“L’estate più bella”, il documentario diretto da Gianni Vukaj e prodotto da TV2000 Factory, da mercoledì 8 gennaio è nei cinema.
“L’estate più bella” è un viaggio nel mondo della disabilità. Racconta la storia di un gruppo di genitori coraggiosi e dei volontari che 50 anni fa decisero di portare fuori di casa i loro ragazzi con disabilità, non in un posto qualunque, ma a Forte dei Marmi in una delle spiagge più alla moda d’Italia, per vivere una vacanza indimenticabile. Da allora quell’esperienza si ripete ogni anno coinvolgendo protagonisti sempre nuovi.
A fare da filo conduttore al racconto Luigi Bardelli, presidente della Fondazione Maria Assunta in Cielo Onlus, la realtà che da anni propone questo progetto.
Spiega il regista Gianni Vukaj: «Senza alcun filtro e pregiudizio ho provato ad avvicinarmi il più possibile alle anime dei protagonisti, dimenticandomi delle loro sedie a rotelle. Io credo profondamente che la disabilità e la diversità siano temi molto importanti dove accendere la luce, oggi più che mai, in una società dove la soglia di concentrazione è di solo otto secondi. Questo docufilm è stato pensato e girato con l’obiettivo di sensibilizzare, rallentare, per poi fare riflettere sul passato, presente e futuro del mondo della disabilità e non solo».
“L’estate più bella”, dopo la proiezione di Roma al Cinema Farnese, verrà presentato a Pistoia, Alessandria, Genova, Firenze, Trieste, Bologna e, a febbraio, a Torino, Udine, Ferrara e Forte dei Marmi.
Il consigliere nazionale UILDM Michele Adamo ha partecipato alla proiezione che si è tenuta a Roma l’8 gennaio, e al successivo dibattito. «Spesso – commenta - chi racconta storie di disabilità si lascia prendere da narrazione pietistiche, ricche di luoghi comuni, in atmosfere cupe, con colori e colonne sonore tristi. “L’estate più bella” è sì una storia che racconta di solitudine, emarginazione, del dopo di noi, di paura verso ciò che è diverso, ma anche di tanto Amore, puro e genuino, di genitori, amici, volontari e associazioni che si battono per sconfiggere le barriere architettoniche e soprattutto quelle culturali. Forse il merito maggiore di questo docufilm è quello di far conosce un mondo che per molti è sconosciuto, e come tutte le cose che non si conoscono può spaventare».
(ap)