Si cerca di "guadagnare tempo" nella distrofia di Duchenne

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Pier Lorenzo Puri

Pier Lorenzo Puri

Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo integralmente in calce il comunicato prodotto congiuntamente dalla Fondazione Telethon, dall'IRCCS Fondazione Santa Lucia e da Parent Project ONLUS, intitolato Individuati nuovi bersagli farmacologici per rigenerare muscoli "buoni" nella distrofia di Duchenne.
Lo precede il commento curato per noi da Filippo Maria Santorelli, componente della Commissione Medico-Scientifica Nazionale UILDM.

La distrofia di Duchenne (DMD) è la più frequente e nota tra le distrofie muscolari dell'infanzia. Il suo decorso, purtroppo, è relativamente rapido e attivo. Tuttavia la malattia viene riconosciuta di solito intorno al terzo anno di vita, quando cominciano ad essere evidenti l’ incapacità di camminare o correre ovvero quando queste funzioni avrebbero già dovuto essere acquisite.
Nonostante gli enormi progressi attuati negli ultimi anni dalla ricerca scientifica e farmacologica, non esistono a tutt’oggi terapie specifiche e si è costretti ad assistere impotenti alla progressione inesorabile della perdita di forza, all'atrofia muscolare e alla progressiva sostituzione della masse muscolari con tessuto fibroso incapace di contrarsi.
La somministrazione di cortisone sembra ritardare la progressione della DMD, intervenendo sui processi pro-infiammatori e riducendo le reazioni immunitarie coinvolte nella progressione della malattia.
Le ricerche scientifiche proseguono alacremente in ogni parte del mondo e le speranze più fondate provengono dai tentativi di realizzare una terapia genica, ma spesso questa è sperimentalmente efficace solo in fasi precoci di malattia (almeno nell’animale di laboratorio) e in presenza di una massa muscolare ancora sufficiente.
Nel muscolo scheletrico, la risposta infiammatoria da un lato attiva meccanismi di successiva progressione della malattia, ma dall’altro innesca un’attiva sollecitazione sulle cellule staminali del muscolo (cellule satelliti) che sono stimolate a generare nuovo tessuto. Nei pazienti distrofici questo processo diventa alla lunga insostenibile e il “salvataggio” delle staminali cede, con una conseguente trasformazione del muscolo in tessuto fibroso inadatto a funzionare in maniera efficace.
Il lavoro pubblicato dal professor Puri e dal suo gruppo di ricerca sulla rivista «Cell Stem Cell» ha analizzato i meccanismi molecolari con cui il muscolo si rigenera dopo un danno e ha in parte chiarito in modelli murini
[di topo, N.d.R.] e in cellule muscolari i meccanismi che collegano il differenziamento delle cellule staminali muscolari con gli stimoli rigenerativi seguenti il rilascio di fattori pro-infiammatori.
Lo studio di Puri ha anche prospettato la possibilità che si possano regolare i meccanismi dell’infiammazione per spingerli sempre più verso i segnali che favoriscono la rigenerazione - e per un tempo più lungo - e i prossimi passi della ricerca saranno volti all’identificazione di farmaci o sostanze atti a modulare i suddetti meccanismi.
L’obiettivo finale sarebbe quello di ritardare l’effetto degenerativo della malattia, allontanando il momento oltre il quale il muscolo distrofico non riesce più a rigenerarsi, per offrire ai pazienti una prospettiva di vita più idonea. Laddove non si riuscisse nella Duchenne a contrastare il processo distrofico, lo si potrebbe rallentare nel tempo in maniera significativa, con la prospettiva di ampliare la finestra temporale di operabilità utile alla ricerca scientifica per adottare nuove strategie terapeutiche.

 
 

Filippo Maria Santorelli - Unità Operativa di Neurogenetica, Istituto di Neuropsichiatria Infantile (INPE), IRCCS Fondazione Stella Maris, Calambrone (Pisa). Componente dal 2006 della Commissione Medico-Scientifica UILDM.
 
Comunicato stampa (Fondazione Telethon - IRCCS Fondazione Santa Lucia - Parent Project ONLUS)
 

 

Individuati nuovi bersagli farmacologici per rigenerare muscoli “buoni” nella distrofia di Duchenne

