Assistenza al respiratore: un'indagine sull'appropriatezza

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di Gabriella Rossi*

Il Servizio di Psicologia all’interno del Centro Clinico NEMO (NEuroMuscular Omnicentre) di Milano, oltre che perseguire l’obiettivo di un buon adattamento all’uso del ventilatore nelle patologie neuromuscolari – accompagnando il paziente e il suo caregiver [“assistente di cura”, N.d.R.] dalla fase iniziale di valutazione alla successiva fase di scelta e alla conseguente azione di addestramento – ha strutturato una batteria di strumenti (test e questionari/interviste), per valutare le possibili implicazioni emotive della dipendenza dallo strumento e la corrispondenza della qualità del servizio di assistenza allo strumento stesso, rispetto a quanto indicato dai diversi fornitori del settore.
I dati raccolti in questi ultimi due anni sono di per sé molto significativi sia a livello quantitativo che – soprattutto – a livello qualitativo, tanto che ci hanno spinto a presentare i risultati di questo nostro lavoro al Congresso Europeo di Assistenza Respiratoria di Barcellona, nello scorso mese di marzo (ERCA 2012).

Come cambia la qualità della vita
La prima considerazione positiva è che in un congresso scientifico a carattere puramente medico/clinico sia stato accettato un lavoro di valenza prettamente psicologica. In secondo luogo, lo “spazio” concesso è stato quello di una comunicazione orale aggiuntiva all’esposizione di un poster.
Il progetto A.R.I.A. – Assistenza al Respiratore: Indagine di Appropriatezza si pone come obiettivo quello di indagare la qualità della vita che, pur dipendendo da diversi fattori, riguardanti anche l’aspetto fisico e l’abilità motoria, è strettamente correlata ai vissuti relazionali, psicologici e spirituali della persona. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la definisce infatti come «la percezione che gli individui hanno della loro posizione nella vita, nel contesto culturale e del sistema di valori nel quale vivono, in relazione agli obiettivi, aspettative, abitudini e preoccupazioni». Inoltre la batteria dei test, una volta entrato in gioco l’ausilio respiratorio, ne indaga l’appropriatezza, basata sull’efficacia dell’ausilio stesso nel rispondere agli obiettivi per i quali è stato scelto, sulla sua utilità o significatività per la qualità della vita dell’utente.
È indubbio pensare che l’esplicitarsi di una difficoltà – così come le altre “fermate obbligatorie” legate all’evoluzione della malattia – influisca direttamente sulla vita e sulla qualità della vita percepita: analizzare l’efficacia di questa proposta terapeutica e l’efficienza di un servizio assistenziale offerto, può essere dunque un suggestivo e importante “rinforzo”, rispetto all’indicazione all’uso.

I risultati dell’indagine
I casi analizzati riguardano pazienti adattati a ventilazione meccanica non invasiva (d’ora in poi NIV), con ventilatore portatile domiciliare; i modelli di ventilatore sono diversi, ma comparabili a un sistema detto a pressione positiva intermittente. Tutte le persone sono state “reclutate” presso il Centro NEMO e hanno una diagnosi confermata di malattia neuromuscolare e specifici parametri ventilatori di FVC (capacità vitale forzata) maggiore del 50% e di PCo2 (pressione parziale di anidride carbonica) minore 45 mmHg (millimetri di mercurio). Dallo studio sono state escluse le persone “non collaboranti”, perché riconosciute con patologia psichiatrica o con compromissione cognitiva.
La ricerca avvalora la tesi che i soggetti inizialmente non percepiscano sostanziali difficoltà respiratorie, ma lamentino un’eccessiva fatica e stanchezza nel portare a termine le attività quotidiane. Hanno inoltre buone interazioni sociali soprattutto nella cerchia familiare e con chi li sa assistere. Nella fase di pre-ventilazione, inoltre, le persone riferiscono come sintomi di disagio una globale diminuzione delle riserve d’energia per affrontare la quotidianità e – come già detto in precedenza – una grande fatica e una stanchezza eccessiva; sembra insomma che la vita di tutti i giorni richieda un notevole sforzo e durante la notte i risvegli sono man mano più frequenti.
Queste valutazioni soggettive confermano indirettamente anche quanto riportato in letteratura: i sintomi dovuti alle apnee notturne influenzano negativamente le attività quotidiane e la funzionalità globale del paziente, ma non sembrano compromettere la salute psicologica e la qualità della vita. Infatti, ciò che definisce una buona qualità della vita delle persone con distrofia è la possibilità di avere relazioni familiari significative e di poter mantenere hobby e interessi amicali.
E ancora, l’area prettamente collegata con la preoccupazione per la “salute” non è tra le più nominate, ciò che denota la considerazione che la distrofia è vissuta dalle persone più come una “condizione” di vita che come una “patologia” o una malattia. Rispetto ai dati raccolti, questo richiama e conferma una conseguenza logica: la considerazione che le persone hanno della loro qualità di vita è strettamente collegata al sostegno amicale e sociale.

