Si è tenuto a Peccioli (Pisa), lo scorso 31 gennaio, il seminario “Vivere… il dopo di noi”. L’evento, che ha avuto una buona partecipazione di pubblico, era organizzato dal centro Informare un’h, e promosso dalla UILDM Sezione di Pisa (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), dall’ANFFAS Onlus Pisa (Associazione Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) e dal Coordinamento Etico dei Caregivers di Pisa.
L’espressione “dopo di noi” è ormai entrata nel linguaggio comune per indicare il momento in cui i genitori non sono più in grado di prendersi cura – perché mancanti o perché impossibilitati - del proprio figlio con disabilità. Una terminologia semplice che denota spesso situazioni complesse, vissute con tormento e con la difficoltà di “proiettarsi in avanti”. Le risposte al “dopo di noi” possono essere molto differenti, ma vi è un generale accordo nel ritenere che per costruire un buon “dopo” è necessario lavorare sul “durante noi”, preparando e accompagnando la persona con disabilità in quel percorso di distacco dalla famiglia d’origine, che è un’esigenza naturale di tutte le persone, e dunque anche di quelle con disabilità. Non si tratta, questo è ovvio, solo di costruire strutture residenziali – anche perché sarebbe preferibile cercare di non “sradicare” le persone con disabilità dall’ambiente in cui sono vissute e cresciute -, bensì di predisporre un sistema organico di strumenti, referenti, strutture e servizi finalizzato a conseguire il maggior livello di benessere psicofisico della persona con disabilità, il maggior grado di autonomia, la possibilità di instaurare legami, di sentirsi parte di una comunità, di rivestire ruoli sociali, e di abitare il territorio.
Rosa Fontani, esponente dell’ANFFAS sezione di Pisa e consigliera del Dipoi – Coordinamento Regionale delle organizzazioni attive sul Durante e Dopo di noi –, era tra i relatori e ha spiegato come, per affrontare il “dopo di noi” sia necessario guardare alla persona disabile nella sua completezza, «riconoscendole il diritto ad una crescita attraverso la quale consolidare la sua personale percezione del diventare adulto, di sviluppare la coscienza di sé, l’affermazione dei propri pensieri, di poter manifestare le proprie emozioni, e l’opportunità, ove possibile, di lavorare. Riconoscendole il bisogno di uscire dalla famiglia per sperimentare le proprie capacità di autonomia.» Che il tema non sia facile da affrontare lo ha sottolineato anche Antonio Bindi, vicepresidente del Coordinamento Etico dei Caregivers di Pisa, notando come in alcune situazioni si tenda «ad esorcizzare ed a posticipare» il momento di affrontare il problema, e mettendo in evidenza alcune criticità riscontrate nei servizi di “durante noi” erogati attraverso i centri diurni. A ciò si aggiunga che non esiste una normativa che definisca e disciplini i servizi per il “dopo di noi”.
A livello nazionale esistono diversi disegni di Legge sul tema, ma non una norma approvata e vincolante. In Toscana si è cercato di superare questa lacuna giuridica attraverso la realizzazione di fondazioni di partecipazione, un istituto che è nato e si è consolidato negli anni ’90 del secolo scorso, e che si caratterizza per aggiungere all’elemento istituzionale delle fondazioni – un patrimonio vincolato al perseguimento di uno scopo –, la base sociale. Il pluralismo sociale è il tratto distintivo delle fondazioni di partecipazione, che accolgono chiunque, senza preclusioni: persone fisiche, persone giuridiche di diritto privato e di diritto pubblico, imprese, associazioni di volontariato, altre fondazioni, enti ecclesiastici… qualsiasi soggetto si voglia impegnare nel perseguimento dello scopo individuato.
Andrea Blasini, dottorando di ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha spiegato che «è la stessa prassi sociale ad aver individuato nella fondazione di partecipazione lo strumento migliore, più duttile per rispondere alle esigenze specifiche del “dopo di noi”. L’esigenza di costruire delle piccole unità abitative, diffuse sul territorio, che rispettino le provenienze dei singoli fruitori, che abbiano una dimensione altamente personalizzata, e che non astraggano i fruitori dalla collettività, dal tessuto sociale in cui sono nati e sono cresciuti, nella prospettiva di venire a saldarsi con la realtà con la quale, purtroppo, dovranno fare i conti, nel momento in cui verranno meno coloro che si sono presi cura di loro nel passato.» Sempre Blasini ha osservato come l’orientamento che sta emergendo attualmente in Toscana sia proprio quello di prendere il “dopo di noi” come modello e di adattarlo agli strumenti normativi in essere.
Un buon esempio di come la fondazione possa essere efficacemente utilizzata anche per realizzare servizi di “durante e dopo di noi” è rappresentato dalla Fondazione Il Sole di Grosseto. Nata nel 2005 su iniziativa di un’associazione di genitori, oggi la Fondazione Il Sole ha una previsione di bilancio per il 2015 di mezzo milione di euro, impiega 15 persone nei servizi, gestisce attraverso una cooperativa sociale di tipo A una casa famiglia, e organizza attività per il “durante noi” per 110 persone. Ha osservato Massimiliano Frascino, presidente della Fondazione Il Sole, come essa costituisca la dimostrazione concreta che volere è potere, e, commentando la circostanza che in Toscana il numero delle fondazioni sta crescendo, ha sottolineato che sarebbe auspicabile realizzare fondazioni nelle quali la gestione rimane comunque in mano alle stesse persone con disabilità e alle loro famiglie, mantenendo un legame col territorio, e quella dimensione umana e relazionale che può essere garantita solo da una piccola struttura.
Questi sono solo alcuni spunti scaturiti dal seminario tenutosi a Peccioli: il “dopo di noi” presta il fianco a riflessioni che riguardano la stessa organizzazione dello Stato Sociale, l’individuazione, la quantificazione e la distribuzione delle risorse, il ruolo dei soggetti coinvolti, la presa in carico delle persone con disabilità, la definizione e la realizzazione dei loro “progetti di vita”, l’individuazione di strumenti scientifici adatti a rilevare in modo attendibile i bisogni, le competenze e le potenzialità di ciascuno…
Chi desidera approfondire ulteriormente il tema può leggere la relazione che contiene una dettagliata sintesi di tutti gli interventi del seminario, e i documenti scaturiti dai tavoli di lavoro (la relazione conclusiva del Tavolo di lavoro su «Le risposte istituzionali al “durante e dopo di noi”», e quella del Tavolo di lavoro sul «Contributo, non solo economico, delle famiglie di persone disabili», curate rispettivamente da Rosa Fontani dell’ANFFAS Pisa, e da Massimiliano Frascino della Fondazione Il Sole di Grosseto). [A cura di Simona Lancioni]
Ultimo aggiornamento: 23 marzo 2015