Lo sport che non lascia indietro nessuno

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Donato Grande, 32 anni, vive a Trani. Giocatore di Powerchair Football, ha fondato nel 2018 l'ASD Oltre Sport.

Donato ha l’atrofia muscolare spinale, diagnosticata quando era un bambino. Ha una laurea triennale laurea in Marketing e comunicazione d’azienda e una magistrale in Consulenza professionale per le aziende, conseguite all’Università di Bari.
«Volevo frequentarla per vivere l’esperienza diretta dell’università, stare a contatto con professori e studenti, non studiare da casa. Abito a circa 50 minuti di distanza dalla facoltà, per raggiungerla ho deciso di prendere i mezzi pubblici. I bus attrezzati sono pochi. I primi giorni sono rimasto a piedi perché le pedane non funzionavano, ma poi siamo riusciti a trovare degli accomodamenti. Durante gli anni della triennale un mio amico, che frequentava il mio stesso corso di laurea, mi ha fatto da assistente. Mi manca la vita universitaria, mi ha permesso di socializzare molto e di stare fuori casa.»

 

Come ti sei avvicinato al mondo dello sport?

Fin da piccolo desideravo giocare a calcio, i miei amici lo praticavano e io li seguivo. Nell’ora di educazione fisica guardavo i miei compagni e non potevo partecipare. Il tassello che mi mancava era proprio quello di fare sport. Il Powerchair Hockey non mi ha mai attratto.

Negli anni dell’università ho collaborato a vari eventi paralimpici nella mia zona e nel 2017 mi sono imbattuto per caso nel Powerchair Football, una disciplina nata in Francia nel 1987, che iniziava a diffondersi anche in Italia.
Nel 2018 ho fondato Oltre Sport ASD, un’associazione per la promozione del Powerchair Football. Siamo la seconda società nata in Italia con questo obiettivo. Oltre alla pratica della disciplina, ci stiamo occupando della sua promozione. Abbiamo avviato collaborazioni con le scuole, per offrire agli insegnanti di educazione motoria una serie strumenti per favorire l’inclusione. Abbiamo organizzato partite inclusive sia sfidando gli studenti delle superiori sia giocando in squadre miste. Non vi è differenza tra un atleta paralimpico e uno normale. Lo sport è un linguaggio universale per eliminare barriere e pregiudizi.

Il destino mi ha fatto conoscere questo sport e io mi sento in dovere di ricambiare promuovendolo tra adulti e bambini.

 

Quali sono le reazioni di chi viene in contatto con questo sport?

Di curiosità perché è alla fine è calcio a tutti gli effetti. La prima impressione è che non sia uno sport “reale”: ma quando le persone vedono l’intensità agonistica, la concentrazione, il sacrificio del gesto tecnico, si rendono conto che questi sono valori sportivi universali.
 

Lo sport ha cambiato il tuo modo di affrontare la vita?

Mi ha dato più opportunità di viaggiare, uscire, socializzare, mi ha permesso di mettermi in gioco. Ho maturato una maggiore consapevolezza del mio corpo e dei miei limiti. Mi ha dato la possibilità di misurarmi nella competizione e cercare sempre di migliorarmi. È una sfida continua con me stesso e con gli altri.

 

Perché fare sport?

Favorisce la socializzazione, permette di allargare la rete di conoscenze, di metterti in gioco continuamente. Si impara il valore del rispetto verso il coach, gli arbitri, i compagni di squadra perché non si vince mail da soli. Si cresce da vari punti di vista. Si comprende meglio il senso del sacrificio e del risultato. Si impara soprattutto dalle sconfitte. Quanto apprendiamo dallo sport può essere utile per superare difficoltà e problemi in ambito familiare, relazionale, lavorativo.

 

"Non lasciare indietro nessuno" è il principio al centro dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, tema ripreso in occasione del 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Come si traduce in ambito sportivo?

Lo sport permette a tutti di dimostrare il proprio valore e le proprie capacità caratteriali e tecniche. In campo vengono azzerate le disabilità, siamo tutti uguali. Nel football giochiamo con la paratia, tutti i giocatori sono sullo stesso piano. Sta all’atleta dimostrare quanto vale. Davvero lo sport non lascia né indietro né fuori nessuno!
Se tutto il gruppo gioca bene la squadra vince, se il gruppo gioca male perdono tutti. Ci deve essere sintonia. Da soli si va veloci, insieme di più.

 

I tuoi progetti per il futuro?

Continuare a giocare, cercando di vincere il più possibile. Spero di offrire al maggior numero di persone la possibilità di vivere lo sport, passando i suoi valori che sono i valori della vita. Il mio sogno è che il Powerchair Football diventi uno sport paralimpico.

(ap)

Ritratto di uildmcomunicazione

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