Il trattamento riabilitativo nelle malattie neuromuscolari

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di Michela Armando * ​

Le malattie neuromuscolari sono malattie ereditarie o acquisite comprendenti un ampio spettro di disordini ad esordio variabile (congenite, infantili, dell’adolescenza, dell’età adulta) e differente decorso, che colpiscono primitivamente uno dei componenti dell’unità motoria: secondo motoneurone, nervo periferico, giunzione neuromuscolare e muscolo.

Indipendentemente dalla causa per tutte le malattie neuromuscolari è necessario modificare l’approccio terapeutico coniugando le fasi della diagnosi e della cura con quella della “comunicazione”, mettendo al primo posto” il paziente e la sua qualità di vita”, riconoscendo i bisogni affettivi, psicologici e sociali.

Queste malattie spesso hanno una evoluzione progressiva, con interessamento più o meno diffuso della muscolatura scheletrica, con esordio in età infantile ed evoluzione rapida o con esordio in età giovanile-adulta ad evoluzione più lenta, e raramente ad esordio in età avanzata. In tutti i casi poiché vengono compromesse attività funzionali quali quelle motorie, cognitivo-comportamentali, e sociali, l’intervento riabilitativo deve essere necessariamente basato sull’individuazione dei segni della compromissione, sul potenziamento del residuo funzionale e sulla prevenzione delle complicanze.

L‘obiettivo riabilitativo è vincolato alla storia naturale della malattia e primariamente consiste nel preservare il più a lungo possibile il massimo dell’autonomia e di capacità di partecipazione del paziente, contrastare l’aggravamento dei segni, prevenendo le complicanze e laddove non sia possibile modificare i segni, promuovendo compensi efficaci interni (modificazioni della cinematica) e favorendo supplenze con ortesi ed ausili.

Il trattamento riabilitativo non possiede alcuna efficacia nel combattere la perdita della forza muscolare che la degenerazione muscolare specifica produce nel suo progressivo evolvere.

Premessa indispensabile per la programmazione e la conduzione del trattamento riabilitativo è la diagnosi funzionale per ogni area (motoria, funzioni di sopravvivenza, cognitivo-comportamentale e psicologica). Occorre valutare il disturbo quanto possibile anche in termini quantitativi. E’ necessario effettuare valutazioni periodiche di confronto per determinare, oltre l’evoluzione della malattia anche l’efficacia del trattamento e decidere eventuali modifiche degli obiettivi a medio termine.

L’efficacia del trattamento riabilitativo non dipende dalla quantità dell’impegno profusa sul paziente, quanto dalla scelta delle cose da fare, dal momento del decorso clinico idoneo per eseguirle e soprattutto dal modo con cui queste riescono ad entrare a far parte della vita quotidiana del paziente diventando una pratica corrente e normale.  

I provvedimenti riabilitativi consistono nel posizionamento corretto, nella mobilizzazione passiva, nell’esercizio attivo e per il controllo posturale, nell’uso di ortesi ed ausili anche in età precoce, e laddove necessita, nella farmacoterapia, nella chirurgia funzionale.

Nel paziente neuromuscolare per effetto della evoluzione del processo morboso primitivo (ipostenia e squilibrio muscolare) si viene gradualmente a perdere la capacità di variare le posture in favore di posture spontanee “abituali” che favoriscono l’instaurarsi e l’evolversi di limitazioni e/o deformità articolari asimmetriche, prima fra tutte per frequenza ed importanza, la scoliosi.

La chinesiterapia si propone di limitare la perdita del trofismo del muscolo e di sviluppare i compensi idonei a contenere lo squilibrio muscolare, oltre che prevenire e contrastare l’instaurarsi delle retrazioni muscolari e delle conseguenti limitazioni e deformità articolari. Inoltre per essere efficace deve essere “ottimale” cioè mantenere il paziente in esercizio, ovvero lasciare il paziente tra due estremi: quello dell’eccesso di movimento, che accelera il processo di degenerazione primitiva e quello della sedentarietà, che favorisce l’atrofia da non uso. La stanchezza è un segno che va sempre accettato e rispettato. Le manovre di stretching vanno eseguite in modo lento e graduale perché possa essere raggiunto un adeguato adattamento fusale.

Va insegnato al paziente come esercitare le attività di vita quotidiana, ovvero come “muoversi “ e soprattutto “cosa” muovere.

In combinazione alla chinesiterapia vanno usate le ortesi dinamiche e/o statiche, a geometria variabile, di impiego per lo più notturno. Le ortesi sostengono l’azione dei gruppi muscolari più deboli e contrastano lo sbilanciamento muscolare che favorisce l’alterazione dei gruppi muscolari più forti.

Di fronte alle retrazioni muscolari oramai instaurate interviene la chirurgia  funzionale rispettando i meccanismi compensatori adottati dal paziente. Qualunque sia la sede e la natura dell’intervento prescelto, occorre in ogni caso, intervenire bilateralmente, allo scopo di ristabilire situazioni articolari rigorosamente simmetriche ed evitare immobilizzazioni. E’ comunque controindicato l’intervento chirurgico quando l’ipostenia prevale sulle retrazioni; quando è richiesto un periodo di immobilità post operatoria tale da far comparire atrofia da non uso, quando l’atrofia e l’osteoporosi sono tali da controindicare il carico, quando è presente obesità, quando l’insufficienza respiratoria è di grado elevato da costituire di per sé una limitazione alla stazione eretta e alla marcia.

La termoterapia (bagni caldi), l’idrochinesiterpia e la massoterapia migliorano, attraverso l’effetto vasodilatatore, la microcircolazione del paziente. La temperatura e l’acqua riducono a livello muscolare sia le retrazioni interne attive attraverso un vero e proprio rilasciamento, sia le resistenze passive, migliorando la proprietà visco-elastiche del tessuto muscolare. La massoterapia tramite manovre di sfioramento e di frizione a direzione disto-prossimale, attraverso la proprietà tissotropica del muscolo, contribuisce anche ad abbassare la resistenza interna passiva del tessuto, aumentandone la deformabilità complessiva.

Bisogna evitare programmi riabilitativi che contemplino esercizi muscolari contro massima resistenza o sub massimali in particolare non eccentrica, evitare l’uso di elettroterapia a scopo di rinforzo, manovre di stretching su retrazioni avanzate e rigide, la chirurgia funzionale tardiva, in contesti poco motivati oppure in soggetti con marcata debolezza muscolare ed in soggetti con eccesso ponderale.

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  7. Dubowitz V. Deformities in Duchenne dystrophy. Neuromuscol Disord 2010

 

* ​Neurology Unit - Department of Neuroscience and Neurorehabilitation - Bambino Gesù Children's Hospital, IRCCS

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