Gestacci

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Dalla rubrica "Il mio distrofico" di Gianni Minasso, pubblicato sul n. 197 della rivista DM

Un mucchio di volte abbiamo parlato o sentito parlare delle terribili limitazioni imposte da Madama Distrofia. Questa volta però, trascuriamo le inadeguatezze sanitarie e i buchi esistenziali, volando più basso su una questione decisamente meno gloriosa, cioè la quasi totale incapacità di compiere gesti volgari. Poca cosa? Beh sì, ma se talora “un gesto vale più di mille parole…”. Poi, per chi non ne avesse abbastanza, c’è ancora una sconcia puntata della rubrichetta fotografica.

Non c’è dubbio: nella vita quotidiana dei bipedi normodotati capitano sempre millanta contrarietà per cui un bel gestaccio magari non risolve i problemi, ma di sicuro aiuta a riportare la pressione sanguigna a valori meno allarmanti. Spesso si desiste, assecondando gli imperativi sociali della nostra specie, talvolta invece si procede con entusiasmo nelle suddette esibizioni. Tuttavia, a questo punto, sorge spontanea una domanda: e i distrofici? Come fanno? Semplice, non facciamo, oppure ci accontentiamo di qualche surrogato. Spieghiamo meglio. Intanto, per merito della distrofia, i motivi per cui trascendere possono essere davvero tanti: si va dagli scontri sindacali col proprio badante alle diatribe sulle percentuali assegnate dalle commissioni di accertamento per l’invalidità, dalla difficoltà nel reperire un/a lovegiver al rovesciarsi addosso una pinta di Guinness.

A questo punto sollevare i pantaloni mostrando i glutei, battere la mano destra sull’incavo dell’avambraccio sinistro, o elevare contemporaneamente indice e mignolo, diventa impossibile per chi ha una dose di distrofina nei muscoli pari alla quantità di materia grigia presente nella testa dei politici nostrani. Constatato il problema passiamo quindi alle (pallide) soluzioni. Prima di tutto togliamo di mezzo ogni spontanea ipotesi di non violenza gandhiana. Scegliere forzatamente l’evangelica assenza di reazioni non ci convince e non ci si addice: dobbiamo già subire quotidianamente le variegate offese di miss Distrofia, figurarsi il lasciar perdere gli sgarbi del nostro prossimo… Accontentarci di compiere i gestacci a metà, fino al punto in cui ce lo permettono le nostre ridicole forze residue, è un faticoso, frustrante palliativo, fra l’altro utile come le previsioni meteo di due mesi fa. Sfruttare inoltre le peculiarità della condizione di disabili non porta molto lontano. Infatti i modesti vantaggi che ne derivano, tipo estrarre il pappagallo dallo zainetto e ostentarlo, fare le linguacce o sfoggiare più o meno minacciose smorfie, restano volgarità fruttuose unicamente sulla carta, ché nella realtà risultano solo patetiche conferme della nostra impotenza.

Poi viene il cosiddetto “gestaccio assistito”, cioè quello spesso macchinoso (vedi foto) compiuto grazie all’opportuno aiuto di badanti, amici o volontari. Ciò nonostante, oltre al pericolo di tirare in ballo degli estranei nelle nostre singolar tenzoni, invece di irritare i nemici corriamo solo il rischio di farli sghignazzare. Il passo seguente è il “gestaccio per procura”, affidando a terzi il compito di esprimere tutto il nostro disaccordo su una data questione. A parte la difficoltà (e la possibilità di essere disastrosamente fraintesi) nel tentativo di spiegare in moldavo cosa significa mettersi le mani sulle parti intime a mo’ di spregio, anche in caso di manovra riuscita si perderebbe gran parte dell’efficacia e della forza d’impatto della faccenda (vedi la zuppetta del Mio Distrofico apparsa nel DM 192).

Sempre in sostituzione, e sicuri del nostro (ingiustificato) status disabile d’impunità, è possibile ricorrere a “gestacci verbali” come il soave “Ci sono cose peggiori dell’handicap: essere te!”, oppure il più delicato “Sei così antipatico che quando sei nato tua mamma ha inviato a tutti un biglietto di scuse!”, o da Roma il sempre valido “Va a morì ammazzato!”. Ma anche in questo caso è un po’ come fare i fuochi d’artificio a mezzogiorno. E allora? Allora noi distrofichetti, come in tanti altri campi e contrariamente a quanto auspicato poco fa, dobbiamo rassegnarci, rinunciare ai gestacci e, ancora una volta, virare di bordo prendendo la tessera da atarassici. Così, evitato per forza quest’ulteriore peccato, potremo legittimamente aspirare al paradiso, un periodo eterno trascorso a cantare lodi. Che p**le, peggio del pranzo natalizio della nostra Sezione!

Ritratto di uildmcomunicazione

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