Sentirsi “alleati e sostenuti”
L’adattamento alla NIV presso il Centro NEMO segue un protocollo e una scansione temporale di accompagnamento ben definiti e così sintetizzabili: valutazione psicologica, informazione tecnica, proposta terapeutica, colloquio di team, colloquio individuale, scelta dei presìdi, addestramento graduale, addestramento dei caregiver, consenso, prescrizione e follow-up clinico e psicologico a tot mesi dall’uso [il follow-up è una serie di controlli periodici e programmati, N.d.R.].
La totalità dei pazienti intervistati per questa ricerca ha riferito come poco traumatica la fase dell’addestramento: in tal senso la loro compliance [“adesione”, N.d.R.] è stata molto buona e tutti hanno definito il momento dell’adattamento come una fase poco problematica.
Il dato significativo del follow-up a seguito dell’uso del ventilatore è la forte diminuzione della sintomatologia negativa evidenziata prima della NIV; anzi, durante le interviste, i pazienti hanno riferito di non “voler” più fare a meno della NIV.
Tra le negatività dell’uso del ventilatore sono state invece riportate le lacerazioni sul viso e sulla bocca, la gola secca al risveglio, la perdita d’aria dalla maschera. Tuttavia anche questi disagi non sembrano interferire sulla qualità di vita delle persone che, nella totalità dei casi considerati, verbalizzano e ne esplicitano una modifica positiva. Inoltre, il sentirsi “alleati e sostenuti” dai propri familiari e dagli amici influenza positivamente la percezione di qualità della vita; la scelta per la ventilazione, del resto – se condivisa anche dalle persone che i soggetti hanno come punto di riferimento assistenziale – assume una valenza decisamente più positiva: non solo “necessaria”, ma “opportuna”, per  mantenere un buon livello di benessere esistenziale.

Soggetti attivi della propria salute
L’efficacia e la facilità d’uso del ventilatore sono state certamente le caratteristiche ritenute più rilevanti. Importanti indicatori positivi, per le persone intervistate, sono stati poi anche la sicurezza, la durabilità dello strumento, la rapidità del servizio di riparazione e la fornitura di pezzi di ricambio. L’interfaccia positiva con il fornitore (risposte al bisogno in tempi ragionevoli e qualità del servizio) interagisce sul senso di sicurezza di cui il paziente e i suoi familiari hanno bisogno; infatti, non essere soli, ma “percepire” una presa in carico “certa e sicura”, contiene l’ansia e l’ambascia di una possibile emergenza senza risposte.
Va aggiunto, a livello psicologico, che poter essere soggetti attivi della propria salute e contrastare una patologia ancora inguaribile, “prendendosene cura”, è certamente un deterrente e una strategia di difesa psicologica contro uno stato ansiogeno e un umore depressivo che la consapevolezza di malattia potrebbe portare con sé. Restituire potenzialità di resistenza all’affaticamento, togliere l’ansia della sensazione di non incamerare aria a sufficienza e fiducia nell’efficacia degli ausili di cura, permettono infatti al soggetto un ri-adattamento all’ineluttabile progressione della malattia, restituendogli un’opportunità di rinforzo della propria autostima e una vita sociale soddisfacente.

Conclusioni
Il poster presentato a Barcellona si chiudeva con una frase tratta dal libro Questione di muscoli(«Tuttavia, immagino e spero che potreste essere interessati a sapere che io sono e resto un cocciuto ottimista. Perché il mio respiro, prego Dio che me lo conservi a lungo, anche con gli ausili della tecnologia, è fortemente ancorato alla mia voglia di vivere e lavorare, di lottare e essere utile agli altri. È un’inguaribile malattia la mia, come la mia voglia di vivere e respirare…»), nato dall’idea di Leonardo Baldinu, presidente della UILDM di Monza, che riassume il perché ci siamo mosse in questa direzione, in un contesto lavorativo come quello del Centro NEMO, che costituisce una continua palestra di vita, con l’obiettivo di portare, con la nostra professionalità, una sfumatura di senso in più, per una migliore qualità di vita per tutti noi.
Si ringraziano, in conclusione, Vivisol e il Comitato Regionale Lombardo della UILDM, per aver sostenuto “concretamente” questo progetto.

*Psicologa del Centro Clinico NEMO (NEuroMuscular Omnicentre) di Milano.

Testo redatto nel giugno del 2012.

Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Coordinamento Commissione Medico-Scientifica UILDM, c/o Direzione Nazionale UILDM, tel. 049/8021001, commissionemedica@uildm.it. 

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Margaret

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