Nel corso di questi mesi abbiamo raccontato i vari passaggi del progetto “Vivo il presente e affronto il futuro” realizzato da UILDM Sassari, in collaborazione con la Direzione Nazionale e la Sezione di Monza, e con il supprto di Roche. Al centro del progetto ci sono stati i laboratori con i visori per la realtà virtuale e lo sportello dedicato alle famiglie delle persone con distrofia e SMA che hanno partecipato.
Abbiamo chiesto a Ilaria Pirino – che ha coordinato i laboratori – di raccontarci cosa è emerso e come si potrebbe lavorare per il futuro. Psicologa, laureata all’Università di Cagliari in Psicologia dello sviluppo, collabora con la Sezione di Sassari e con l’associazione Alzheimer di Sassari, oltre a lavorare nel suo studio.
«In un primo momento sono stati selezionati e contattati i potenziali partecipanti, persone con distrofia muscolare di Duchenne e atrofia muscolare spinale (SMA), residenti a Sassari, Nuoro e Oristano. Durante l’estate sono stati effettuati due colloqui per ognuno, la maggior parte a domicilio, per sondare la motivazione alla partecipazione e fornire sostegno psicologico. In settembre si sono svolti i laboratori di gruppo in due fine settimana. Per selezionare i partecipanti abbiamo coinvolto strutture pubbliche (Asl, Aou) ma anche centri di riabilitazione globale e associazioni come Parent Project che hanno diffuso il progetto tra i loro utenti. I partecipanti andavano dai 13 ai 77 anni».
A cosa sono serviti i colloqui individuali?
«Sono stati una preziosa occasione di conoscenza, che ha permesso di comporre i gruppi tenendo conto di diversi fattori tra cui età ed esigenze personali. Sono emersi alcuni temi comuni, come il senso di isolamento e di esclusione, dovuto anche alla scarsa presenza sul territorio (specialmente in alcune zone particolarmente isolate) di attività e occasioni sociali, la difficoltà nel gestire alcune emozioni connesse alla propria condizione e il bisogno di confronto, che hanno guidato la scelta dei filmati più idonei.
Cosa è emerso invece grazie ai laboratori?
«Le esperienze immersive sono state valutate positivamente e hanno suscitato delle sensazioni piacevoli, che a volte si sono protratte anche dopo la conclusione dei laboratori. Per alcuni dei partecipanti uno degli aspetti maggiormente apprezzati dell’esperienza è stato il poter accedere a luoghi che nella realtà sono inaccessibili, e compiere azioni solitamente impraticabili, come passeggiare nella foresta o salire le scale. Ma sono molti i temi emersi: emozioni di vergogna e rabbia relative alla malattia; desiderio di autonomia e di esplorazione, il ruolo dell’assistente in questo percorso, le sue caratteristiche ideali, le difficoltà nel trovare la persona che corrisponde ai bisogni e alle aspettative; conflitto tra l’indipendenza e la dipendenza, a cui si associa il vissuto di essere un peso per le persone care vicine; esperienze traumatiche; relazioni interpersonali, in particolare il rapporto con i caregivers e gli assistenti, e il senso di isolamento; paure da ridimensionare, che a volte prendono forma dall’interno, e altre volte emergono con il contributo involontario dei caregiver; difficoltà di accesso a svariate situazioni sociali e senso di esclusione; il cambiamento, sia che provenga da un moto interiore che dall’esterno; percezione di poco supporto a livello territoriale; strategie messe in atto per far fronte alla malattia; accettazione della malattia e dei limiti che impone; accettazione e comprensione dei limiti dell’altro; senso di soddisfazione e realizzazione per gli obiettivi raggiunti e le sfide superate nella propria vita.
A seguire l’esperienza con i visori sono stati gli scambi di gruppo. Com’è andato questo passaggio?
Anche se l’esperienza con il visore si vive singolarmente, la restituzione e la discussione si fa in gruppo. Lo scambio di esperienze è stato utile e proficuo, soprattutto per le persone più giovani. Al termine dei laboratori del secondo weekend è stato proposto di compilare in maniera anonima un questionario di gradimento: alla domanda aperta “Cosa ti è piaciuto di più del laboratorio?” la risposta più frequente è stata il confronto con gli altri partecipanti. Altri aspetti apprezzati riguardano la condivisione del proprio punto di vista e delle proprie sensazioni, la possibilità di elaborare le emozioni, l’ascolto e la comprensione delle psicologhe, l’uso del visore e l’aver incontrato persone con gli stessi problemi.
Pensiamo al futuro…
«In collaborazione con la Sezione, stiamo lavorando affinché l’esperienza possa essere portata anche fuori da Sassari. Ciò richiede quindi una mappatura più puntuale delle persone con malattia neuromuscolare e dei loro bisogni. Questo passaggio consentirebbe di costruire quelle alleanze territoriali sempre più necessarie per costruire comunità più inclusive. Il progetto che la Sezione UILDM di Sassari ha portato sul territorio ha mostrato sia l’importanza di utilizzare nuovi strumenti terapeutici sia quanto le associazioni fanno la differenza sui territori.»
(cs)