La Rivoluzione Della Disabilità: Marilena Rubaltelli

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Marilena Rubaltelli è una psicologa e sessuologa con disabilità e vive a Padova. È autrice dei libri "Non posso stare ferma" e "In una conchiglia". La sua formazione e la sua professione l’hanno portata ad approfondire la disabilità da diversi punti di vista. L’abbiamo intervistata.

Ha incontrato difficoltà nella sua realizzazione personale?
«Sono cresciuta in una famiglia numerosa, colta e benestante, questo è stato un privilegio per me. Ho imparato dai miei fratelli ad avere tanti interessi e a conoscere molto. Frequentai la scuola primaria in un istituto in cui potevo fare anche la riabilitazione e, gli anni successivi, continuai a studiare da casa dando gli esami ogni anno. Una cosa curiosa è che, per la prova conclusiva delle medie, la commissione si spostò a casa mia invece di farmi sostenere l'esame con gli altri ragazzi. Essendo del ‘54 non ho potuto avvalermi del diritto di essere inserita a scuola, la legge che lo prevedeva è arrivata molto dopo... Ho frequentato però l'ultimo anno delle superiori dimostrando che ciò era possibile».

La diversità è sempre stata oggetto di studio nel suo percorso professionale. Com’è cambiata sua la visione della disabilità negli anni?
«Per molto tempo non mi sono considerata disabile, quindi non mi interessavo particolarmente al mondo al quale negavo di appartenere. Grazie ad alcuni eventi che mi sono accaduti e persone che ho incontrato, ho preso consapevolezza che solo riconoscendo le proprie mancanze era possibile superare i propri limiti, trasformandoli in un punto di forza. Per arrivare a questo, ho capito che era necessario affrontare paure, pregiudizi e la forte dipendenza dalla famiglia d'origine. Nel tempo è maturata in me l'idea che anche nei rapporti di coppia non è bene che uno dei due dipenda dall'altro. È per questo che ho ideato dei gruppi per educare le persone disabili ad affrontare il tema della "Autonomia nella relazione". Cosa che ora sarebbe utile anche per il rapporto tra l'utente e la badante».

Come ha scelto la sua professione e la conseguente specializzazione?
«Mio fratello, mi aveva consigliato di andare all'Università, era un suo sogno per me. In quel periodo all’esterno di casa mia avevano costruito un ascensore e finalmente sarei potuta uscire. Mi iscrissi alla Facoltà di Psicologia: avrei voluto aiutare i bambini disabili, anche se poi la vita mi portò ad occuparmi degli adulti. Un incontro importante nella mia carriera fu in Ateneo con Cesare Padovan, il primo a proclamare il diritto alla sessualità delle persone disabili. Da lì maturò la voglia di occuparmi dell’affettività delle persone con problematiche simili alle mie. Contemporaneamente al corso di sessuologia a Bologna, frequentai un corso di Analisi Esistenziale. Questo percorso mi avrebbe offerto l'opportunità di aiutare chi non riusciva più a trovare un senso alla propria vita. Una motivazione personale di questa scelta arrivò anche da problemi e delusioni vissute, che avrei potuto affrontare in modo diverso se avessi attinto ad una maggiore consapevolezza. Sapevo bene quanto fosse difficile per chi è "diverso" esprimersi, manifestare le proprie emozioni e farsi accogliere dall'altro».

Cosa rappresenta la scrittura nella sua vita?
«Amo scrivere e comunicare agli altri quello che per me è importante, ciò che mi pare bello. La parola impressa sui fogli è qualcosa che mi appartiene: ho sempre spedito molte lettere, ho letto tanto. L'ironia e la giocosità, nell'interpretare le reazioni al mio modo di essere così strano, non mi sono mai mancate. Ho raccolto gli episodi buffi e significativi, in qualche racconto. Un amico ha voluto pubblicassi queste storielle nel mio primo libro "Non posso stare ferma". In quel periodo ero molto distonica, avevo movimenti continui e incontrollati, ma anche la mente e il cuore non riuscivano a stare fermi... Questa pubblicazione si può rintracciare solo acquistandola on line. In seguito ho voluto scrivere di chi mi ha aiutata, delle persone che hanno popolato il mio percorso dandomi affetto e tanti stimoli. Immaginavo di essere in una conchiglia, la mia carrozzina, immersa in un mare pieno di colori e movimento. Da questo il titolo del mio secondo libro "In una conchiglia" edito dal Messaggero Padova».

Cosa manca alla nostra società perché si realizzi pienamente la vera inclusione delle persone con disabilità?
«Ora viviamo virtualmente, questo è uno degli aspetti che rendono difficile la vera realizzazione dell'essere di ogni persona. Spesso la diversità non è contemplata, è causa di rifiuto e di paura, viene usata per muovere pulsioni istintive che ci legano insieme contro un nemico. Un altro effetto del web è la scomparsa del linguaggio diretto, il rischio di nascondere le proprie difficoltà dietro uno splendido profilo. D'altra parte però, proprio la tecnologia informatica rende possibile l'esprimersi di chi altrimenti non lo potrebbe fare. Internet e le nuove tecnologie facilitano la comunicazione e la divulgazione di notizie, di spinte verso l'inclusione, creando occasioni di confronto e di denuncia. Oggi è più facile e più comune, anche se non abbastanza, che l'opinione pubblica riesca a considerare le persone disabili come soggetti attivi, portatori di diritti e doveri. C'è ancora tanto da fare, ma sono sicura che la scoperta del valore delle differenze non si fermerà, al di là degli ostacoli vecchi e nuovi».

(v.b.)

Ritratto di uildmcomunicazione

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