Il fascino è di moda

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Lo speciale tratto dal DM 195 è a cura di Valentina Bazzani, Manuèl Tartaglia e Barbara Pianca.

Prendersi cura di sé, concedersi un momento di piacere, coccolarsi accresce la coscienza di sé e la propria autostima. Uno Speciale contro gli stereotipi che escludono le persone con disabilità dalle questioni legate alla bellezza. Un progetto dell'Unione che dell'eleganza fa un diritto.

- Non per vanità ma per autostima

- Il mondo là fuori

- Riflessioni

- L'eleganza è un diritto

 

Non per vanità ma per autostima

Quante volte ci siamo trovati in un negozio d’abbigliamento a scegliere tra un capo che ci piaceva e uno che invece risultava pratico da indossare o non troppo complicato per chi avrebbe dovuto aiutarci a infilarlo? Quante volte abbiamo rinunciato alla libertà di vestirci secondo il nostro gusto dando invece priorità alla praticità?».
A riflettere è la direttrice editoriale di DM Anna Mannara. Nonostante l’abbigliamento rappresenti uno dei tasselli fondamentali nella costruzione dell’identità sociale e culturale di ognuno, le persone con disabilità faticano a trovare abiti alla moda perché è carente l'offerta di abiti fashion su misura. Capita così di vederle indossare maglioni che ne mortificano la figura, tute in pile, vestiti larghi, colori anonimi e forme inesistenti. Poiché in molti casi è necessario dipendere dagli altri nel compiere alcune azioni quotidiane come vestirsi, alcuni pensano: “perché chiedere di più?” Quando la comodità vince, lo fa trasmettendo il messaggio che tutto il resto sia un capriccio oppure che sia superfluo: “con tutti i problemi che ho non ho tempo per pensare alle cose frivole!”. In questo caso l'assunto è che sentirsi bene con la propria immagine allo specchio sia una perdita di tempo. 
«Secondo quanto emerge da diversi studi di carattere psicologico» continua Mannara, «l’immagine che ciascuno ha di se stesso va al di là del riflesso che si vede nello specchio, il piacersi o meno deriva dal proprio vissuto, dalla propria storia e dal modo di rapportarsi con se stessi e con l’ambiente esterno. Data questa correlazione, curare il proprio aspetto esteriore può facilitare una guarigione interiore: dare attenzione al proprio corpo può essere il primo passo verso uno stato più completo di consapevolezza e realizzazione di sé».

«Ho visto donne con disabilità cambiare postura semplicemente indossando un capo elegante» aggiunge la pedagogista esperta di make up Martina Tarlazzi, che cita Yves Bonnefoy dicendo che la bellezza non è sogno “ma cura di ogni aspetto di noi stessi”. «Credo che la bellezza possa racchiudere le parti più “curate” di noi stessi, dall’anima, al corpo, alla mente. Come è noto, una persona esteticamente bella ma con un’anima “poco curata” perde il suo splendore. Per stare bene bisogna prendersi cura di ogni parte di sé. Le persone con disabilità devono passare dal concetto di “to cure”, essere oggetto di cure, a quello di “to care”, essere persona di cui prendersi cura e che si prende cura di sé».

In questo Speciale proponiamo una riflessione sul rapporto tra la moda e le persone con disabilità. Le sfilate non disdegnano modelli con disabilità, ma con quali criteri li selezionano e che tipo di abiti indossano? Per chi sono disegnati questi abiti? Ne esistono di fatti su misura o bisogna adattare quelli “standard”? UILDM partecipa attivamente a questa riflessione ponendosi come motore di cambiamento sociale con il progetto “Diritto all'eleganza” lanciato alle scorse Manifestazioni nazionali. Secondo Marco Rasconi, presidente UILDM, «una persona con disabilità non deve sentirsi meno bella delle altre. Sentirsi bene è fondamentale. Ma serve un’attenzione particolare alla nostra forma e per questo abbiamo deciso di aprire un dialogo con gli esperti di moda per rendere il nostro corpo, con le sue peculiarità, più bello». Nasce con questa motivazione “Diritto all'eleganza”, per «riappropriarsi del diritto a scegliere cosa indossare senza rinunciare a sentirsi eleganti, nonostante l’ingombro della carrozzina e le difficoltà di movimento» puntualizza Mannara.

