Neurologa, Tiziana Mongini fa parte già dal 1999 della Commissione Medico-Scientifica UILDM e ne è presidente dall’inizio del 2007. Lavora al Centro Malattie Neuromuscolari “Paolo Peirolo”, presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e da molti anni affianca la UILDM del capoluogo piemontese. È stata a lungo anche presidente dell’AIM, l’Associazione Italiana Miologia.
La UILDM di oggi e la sua Commissione Medico-Scientifica, la situazione delle ricerche in corso sulle malattie neuromuscolari e le strategie utili ad ottenere risultati concreti, senza dimenticare quelle “sirene” che da più parti del mondo promettono “terapie facili”: sono i temi principali di cui abbiamo parlato in questa lunga intervista.
Dottoressa Mongini, quale crede debba essere, in questo momento di “storia” della UILDM, il ruolo della Commissione Medico-Scientifica dell’Associazione?
«Negli ultimi anni la UILDM è cresciuta in modo esponenziale, assumendo un tratto “imprenditoriale” prima sconosciuto e diventando una forza reale non solo per l’informazione e il “conforto”, ma in grado di creare azioni propositive, anche provocatorie, nei confronti delle Istituzioni, a più livelli. La Commissione Medico-Scientifica deve pertanto essere all’altezza di questo ruolo, affiancando con la competenza necessaria la Presidenza e il Consiglio Direttivo, anche modulando, quando necessario, le iniziative rispetto al contesto della realtà assistenziale.
Molto importante è la collaborazione con Telethon, soprattutto nella ricerca di strategie per la crescita della ricerca clinica. Inoltre, sempre più la Commissione dev’essere “l’avvocato difensore” dei diritti assistenziali e informativi dei pazienti, che troppo spesso vengono calpestati. Il gruppo dell'attuale Commissione è un’ottima espressione di varie realtà sanitarie, con grande competenza scientifica e “sul campo”, e inoltre ha una buona distribuzione territoriale, riferendosi a quattro Centri del Nord (Torino, Pavia, Milano e Padova), tre del Centro (Pisa e Roma) e due del Sud (Napoli e Messina)».
In occasione della più recente Convention Scientifica Telethon [il riferimento è alla Convention della primavera del 2009, N.d.R.], da più parti si è invocata una “strategia su più fronti”, che sola potrà consentire di arrivare realmente a delle cure per le varie malattie genetiche. Questo, cioè, coinvolgendo le istituzioni, l’industria, le autorità regolatorie nazionali e internazionali, per mettere in piedi accordi trasversali, all’insegna, appunto, di una strategia su più fronti. Che ne pensa?
«Penso che senza una chiara alleanza pre-definita sui ruoli di ciascuno, rischiamo di trovarci di fronte a un problema più grande di noi, sia in termini di risorse umane che finanziarie.
Sappiamo molto bene quanto sia costosa la ricerca di base e applicata, ma ancora più alti saranno i costi della traduzione dei risultati di queste ricerche nella pratica clinica in più larga scala e dobbiamo arrivare preparati. Sarà necessario fare molta attenzione alle regole per l’industria e facilitare gli iter burocratici, che anche a livello di agenzie europee sono ancora troppo complessi.
È necessario, inoltre, dedicare risorse specifiche agli aspetti assistenziali “preparatori”, che non sono più oggetto di ricerca e quindi finanziabili dagli organismi preposti e che non possono essere costretti negli attuali budget in costante restrizione del nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Infine, è molto importante sostenere la formazione e soprattutto motivare giovani ricercatori clinici, capaci di avere buoni rapporti con i pazienti e al contempo essere esperti di metodologia clinica, come avviene nel resto d’Europa. È ovvio che questi giovani non possono essere incentivati da borse di studio di 800 euro al mese e pure a tempo determinato!».
Dal suo osservatorio “privilegiato”, che la vede impegnata da tempo sul “fronte clinico” delle malattie neuromuscolari, qual è il quadro che ci può tracciare rispetto alla situazione attuale e soprattutto in riferimento alle prospettive dei pazienti e dei loro familiari?
«Devo ammettere che mai come ora nella mia esperienza lavorativa ho percepito questa emozione in chi frequenta gli ambulatori: finalmente la ricerca sta facendo qualcosa di concreto non più solo per i modelli sperimentali animali, ma per i pazienti stessi, che potranno beneficiare già da subito dei risultati positivi, se le varie teorie alla base delle differenti strategie terapeutiche verranno confermate.
Siamo tutti consapevoli che la strada è lunga e che questi risultati positivi potrebbero essere minimi: ma che passo, rispetto a qualche anno fa! La ricaduta di ciò è un atteggiamento più propositivo da parte di tutti, che già di per sé rappresenta una “terapia”. Inoltre, anche a prescindere dal successo delle terapie “causali”, gli standard assistenziali sono notevolmente migliorati ed è possibile ricorrere a vari ausili e procedure che hanno drasticamente migliorato l’aspettativa di vita e la qualità globale delle persone con malattie muscolari, e penso agli ormai tanti ragazzi con distrofia di Duchenne che si sono laureati e lavorano correntemente.
