La Bellezza Del Dono: Valeria Favorito

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Speranza, coraggio, bellezza e forza nella fragilità. È tutto questo Valeria Favorito, la ragazza veronese che racconta di essere nata tre volte. La sua è una storia che trasmette forza e testimonia quanto la vita sia preziosa.

A 11 anni è stata colpita dalla leucemia mieloide acuta. All’epoca era una bambina e i medici del Reparto di Ematologia del Policlinico di Borgo Roma, guidati da Fabio Benedetti, decisero che l’unico modo per salvarla era un trapianto. Grazie al midollo donato da Fabrizio Frizzi, per lei è cominciata una seconda possibilità. Nel 2013 è comparsa di nuovo la malattia che l’ha costretta a lottare come una leonessa e a subire un nuovo trapianto da un altro donatore anonimo. Ora Valeria è una donna di 30 anni che lavora, è fidanzata e si impegna ogni giorno per testimoniare l’importanza del dono e la bellezza della vita. Le sue parole sono un prezioso insegnamento e una ventata di positività. 

Cosa ti ha dato forza nella malattia?
La prima volta che mi sono ammalata, la vicinanza della mia famiglia, in particolare di mia mamma, sempre accanto a me in ospedale e di mia nonna, che ha pregato tanto per me. Fondamentale la professionalità dei medici e la presenza di tutti i volontari donatori; senza di loro non sarei qui. E poi l’approccio psicologico: è importantissimo continuare a fare progetti per andare avanti, sognare il futuro fuori dall’ospedale. Quando mi sono ammalata per la seconda volta, nel 2013, la persona che più mi è stata accanto è stata mia sorella, che faceva le notti per assistermi e mi stava vicino nei momenti di sconforto. In questa seconda battaglia la chemioterapia mi aveva distrutta; ricordo benissimo però che mio papà mi ha spronata a reagire. Il suo invito a lottare di nuovo è stato prezioso.

Da persona che necessitava ora sei diventata a tua volta volontaria…
A diciotto anni ho sentito forte la necessità di fare qualcosa per il prossimo. Ho avuto tanto dagli altri e volevo dare a mia volta. Mi sono recata al Centro Trasfusionale perché mi sentivo sana. Se avessi potuto avrei donato il mio sangue: visto che però la mia salute non mi permetteva di farlo, ho cominciato a fare sensibilizzazione e testimonianze da ricevente, soprattutto con i giovani. Credo che per fare un gesto d’amore, come quello della donazione, non occorra aspettare di passare dalla porta stretta del dolore. Mi sono resa conto che molte persone avevano paura della donazione solo perché non conoscevano l’argomento: spesso manca l’informazione, quella stessa cultura che potrebbe salvare molte vite. Quando si sta bene si ha in mano la possibilità di aiutare chi sta vivendo un momento di grande prova. Prima di arrivare al trapianto e dopo l’intervento ho ricevuto tantissime sacche di sangue. Per questo sono e sarò eternamente grata a tutti i donatori.

Cos’è per te la vita?
La voglia di fare, scoprire, di esplorare. È qualcosa da assaporare giorno dopo giorno. In questi anni ho fatto paracadute, bunjee jumping, il volo dell’angelo. Sono tutte esperienze che ho voluto provare perché la vita dev’essere vissuta al massimo.

L’emozione più bella in tutti questi anni?
Conoscere il mio donatore, Fabrizio. Il 21 maggio del 2000, a quasi 12 anni, mi vennero trapiantate le cellule staminali emopoietiche di un donatore anonimo. Da quel momento la mia vita ricominciò. Dopo mesi di ricerca, anche perché il protocollo prevede l’assoluta riservatezza sui dati del donatore, dopo una serie di coincidenze ho scoperto che la persona che mi aveva donato il midollo era Fabrizio Frizzi. A quel punto ho fatto qualsiasi cosa per riuscire a incontrarlo durante una Partita del Cuore allo Stadio Bentegodi di Verona, per  ringraziarlo personalmente. Da quel momento con lui c’è stato un rapporto meraviglioso: ci vedevamo, ci sentivamo e mi è stato vicino anche quando mi sono ammalata di nuovo nel 2013. Fabrizio per me era un fratellone: una persona disponibile, solare, positiva, dal cuore grande. L’ultima volta che ci siamo visti, all’inizio di marzo, l’ho invitato al mio matrimonio e lui mi ha risposto: “non ti prometto nulla ma se ce la faccio ci sarò!”. Non sapeva dire di no, nemmeno nella malattia. Lo ricorderò per sempre come una persona autentica, genuina, un vero angelo!

Progetti futuri?
A settembre mi sposerò a Trapani, la mia città natale. È una storia nata proprio grazie alla donazione. Ho conosciuto il mio ragazzo a una festa Avis nazionale. Lui è un donatore. Ci siamo fidanzati nel 2011, ma nel 2013 mi sono ammalata di nuovo e  ho deciso di lasciarlo perché non volevo che soffrisse troppo. Un paio di anni fa l’ho ricontattato, senza illusioni e con la consapevolezza che potesse aver trovato un’altra. Lui era lì ad aspettarmi.

Il dono nella tua vita ha avuto un’importanza straordinaria. Che messaggio vorresti lanciare?
Non aspettate a donare, cercate di vedere oltre e di mettervi nei panni di chi avete accanto. Il dono è il gesto d’amore più bello che esista. E nel momento in cui una persona è impossibilitata a donare, un grande dono può essere anche ascoltare chi ha bisogno, mettersi nei panni dell’altro, stargli vicino. 

(v.b.)

Ritratto di uildmcomunicazione

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