 

Il mondo là fuori

Abiti che si adattano alle persone con disabilità

Nella maggior parte dei casi, in tutto il mondo, gli abiti vengono concepiti, disegnati, tagliati e venduti con riferimento a un modello ideale dalle proporzioni perfette e dalla magrezza pronunciata. Le persone con un corpo diverso o con delle esigenze diverse si adattano o adattano il capo alla propria specificità. Con rare eccezioni. Esempio interessante è il noto brand americano Tommy Hilfiger che, in collaborazione con un'ente nonprofit, ha realizzato una linea di abbigliamento di jeans con bottoni magnetici, giubbotti a chiusura magnetica nascosta, capi rifiniti con elastici o velcro.
Badano più alla funzionalità che al fashion, invece, le soluzioni proposte da due piccole aziende italiane, tra le uniche dello stivale a intraprendere un'attività dedicata alle persone con disabilità. In Piemonte è nata nel 2017, in collaborazione con Torino Social Innovation e la locale Consulta delle persone in difficoltà, Vesto Libero, un'azienda i cui capi (tute e pigiami), confezionati nelle normali taglie, vengono modificati tramite introduzione di zip. L’innovazione sartoriale è un brevetto aziendale. In provincia di Padova da oltre 15 anni si studiano, progettano e realizzano capi per persone con disabilità nell’ottica del Design for all. Lydda Wear è un'azienda che ha fatto di un'esigenza familiare (un componente della famiglia è paraplegico) un vero e proprio business.

Persone con disabilità che si adattano alle passerelle

All'ultima Milano fashion week c'è stato anche l'evento charity “Milano fashion week inclusive 2018” dell’agenzia Iulia Barton con il patrocinio della Camera nazionale della moda italiana e in collaborazione con Fondazione Vertical, onlus italiana per la cura delle paralisi midollari. In passerella indossatori in carrozzina o amputati, vestiti da stilisti di fama internazionale. Un traguardo prestigioso per la moda inclusiva. Ma se alcuni modelli dell'agenzia non hanno i corpi perfetti richiesti dalle severe regole dell'immagine, la maggior parte si avvicina all'ideale, specie nel caso di persone che hanno subito amputazioni degli arti, inserendosi in pieno nel trend internazionale: i volti (e i corpi) che fanno tendenza raccontano una disabilità sottomessa ai rigidi canoni dell'industry del fashion.
Così, bellissime e popolari sui social sono la modella brasiliana Paola Antonini, con due milioni e duecentomila follower su Instagram, amputata a una gamba a seguito di un incidente, la sua collega hawaiana Shaholly Ayers con un braccio amputato, quasi ventimila follower su Facebook, e l'altrettanto bella Tiphany Adams, in carrozzina per incidente d'auto. Di bellezza inarrivabile anche i protagonisti degli scatti del fotografo Michael Stockes. Esce dagli schemi, invece, la campagna del brand Diesel di alcuni anni fa, per la scelta tra i protagonisti della carismatica modella con distrofia muscolare Jillian Mercado.

 

Riflessioni

Riflessioni di una donna con disabilità a vent'anni

In internet è stato postato un meme con la blogger Valentina Tomirotti nell'ambito del progetto “Boudoir Disability” e una frase schernitrice. È possibile che nel 2018 ancora succedano questi fatti che feriscono ogni donna con disabilità che, per quanto scelga di vivere positivamente, deve fare i conti con il proprio corpo e quella differenza che c'è, c'è sempre? Perché i conti li dobbiamo fare. Non c'è un libretto di istruzioni, alti e bassi ci sono sempre, e forse la cosa migliore è accettarli con estrema mindfulness. Senza giustificare la riluttanza di certi a entrare in contatto con noi, e senza condannarli, perché gli altri sono altri.
E noi siamo noi, quindi pensiamo a prenderci cura di noi stessi. Osiamo, sbagliamo e rialziamoci, amiamo ogni nostro dettaglio con la curiosità con cui si osserva il mondo. Celebriamoci ogni giorno come fosse la prima volta, poi guardiamoci allo specchio e sorridiamo. Sorridiamo perché siamo felici. E la felicità, si sa, è bellezza pura.
Silvia Lisena Gruppo donne UILDM