Purtroppo questo è il bicchiere mezzo pieno; quello mezzo vuoto ci dice invece che il peso maggiore è ancora troppo a carico della famiglia, soprattutto in alcune aree più sguarnite di servizi e di persone competenti, che deve lottare e sacrificare praticamente tutto, per assistere chi ne ha bisogno. I familiari non devono scoraggiarsi, ma cercare l’appoggio dovuto anche presso le Istituzioni meno disponibili, magari con l’aiuto della UILDM e dei medici curanti».
Una questione seguita ormai da anni anche da DM e dalla Commissione Medico-Scientifica UILDM è quella delle terapie proposte in varie parti del mondo - basate per lo più sull’utilizzo di cellule staminali - delle quali si è spesso parlato anche in televisione. I soliti “viaggi della speranza” che “speranza poi non è” oppure qualcosa di più concreto, almeno per alcune di queste proposte?
«È da quando ho iniziato a lavorare in questo campo che sento periodicamente l’annuncio di terapie miracolose (le cellule di pecora svizzere, i vaccini tedeschi, le medicine russe ecc…), che si sono sempre rivelate tanto più costose quanto inefficaci, e sento accusare i medici “tradizionalisti” di scetticismo legato a “oscuri interessi finanziari” o peggio.
Per adeguarci al mondo moderno, ora la parola cellula staminale è diventata la parola chiave per far leva sull’emotività delle persone che ancora, come in passato, ricadono nel solito errore di sfiducia in chi segue la loro malattia. Le cellule staminali (embrionali e non) rappresentano un capitolo serissimo di ricerca, con concrete possibilità di originare “terapie” per un gran numero di malattie che affliggono l’umanità e su cui stanno lavorando persone molto serie, ben consce di ciò che stanno utilizzando e di conseguenza bene attente a non promettere a vanvera ciò che non si conosce ancora. Purtroppo alcune imprese più spregiudicate hanno approfittato del momento, propagandando per terapie quelli che possono essere gli effetti aspecifici e non ancora controllati a largo spettro della somministrazione di cellule vive in un organismo.
A parte i casi che rappresentano vere e proprie truffe - come l’Ucraina e una delle sedi cinesi - ritengo che l’aspetto più deludente è che queste aziende, sedicenti all’avanguardia, non si sono minimamente preoccupate di seguire un metodo scientifico per controllare i loro risultati, che potrebbero anche essere parzialmente positivi, ma non potranno mai essere evidenziati e dimostrati, visto che non seguono alcuna delle regole della normale ricerca scientifica. Queste aziende sembrano più interessate a fare spostare persone da tutto il mondo, organizzando veri e propri “tour terapeutici”, a scrivere pagine su internet e lettere alle associazioni di pazienti, zeppe di paroloni e imprecisioni, piuttosto che spendere un po’ di tempo per fare eseguire semplici test ai loro pazienti, che potrebbero inoppugnabilmente dimostrare l’efficacia delle loro terapie. Non viene forse il dubbio che neppure loro ci credano e che quindi non eseguano alcun test per poter continuare a spacciare le loro terapie a caro prezzo? E se invece hanno le prove scientifiche, perché non ce le hanno mostrate, neppure quando abbiamo inoltrato richieste ufficiali, del tutto in buona fede?
Per poter esprimere un giudizio obiettivo, la Commissione Medico-Scientifica UILDM si è offerta di controllare eventuali persone con malattie muscolari sottoposte a tali trattamenti, del tutto gratuitamente, proprio per rispondere al dubbio che molti nostri pazienti ci rivolgono: “Ma se poi invece serve? Non è che ci stiamo perdendo una possibilità?”. Resta purtroppo aperto il problema della sicurezza, ma questo è ancora un altro discorso».
Cosa si può aspettare oggi in Italia un piccolo paziente affetto da una malattia neuromuscolare e un paziente adulto?
«Un paziente con malattia neuromuscolare attualmente in Italia può aspettarsi una maggiore attenzione e un maggior rispetto da parte di tutti; una più organizzata rete assistenziale, anche se ancora molto cigolante e da oliare; una prospettiva di trattamento conservativo immediato per alcune forme, di terapia mirata per altre e di importanti ulteriori sviluppi per il prossimo futuro.
Le famiglie devono far fronte ai problemi organizzativi, cercando di sfruttare al meglio le risorse esistenti e portando avanti le giuste istanze per migliorarle, insieme alle associazioni di pazienti e ai medici competenti; le contrapposizioni hanno sempre nuociuto in questo ambito. Inoltre - soprattutto ai genitori di bambini piccoli - consiglio in ogni circostanza di cercare di vivere sempre al meglio il presente, senza fare troppe speculazioni sull’imponderabile futuro, per non permettere che l’ansia alteri il loro rapporto con i figli o con la malattia».
*Centro Malattie Neuromuscolari “P. Peirolo”, Dipartimento Neuroscienze Università di Torino. Componente della Commissione Medico-Scientifica UILDM dal 1999 e presidente della stessa dal 2007.
Intervista concessa alla Redazione di DM nell’agosto del 2009.
Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Coordinamento della Commissione Medico-Scientifica UILDM (referente: Crizia Narduzzo), c/o Direzione Nazionale UILDM, tel. 049/8021001, commissionemedica@uildm.it.
Data dell’ultimo aggiornamento: 15 novembre 2014.