La Rilevanza Scientifica Della Narrazione

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di Maddalena Pelagalli, Vice presidente di APMAR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) - (articolo pubblicato in DM n.198)

 

Che cos’è la Medicina Narrativa? A cosa serve e quali sono le sue basi scientifiche? Perché per alcuni è addirittura imprescindibile?

La Medicina Narrativa è ormai un tema in gran voga nei consessi ai quali partecipiamo come Associazioni di pazienti. Quasi alla stregua di “paziente al centro”! È bene quindi partire da un punto certo per inquadrare la materia. Leggiamo dalle Linee di indirizzo per l’utilizzo della Medicina Narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative (11, 12,13 giugno 2014, Istituto Superiore di Sanità, Centro Nazionale Malattie Rare): «Con il termine di Medicina Narrativa, mutuato dall’inglese Narrative Medicine, si intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura».

La Medicina Narrativa è quindi una metodologia utile a meglio definire e personalizzare le decisioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative. Il direttore dell’Istituto Giano Sandro Spinsanti sottolinea però che non si confonda «con le pratiche terapeutiche che si collocano al di fuori della medicina che si qualifica come scientifica». Le storie dei pazienti, dei loro familiari e caregiver, le loro rappresentazioni, percezioni, esperienze e preferenze possono ridurre i rischi di esami e trattamenti inadeguati, promuovendo le procedure di prescrizione sulla base di una attenta analisi delle esigenze del paziente specifico, in linea con la tanto auspicata personalizzazione della cura. Utilizzando le storie dei pazienti, gli operatori, meglio se in team interdisciplinare, possono interagire meglio, concentrandosi non sulla singola patologia, ma sull’individuo inteso come un sistema complesso.

Rita Charon, l’antesignana di questo approccio narrativo alla medicina ci dice che «la Medicina Narrativa fortifica la pratica clinica con la competenza narrativa per riconoscere, assorbire, metabolizzare, interpretare ed essere sensibilizzati dalle storie della malattia: aiuta medici, infermieri, operatori sociali e terapisti a migliorare l’efficacia di cura attraverso lo sviluppo della capacità di attenzione, riflessione, rappresentazione e affiliazione con i pazienti e i colleghi».

Semplificando al massimo si può affermare che il nucleo centrale della Medicina Narrativa sia il processo di ascolto del paziente. L’obiettivo è una Narrative Evidence Based Medicine in grado di rendere sinergici o ottimali gli approcci in una visione olistica, dove dalla compassione si passa all’empatia e dalla comprensione si passa alle competenze relazionali. Resta quindi indispensabile in una buona relazione di cura lo sviluppo di competenze narrative, volte a sviluppare le abilità di ascolto delle storie dei pazienti con attenzione alla malattia per una più completa e globale comprensione dei bisogni, dei vissuti e delle prospettive dei pazienti e delle loro famiglie.

Quindi, è sempre Rita Charon che indica come l’approccio corretto da parte del medico rivolto al paziente si racchiuda nella semplice frase: «cosa è importante che io sappia di te?». In questa elementare domanda si rappresentano il senso e la specificità dell’elemento narrativo in medicina. Se si segue questa semplice indicazione viene a cadere la solita critica avanzata all’approccio narrativo: «richiede troppo tempo». Se si segue questa semplice indicazione si dimostra che la chiave sta tutta nel saper porre le domande giuste.

La Medicina Narrativa, basata su racconti, ascolto e relazione del paziente rispetto alla sua malattia, da diversi anni in Italia ha compiuto un salto decisivo anche grazie alla SIMeN – Società Italiana di Medicina Narrativa, che cerca infatti di porre le evidenze, intese come prove scientifiche, alla base di nuovi approcci clinici intrecciati alle cure tradizionali, capaci di unire pazienti e operatori sanitari, associare medicina basata sulle evidenze e medicina basata sulla narrazione, così come scienze cliniche e scienze umane.

Da sempre la Medicina Narrativa appartiene ai pazienti, ai loro nuclei familiari e amicali. Le Associazioni di pazienti hanno svolto un ruolo primario nella sua definizione ed elaborazione perché hanno fatto emergere il loro punto di vista. La voglia di narrare il proprio percorso per arrivare a una diagnosi, seguire una terapia, affrontare un intervento, caratterizza spesso il forte legame che si istaura tra il paziente e l’Associazione alla quale si rivolge per una spiegazione che ne chiarisca il senso, là dove il personale sanitario certe volte latita.

Molto più dei medici, i pazienti capiscono la realtà della loro condizione, l’impatto della malattia e delle terapie nelle loro vite e come i servizi potrebbero essere migliorati per meglio aiutarli. La Medicina Narrativa rappresenta lo sforzo di condividere una storia di cura con i medici, gli infermieri, gli altri professionisti sanitari e amministrativi, le direzioni generali, ma di più, i cittadini. Proprio questa condivisione può migliorare la continuità assistenziale e l’interazione con il medico di medicina generale e, più in generale, con chi si prende cura del paziente anche al di fuori dell’ospedale.

La Medicina Narrativa è quindi assolutamente democratica, includendo chiunque sia coinvolto, sia da paziente che da curante, nel processo terapeutico. Possiamo concludere affermando che la Medicina Narrativa si vede quando non c’è!

 

 

 

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