Riflessioni di una donna con disabilità a quarant'anni

I quaranta sono una finestra su mille mondi e portano una inspiegabile e piacevole sensazione di potenza. Come la consapevolezza di iniziare a unire i puntini di ciò che ti ha portato fin qui. Resta il rebus di una malattia progressiva che con quel senso di potenza ci gioca, lo mette a dura prova, gioca col corpo mettendo il carico pesante ai cambiamenti dell’età, ti priva ogni giorno di un pezzetto di autonomia e allora se il corpo rallenta la mente deve correre forte, fortissimo. Amare il proprio corpo, prendersene cura, per una donna quarantenne è una prova.
Per noi donne con disabilità questa prova si fa più intricata, perché amare un corpo distante dai modelli canonici può essere difficile, a meno che non ci si dimentichi di essi. Ed è quello che possiamo fare, riscrivendo il nostro personale alfabeto della bellezza, ripartendo da ciò che siamo, godendo delle infinite possibilità dell’età adulta, della maturità che mostra la sua ricchezza senza dare peso a tutto il resto.
Francesca Arcadu Gruppo donne UILDM

Riflessioni di un uomo senza disabilità a cinquant'anni

Il corpo non è perfetto. Ci pensiamo noi a dare canoni di bellezza che cambiano nel tempo. In positivo o negativo. Più spesso è il secondo caso. Essere considerati belli o brutti è una delle prime forme di discriminazione. La rappresentazione del corpo ha canoni precisi, basta che poco sia fuori questi canoni e lo si cerca di cambiare. Essì, lo zigomo o una occhiaia troppo profonda. La moda ci impone i modelli da seguire. Ed è troppo facile seguirli. Anche se diventa impossibile, ma questo è un altro discorso. La società ci impone il corpo senza imperfezioni. E spesso chi ha disabilità cerca di adeguarsi: vi faccio vedere che anche io sono bello. Sfilate, concorsi, modelli: mettendo il corpo in mostra. Ha senso inseguire concetti sbagliati? Perché questo potrebbe capitare. Attenzione a non cadere negli stessi buchi di chi ci impone la taglia 40 e il corpo muscoloso. Forse è meglio costruire una società diversa, dove la percezione del bello sia senza imposizioni.
Claudio Arrigoni Direttore responsabile di DM
 

MAKE YOUR SMILE UP
La pedagogista ed estetista Martina Tarlazzi è coordinatrice del progetto “Make your smile up”, nato nel 2012 per diffondere il tema della bellezza e del tocco di benessere nel mondo della disabilità. «Molte persone con disabilità, specialmente intellettiva, non vengono ascoltate quando esprimono dei gusti personali. Spesso non vengono educate alla cura del corpo. In alcuni casi non possono neppure scegliere il taglio di capelli. Con questo progetto entro in strutture residenziali, centri diurni e ospedali per proporre momenti di benessere tramite il trucco e il tocco gentile. Un massaggio al cuoio capelluto, alle mani o ai piedi può cambiare la giornata. Insegno la cura di sé e l'igiene personale, a Pavia in collaborazione con la Sezione UILDM della città. La speranza è tra dieci anni di vedere spazi per la cura di sé, il relax e il benessere in ogni struttura ospedaliera o di cura!»

 

L'eleganza è un diritto

Il progetto UILDM che parla agli studenti di moda

Diritto all’eleganza”, progetto di UILDM nazionale nato da un'idea del presidente di UILDM Pavia Fabio Pirastu, affronta il tema della cura di sé nell'ambito della moda, sensibilizzando i giovani stylist.

“Diritto all’eleganza” è un progetto UILDM per la piena inclusione. Da sempre uno dei principali obiettivi dell'Unione è migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità. L’Organizzazione mondiale della sanità definisce questo concetto “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”. Per realizzare questa condizione è necessario che la persona viva una vita piena e appagante: dal lavoro alle relazioni sociali, dagli interessi alla cura di sé. Il progetto consiste nell'attivazione di una sinergia tra il mondo associativo e quello dell’istruzione.

