
UILDM è una realtà in cui si incontrano volontari e professionisti, tutti impegnati per costruire un mondo senza barriere. In occasione del Primo Maggio, festa dei lavoratori, conosciamo meglio alcune professionalità che lavorano all’interno della Casa famiglia di UILDM Genova, una realtà nata nel 2001 dall'idea di un gruppo di persone con distrofia muscolare di vivere in autonomia.
Si tratta di Marina Chiricenco, operatrice socio sanitaria e Martina Cella, assistente sociale della Sezione.
Raccontateci un po’ di voi.
Marina: lavoro in Casa famiglia come OSS dal 2018. Provengo dalla Moldavia. Nel mio paese ero un’infermiera, quando mi sono trasferita in Italia ho seguito un corso per diventare OSS.
Mi trovo bene nella Casa, i residenti sono delle persone meravigliose, il mio lavoro mi piace perché, oltre al protocollo, comprende un lato umano. C’è bisogno di parlare, di relazione, di stare insieme. Mi occupo dei residenti della Casa dal primo momento in cui si svegliano fino al momento di andare a dormire. Il nostro lavoro copre le 24 ore e ci occupiamo di bisogni primari, assistenza, igiene personale, supporto per i pasti e nelle attività quotidiane.
Martina: l’incontro con UILDM è avvenuto per caso perché ho fatto l’anno di Servizio civile in Sezione. Stavo frequentando il corso universitario in Servizio Sociale. In quegli anni, 2008-2009, ho vissuto Casa famiglia da dentro, nel senso che come operatori volontari partecipavamo tanto alle attività. Da lì piano piano ho iniziato la mia esperienza lavorativa in UILDM Genova, prima come referente dei volontari e poi successivamente come assistente sociale. Nel mio ruolo attuale di assistente sociale seguo non solo Casa famiglia, ma anche tutta una serie di attività, progetti a favore delle persone con disabilità, sul territorio genovese. Per Casa famiglia mi occupo delle singole persone e delle necessità specifiche in un ruolo di coordinamento e sintesi in cui mi rapporto sia con i volontari che gli operatori.
Che cosa vi offre questa esperienza lavorativa?
Marina: tanto, tanto. Arrivo da un altro mondo e un altro tipo di vita e nella Casa ho imparato tante cose, buone, positive anche per la mia vita personale: per esempio come relazionarmi con gli altri e affrontare i problemi in modo diverso. Qui ho imparato a prendere la vita con più calma e serenità.
Martina: mi ha permesso di crescere tanto sia come professionista, che come persona, nel senso che essere a contatto tutti i giorni con dei bisogni e delle necessità, ti fa comprendere quali sono le priorità nella vita. Mi sento utile e questo è importante perché, nonostante abbiamo fatto molti passi nell'inclusione sociale, esistono ancora tante barriere e criticità da superare. Come associazione cerchiamo di rimuovere le barriere, gli ostacoli per permettere una piena inclusione sociale di tutte le persone, e come assistente sociale questa cosa per me è importante. UILDM mi ha permesso di fare un'esperienza lavorativa e umana che mi porterò dietro sempre, ogni giorno. Sono da sempre in UILDM e sono molto affezionata all'associazione quindi il mio lavoro, nonostante sia faticoso, diventa anche un piacere.
È cambiato in questi anni il vostro lavoro?
Marina: le mie mansioni negli anni sono rimaste pressoché quelle. Quello che cambia è accettare la perdita di qualche persona che ho conosciuto e il fatto che dobbiamo fare i conti, anche noi operatori, con i cambiamenti legati alla malattia.
Martina: C'è stata un'evoluzione del lavoro sociale in questi anni. Il Terzo Settore si sta tanto animando, ci sono molte possibilità che forse prima non c'erano. In anni passati la figura dell’assistente sociale era più statica. Adesso le opportunità si sono moltiplicate e come UILDM Genova stiamo cercando di sfruttarle al meglio, quindi cerchiamo di partecipare anche a tutte le proposte che ci sono sul territorio, aprirci agli eventi, azioni, attività in cui possiamo partecipare, proprio per cercare di dare risposte più complete possibili. Il nostro lavoro sociale è in fase di cambiamento e, con il Decreto Legislativo 3 maggio 2024, n. 62 [Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l'elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, ndr], ci sarà un'ulteriore evoluzione della risposta al bisogno, nel senso che la persona sarà sempre più al centro e come associazione dovremo essere sempre più pronti a rispondere alle varie richieste che arriveranno. Ci auguriamo che questa sia la strada giusta, le idee ci sono, ci proviamo a metterle in campo tutti i giorni.
In inglese il termine cura si traduce in due modi differenti: “to cure”, curare con l’intento di guarire, per definire l’ambito sanitario; “to care”, che significa curare con l’intenzione di migliorare la qualità di vita, per l’ambito sociale. Sono due accezioni ben presenti nel lavoro sociale. Cosa vuol dire quindi prendersi cura?
Marina: prendersi cura in questa Casa vuol dire essere anche le mani delle persone. Il nostro lavoro permette alle persone che abitano la Casa di essere più libere, più autonome nelle loro scelte.
Martina: l’idea del prendersi cura è uno dei nostri principi, un cardine dell'associazione che abbiamo cercato di sviluppare e di migliorare negli anni e si declina in cura della persona e del nucleo famigliare, attraverso i servizi che offriamo, per esempio lo Sportello famiglia. Per noi è un valore importante a cui cerchiamo di rispondere.
Casa famiglia è un'accezione proprio del prendersi cura, concreta, quotidiana e con persone che davvero ci mettono passione e voglia tutti i giorni. Siamo professionisti che in maniera diversa cercano di prendersi cura delle persone.
Che cosa significa celebrare la festa dei lavoratori nel 2025?
Marina: il lavoro dà tutto, senza lavoro non puoi stare, e non è solo per l’aspetto economico. Mi arricchisce la giornata, mi arricchisce la vita. Mi piace il mio lavoro e non vorrei cambiarlo perché mi sento utile. Per me il lavoro è fondamentale nella vita della persona, non mi immagino senza.
Martina: facciamo un lavoro faticoso e impegnativo, ma che non è solo aspettare lo stipendio alla fine del mese perché ogni giorno ti insegna qualcosa. Sono fortunata perché il mio lavoro mi piace. Siamo una squadra di professionisti differenti in UILDM e insieme cerchiamo di rispondere ai bisogni delle persone con malattie neuromuscolari. Quello che riceviamo da loro è molto di più.
(Alessandra Piva)