Alla Fondazione Santa Lucia, con il sostegno di Telethon e di Parent Project ONLUS, concrete prospettive per ritardare l’effetto degenerativo della malattia in attesa di terapie definitiveDa tempo Puri e il suo team studiano i meccanismi molecolari con cui il muscolo si rigenera dopo essere stato danneggiato. In condizioni normali il danno innesca un processo infiammatorio che manda una cascata di segnali all’ambiente circostante. Tra gli “attori” sollecitati ci sono particolari cellule staminali adulte presenti nel muscolo, che vengono stimolate a proliferare e a generare nuovo tessuto. Nei pazienti distrofici questo processo diventa alla lunga insostenibile. A causa della mancanza di distrofina le fibre muscolari sono sottoposte a continui cicli di contrazione e degenerazione: se nei primi stadi della malattia questo fenomeno è compensato da una rigenerazione che limita la perdita di tessuto, nel tempo la capacità rigenerativa si esaurisce. La rigenerazione muscolare lascia così il posto alla deposizione di tessuto fibrotico e di grasso: un processo irreversibile simile ai segni che ci rimangono sulla pelle dopo una ferita profonda.
L’infiammazione associata alla degenerazione dei muscoli distrofici è un fenomeno chiave nel passaggio dalla fase rigenerativa della malattia a quella cicatriziale. In particolare, esiste una componente infiammatoria acuta che stimola la rigenerazione e una componente cronica che promuove i processi fibrotici. Il nuovo studio di Puri indica i meccanismi con cui le cellule staminali muscolari decodificano i segnali infiammatori e li convertono in segnali che favoriscono la rigenerazione. La speranza è di estendere la fase rigenerativa ritardando l’effetto degenerativo della malattia, per offrire ai pazienti una prospettiva di vita il più normale possibile. «Stiamo valutando diversi composti chimici», spiega lo scienziato, «diretti contro gli enzimi chiave della cascata di segnali cellulari identificata da questo lavoro, per aumentare la capacità delle cellule staminali muscolari di rigenerare il tessuto muscolare».
 
I ricercatori Telethon si sono focalizzati su due fattori cellulari: la citochina infiammatoria TNF e la chinasi p38, una proteina che media l’azione del TNF in cellule staminali muscolari. TNF è coinvolto anche in altre malattie, come l’artrite reumatoide e lo shock settico: lo studio di Puri e dei suoi collaboratori dimostra che questa citochina dirige la capacità delle cellule staminali di rigenerare il muscolo. I ricercatori hanno infatti dimostrato in un modello animale di distrofia di Duchenne che bloccando con anticorpi specifici l’azione di TNF si può aumentare il numero delle cellule staminali muscolari. Lo stesso effetto si può ottenere con molecole ancora più specifiche, che hanno come bersaglio altre proteine che mediano l’azione del TNF (la già citata p38 e EzH2, una metiltransferasi che ha come bersaglio la cromatina). 
Da qui la prospettiva di sperimentare un trattamento farmacologico intermittente con cui “spegnere e accendere” geni specifici che portino alla generazione di nuove fibre muscolari. Farmaci che blocchino l’attivazione delle vie di segnalazione del TNF nelle staminali muscolari inducono queste cellule a proliferare e espandersi; con la sospensione del trattamento le staminali, cresciute nel numero, sarebbero non solo più efficaci nel rigenerare il muscolo, ma costituirebbero una riserva sensibile a un nuovo ciclo di trattamento.
«Una manipolazione di questo tipo», spiegano le ricercatrici del gruppo di Puri coinvolte nel lavoro  - Daniela Palacios, Chiara Mozzetta e Silvia Consalvi - «offre prospettive concrete per estendere la fase di grazia dei bambini distrofici e ritardare la degenerazione muscolare». La prossima sfida sarà individuare pazienti che presentino le condizioni adatte per sottoporsi alla terapia. «Con questo trattamento non si riparano i danni e non si torna indietro con la malattia» conclude Puri, «ma si può regalare tempo al paziente e alla ricerca scientifica, che nel frattempo sta andando avanti in varie direzioni».

Il lavoro di Pier Lorenzo Puri è sostenuto anche da Sisal.
*D. Palacios, C. Mozzetta, S. Consalvi, G. Caretti, V. Saccone, V. Proserpio, V. Marquez, S. Valente, A. Mai, S. Forcales, V. Sartorelli, PL. Puri, “TNF/p38a/Polycomb Signaling to Pax7 Locus in Satellite Cells Links Inflammation to the Epigenetic Control of Muscle Regeneration”. Cell Stem Cell, 2010; doi:10.1016/j.stem.2010.08.013

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa UILDM - Ufficio di Coordinamento della Commissione Medico-Scientifica UILDM, tel. 049 8024303, fax 049 8025249, redazionedm@eosservice.com.

Battere la distrofia di Duchenne sul tempo: una ricerca* condotta da Pier Lorenzo Puri, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco presso la Fondazione Santa Lucia di Roma, ha chiarito ulteriormente i meccanismi con cui le cellule staminali presenti nei muscoli possono rigenerare nuovo tessuto in risposta a un danno. 
Pubblicato sulla rivista «Cell Stem Cell»* e sostenuto anche da Parent Project ONLUS, lo studio ha individuato nuovi bersagli farmacologici da sfruttare per rinviare il più possibile quel “punto di non ritorno” oltre il quale i muscoli dei pazienti distrofici non riescono più a rigenerarsi da soli. La massa muscolare di questi ragazzi viene a poco a poco sostituita da vere e proprie cicatrici, tessuto duro e incapace di contrarsi: nella storia naturale della malattia questo è il momento che segna la costrizione sulla sedia a rotelle e la progressione verso la fase terminale, quando vengono compromessi anche il cuore e i muscoli del respiro.

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Margaret

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