Si rivolge alle scuole di moda e, dopo alcuni incontri preliminari di sensibilizzazione con gli studenti per spiegare la realtà di UILDM e l’idea di una moda accessibile, prevede il loro coinvolgimento nel disegnare abiti che coniughino eleganza e accessibilità. In questo primo anno di vita del progetto si sono strette delle collaborazioni con l’istituto tecnico Cellini di Firenze e l’istituto professionale di moda De Medici di Ottaviano in provincia di Napoli. Gli insegnanti hanno inserito il progetto tra le collaborazioni per i progetti di alternanza scuola-lavoro, concedendo dei crediti formativi agli studenti.

A questi ultimi è stato chiesto di realizzare abiti glamour per donna ispirati all’Antica Grecia e alla corrida, con la promessa che l'anno prossimo verrà dato spazio anche alla moda maschile. Hanno così preso forma vestiti lunghi dai colori sgargianti, in tessuti preziosi e con inserti luccicanti. L’eleganza di queste creazioni ha dimostrato che una moda accessibile e di tendenza è possibile. Alle scorse Manifestazioni nazionali, con una sfilata presentata da Manuèl Tartaglia e Roberta Latella della redazione di FinestrAperta, alcuni vestiti realizzati dalle due scuole sono stati indossati da modelle con disabilità truccate dalla pedagogista ed estetista Martina Tarlazzi.

Alcune modelle sono studentesse degli istituti scolastici coinvolti, altre sono socie UILDM prestatesi per l’evento. Emozionate ma sicure di sé, nei loro eleganti e fantasiosi abiti, hanno calcato “la passerella di Lignano” fiere del proprio fascino. Incalzate dalle domande dei presentatori, hanno sottolineato come la cura del proprio aspetto non sia una prerogativa delle persone senza disabilità e che la valorizzazione della bellezza non conosce limiti. Completamente d’accordo con loro le studentesse e le insegnanti coinvolte nel progetto.
 

Hekate, Dea della libertà, libera e protegge gli uomini sulla terra. In questo caso cerca di eliminare le barriere architettoniche che si sono insinuate nella moda, con l'utilizzo di chiusure, bottoni e scolli che facilitano l'indossatura senza mancare di eleganza e raffinatezza. Non mancheranno materiali voluminosi come lo chiffon, la gabardina, il rasone o l'organza. La moda è prima di tutto l'arte del cambiamento, ed è ora di renderla veramente universale.
Chiara, studentessa di moda che ha partecipato al progetto, nel presentare i modelli disegnati dal suo gruppo

 

UILDM è entrata nelle classi, attirando studentesse che hanno espresso poi il desiderio di lavorare nel mondo della moda per disabilità e di avvicinarsi come volontarie alla nostra realtà associativa. Apprezzato l’intervento di Tarlazzi: portare la cura di sé e la bellezza in ospedali e in luoghi in cui le persone in genere vengono trascurate è un importante cambiamento di prospettiva. Auspico di continuare la collaborazione e so che molte Sezioni avvieranno un percorso sulla cura di sé.
Stefania Pedroni vicepresidente UILDM

Siamo arrivati a Lignano proiettati già al futuro. La serata di presentazione è stata toccante, ha coinvolto ed emozionato pubblico e partecipanti. “Diritto all'eleganza” permette di raggiungere un livello pieno di libertà e di benessere. Di fondo c’è una base psicologica: una persona chiusa in se stessa sviluppa sentimenti di rifiuto, bassa autostima e isolamento. Sentirci bene ci predispone a essere protagonisti della nostra vita e delle nostre scelte, ci facilita nelle relazioni.
Sigrid Baldanzi psicologa

La nostra Sezione ha coinvolto una scuola di moda del territorio. Abbiamo dimestichezza con questo argomento perché a luglio giungeremo alla quarta edizione di “L'altra faccia della moda... impossible is nothing”, il nostro evento di raccolta fondi che fa sfilare le donne UILDM e lancia un potente messaggio: nessuno è disabile alla felicità. Le nostre indossatrici hanno una loro personalità, un loro carattere, pregi e difetti. Sono donne, oltre le ruote c’è di più. Molto di più!
Marilena Prisco UILDM Ottaviano

Ritratto di uildmcomunicazione

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