La complessità della distrofia facio-scapolo-omerale - intervista a Rossella Tupler*

share on:
Rossella Tupler Rossella Tupler

La distrofia facio-scapolo-omerale (FSH) è la forma di malattia ereditaria muscolare più frequente dopo la distrofia di Duchenne e quella miotonica di Steinert. Essa ha una frequenza di un caso su 20.000 nati vivi e il termine con il quale viene designata fa riferimento alla caratteristica distribuzione del difetto di forza, con prevalente coinvolgimento della muscolatura mimica del volto e dei muscoli fissatori delle scapole. Interessate precocemente sono anche le zone della loggia anteriore delle gambe (muscolo tibiale anteriore) e altre ancora, ma in misura minore.
Si tratta di una patologia ereditaria che si trasmette con modalità autosomica dominante: in altre parole, un individuo affetto ha una probabilità del 50% di trasmetterla ai propri figli, indipendentemente dal sesso. I livelli di gravità sono estremamente variabili, andando da forme quasi asintomatiche a forme molto gravi.
Per quanto riguarda le cause, sebbene già dal 1992 fosse stato individuato il locus genico legato alla malattia - situato sul braccio lungo del cromosoma 4 (4q35) - solo nel 2002 un gruppo di ricerca dell’Università statunitense del Massachusetts, guidato da Rossella Tupler, ha dimostrato il meccanismo patogenetico. Ed è proprio con la stessa Tupler - che in Italia opera nell’Università di Modena e Reggio Emilia - che cerchiamo di capire l’attuale situazione, soprattutto in riferimento agli studi in corso e alle prospettive terapeutiche per il futuro.

Perché si sostiene in genere che la distrofia facio-scapolo-omerale sia una malattia “molto complessa”?
«Per impostare una terapia efficace della distrofia facio-scapolo-omerale, bisogna conoscere il difetto molecolare e comprendere il meccanismo patogenetico. L’FSH ha caratteristiche peculiari, per cui sembra essere alterato un meccanismo che controlla l’espressione di una serie di geni. Questi geni, a loro volta, controllano serie di altri geni e sono coinvolti in una “cascata” di eventi molecolari che possono condizionare il destino della cellula o del tessuto muscolare. Quindi, in tale malattia, si potrebbe probabilmente intervenire a vari livelli, ma in questa fase è necessario continuare a studiare i meccanismi di base, per capire quali siano i punti su cui è più semplice intervenire per ottenere un risultato efficace, senza il prevalere degli effetti collaterali.
Questo fa già ben comprendere un fatto molto importante e cioè che la distrofia facio-scapolo-omerale non è riconducibile al modello “classico” che interessa ad esempio la distrofia di Duchenne, ovvero: alterazione di un gene = perdita di una proteina = perdita di funzione = malattia. Si tratta quindi di una situazione di grande complessità.
Nello specifico va detto poi che quasi tutti i pazienti affetti da distrofia facio-scapolo-omerale (il 95% circa) presentano riarrangiamenti in una sequenza ripetuta (detta D4Z4), situata nella regione cromosomica 4q35. Negli anni scorsi il gruppo coordinato da Tupler aveva valutato dapprima l’espressione nel muscolo dei geni adiacenti alla regione D4Z4 (esattamente FRG1, FRG2 e ANT-1) e poi, in base ai risultati, il possibile meccanismo responsabile della diversa espressione di essi nella malattia. La conclusione era stata che quanto più quei geni erano sovraespressi, tanto più si manifestava la malattia in forma grave. Restavano da chiarire le cause di tale meccanismo».

Quali aspetti sono attualmente al centro dei vari studi?
«Sul fronte della ricerca di base si sta studiando l’organizzazione della cromatina (struttura composta da DNA e proteine), nella regione in cui risiede il difetto molecolare, per capire se ci siano fattori che influenzano l’apertura e la chiusura della cromatina stessa e che quindi possono influenzare l’attività dei geni vicini. Sono studi che possono servire sia a identificare fattori modificatori che prevengono la sovraespressione dei geni, sia fattori che fanno peggiorare il quadro clinico.
L’attenzione è poi centrata sul citato gene FRG1, che codifica per una proteina nucleare e la cui sovraespressione causa la malattia nel topo. Gli studi che stiamo conducendo sono necessari per stabilire il ruolo biologico di quel gene, perché crediamo che esso controlli l’espressione di una serie di geni importanti per la funzione muscolare.
Tornando comunque al modello animale, i topi in cui FRG1 è sovraespresso a livelli diversi sviluppano una forma di distrofia la cui severità è connessa ai livelli di espressione del transgene. Studiare il modello animale potrà quindi aiutarci a capire quali siano le funzioni cellulari specificamente alterate dalla sovraespressione del gene e fornirci informazioni importanti per studiare l’uomo».

Perché sarà importante il Registro Nazionale per l’FSH, recentemente istituito e da lei stessa coordinato?
«Il Registro Nazionale per l’FSH è il frutto di un progetto Telethon-UILDM, che coinvolgendo la rete dei vari Centri ove si studiano le distrofie muscolari, si propone di raccogliere i dati clinici di tutti i soggetti portatori del difetto molecolare cha causa l’FSH. Attraverso tale indagine ci proponiamo di identificare i fattori prognostici e di capire se e quali siano i fattori che possono condizionare lo sviluppo della malattia.
In questa fase, dunque, sarebbe assai importante, ad esempio, che le Sezioni UILDM informassero di tale Registro i pazienti di loro riferimento, chiedendo di prendere contatto con il più vicino centro clinico appartenente alla rete. Le notizie dettagliate sul progetto e i vari recapiti sono rintracciabili nello specifico sito internet www.fshd.it».

*Università di Modena e Reggio Emilia.

Intervista concessa alla Redazione di DM nell’agosto del 2009.

Per ulteriori dettagli o approfondimenti:

Coordinamento della Commissione Medico-Scientifica UILDM (referente: Crizia Narduzzo), c/o Direzione Nazionale UILDM, tel. 049/8021001, commissionemedica@uildm.it.

Data dell’ultimo aggiornamento: 15 novembre 2014.

Ritratto di admin

Margaret

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut at vulputate sem, at efficitur nibh. Aliquam sit amet nulla vel ipsum ornare commodo a a purus