pieno: c’è ancora tanto da fare affinché un ragazzo come me, in carrozzina, possa fare della propria vita ciò che vuole. La civiltà di una società si misura soprattutto dagli strumenti che mette a disposizione per “accompagnare” i propri cittadini verso l’autonomia che, di diritto, spetterebbe loro».
Cosa rappresenta per te la comunicazione?
«Comunicare per me è una vera e propria missione, uno strumento sociale. Significa dare voce a chi non ne ha, provando a ripartire un po' di giustizia e porre sotto i riflettori non solo certe problematiche, ma anche diritti dimenticati o ignorati».
Sei un vulcano di energia ed entusiasmo. Cos’è per te la vita?
La vita per me è fatta di “abbracci” e non di respiri, ovvero è la possibilità di entrare in connessione con gli altri, mescolarsi e arricchirsi delle esistenze altrui. Se un giorno questa possibilità mi sarà negata, per qualunque motivo, non la riterrei più una “vita” degna.
La tua famiglia è stata fondamentale nel trasmetterti, sin dalla più tenera età, un atteggiamento positivo e indipendente, insegnandoti a sfruttare le tue capacità. La “tu mamma e il tu babbo” hanno sempre valorizzato le tue risorse (significativo l’episodio del primo pc portato da Babbo Natale). Cosa ti senti di dire a tutti quei genitori che hanno appena scoperto che il figlio avrà una disabilità?
«Di lasciarlo il più possibile libero, di non avere paura, di farlo camminare a passi propri, di qualunque tipo essi siano. Lasciarlo sbagliare, anche, e farsi male. Il pietismo e la compassione ci rendono fragili e deboli: dobbiamo essere in grado di garantire “presenza” e “protezione”, ma senza negare esperienze, altrimenti non si cresce mai».
Un capitolo significativo è dedicato a tua sorella Costanza…
«Sì, mia sorella è sicuramente un punto centrale della mia vita, per cui non poteva non esserlo nel libro. Su Costanza mi ci sono soffermato abbastanza, ma descrivendola in maniera non proprio “canonica”. Ora, non spoileriamo troppo… Diciamo che ho voluto ricordare quanto, nei casi in cui uno dei fratelli ha una disabilità, si può essere fratelli maggiori anche essendo fratelli “molto minori”, ed è davvero dolce».
Faccio salti altissimi è uscito da poco più di dieci giorni, ma sta già ottenendo un successo incredibile. I tuoi lettori stanno pubblicando sui social foto e commenti entusiasti. Il feedback più bello che hai ricevuto?
«Sono davvero tutti bellissimi. Vedere però mamme che leggono il mio libro ai loro figli nel pancione, sperando sia un "buon auspicio”, è un’emozione doppia!».
L’ironia è una della tue caratteristiche più belle. A proposito, perché sei in carrozzina?
«Per fare il cosplay di Stephen Hawking… Ora che è morto, però, rischio di passare ancor di più per insensibile: mannaggia a lui!».
Un saluto e un messaggio ai tuoi lettori…
«Grazie a tutti coloro che stanno scegliendo, in queste ore, di fiondarsi in quei luoghi straordinari che sono le librerie, immergendosi tra gli scaffali e le tante emozioni esposte, alla ricerca di “Faccio salti altissimi”. Abbiamo ancora tanto da condividere, questo viaggio è appena iniziato: sono certo che ci aspettano mesi di pure emozioni!».
(v.b.)