In riferimento al caso di cui molti organi di stampa si sono occupati nei mesi scorsi, relativo alla situazione di Celeste Carrer, la bimba con amiotrofia spinale (SMA) di tipo 1, trattata con trapianti di cellule staminali mesenchimali, e facendo seguito alle precedenti comunicazioni sulla questione, diffuse dalla nostra Associazione di concerto con la Commissione Medico-Scientifica UILDM e anche congiuntamente ad altri esperti in materia (si vedano i testi intitolati Ma la ricerca seria continua a lavorare e merita molto più spazio e SMA: chiarezza su staminali e ricerca), segnaliamo che la vicenda, nelle scorse settimane, ha vissuto nuovi, importanti sviluppi.
La Commissione del Ministero della Salute
Innanzitutto, sono state diffuse, il 5 novembre, le conclusioni della Commissione del Ministero della Salute, chiamata ad esaminare il metodo usato per i propri trattamenti da Stamina Foundation, organizzazione da tempo al centro di un’inchiesta della Procura di Torino.
«Siamo fuori da ogni norma», ha dichiarato a tal proposito Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, presidente del Comitato Trapianti del Consiglio d’Europa e membro della suddetta Commissione del Ministero della Salute. A seguito dell’esame dei protocolli, dei laboratori e dei campioni usati per i trattamenti di Stamina, infatti, la Commissione ha concluso che «l’uso di questi ultimi pone condizioni di rischio reale per i pazienti, dal momento che dalle indagini sono emerse problematiche relative alla metodologia e alla conservazione dei campioni usati [grassetti nostri in questa e in tutte le successive citazioni, N.d.R.]».
Inoltre, con particolare riferimento alla modalità con cui i protocolli di Stamina Foundation sono stati attuati in Italia, Nanni Costa ha aggiunto che essi «sono stati riprodotti in base ai brevetti pubblicati», con un approccio che ha suscitato preoccupazione: «A volte ai pazienti è stato inoculato materiale biologico prelevato dal malato, a volte da un altro paziente e altre volte ancora da una terza persona», con rischi di contagio batterico e virale e di altri effetti collaterali. «Campioni - si legge nelle dichiarazioni - che vengono conservati in contenitori con etichette scritte a mano e a matita, con grafia poco comprensibile e in laboratori non adatti e che non rispondono alle norme. Infine, non ci sono studi pubblicati su riviste scientifiche con impact factor sui risultati del metodo brevettato da Stamina».
Primo incontro del “Comitato di saggi”
Oltre a questa conclusione della Commissione Ministeriale, va segnalato che successivamente, il 16 novembre, su indicazione del ministro della Salute Renato Balduzzi, si è riunito un Board di Saggi (“Comitato di Saggi”), come viene definito in una nota ufficiale, composto dagli esperti Bruno Dallapiccola, Massimo Dominici, Rosaria Giordano, Alessandro Rambaldi e Angelo Vescovi.
«Un incontro - continua la nota - che ha offerto l’occasione per esaminare tre punti molto importanti: 1) la proposta di realizzare un Registro Nazionale dei Trattamenti con Terapia Cellulare e con Trapianti Cellulari. 2) Il Decreto relativo alle somministrazioni di terapia cellulare per singolo paziente, di cui è stata prodotta una valutazione preliminare. 3) La relazione di Massimo Dominici sulla metodologia utilizzata da Stamina Foundation e descritta nella richiesta di brevetto presentata dalla medesima organizzazione». Riteniamo che questa relazione sia la medesima prodotta dalla Commissione Ministeriale, di cui sopra si è detto.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, infatti, Dominici ha ribadito quanto affermato da Nanni Costa nei giorni precedenti, ovvero che in relazione al “metodo Stamina” esiste «un concreto pericolo per i pazienti» e che in uno dei campioni esaminati sono stati riscontrati «inquinanti in grado di determinare rilevanti effetti biologici avversi come il rigetto cellulare e altre reazioni immunologiche». E ancora, che il metodo viene «descritto in modo superficiale e incongruo» e che esso prevede trattamenti con prodotti di origine animale vietati per uso clinico». Infine, che «le cellule prodotte dopo stimolazione in coltura hanno una irrilevante attività biologica ai fini della rigenerazione nervosa, che scompare dopo 24 ore…».
Queste le conclusioni: «Il Board, applicando i principi base dell’etica medica, ritiene che il progetto terapeutico e le condizioni di applicazione della terapia siano assolutamente insufficienti e senza valida documentazione scientifica e medica a supporto riconosciuta. Sottolinea che i rischi biologici connessi alla terapia sono gravi e inaccettabili e che la conduzione della metodologia non solo non ha rispettato le norme di manipolazione e sicurezza, ma anche i più elementari standard di indagine di laboratorio. Questa valutazione conferma totalmente gli elementi di preoccupazione circa la sicurezza e l’efficacia già espressi dalle Istituzioni (Ministero della Salute, Agenzia Italiana del Farmaco-AIFA, Centro Nazionale Trapianti-CNT e Istituto Superiore di Sanità-ISS) che stanno seguendo il caso. Il Board sottolinea il rischio che i pazienti siano oggetto di false illusioni o addirittura di truffe vere e proprie che fanno leva sulla disperazione e su promesse non validate scientificamente. Si tratta di evitare di scivolare in una china pericolosa di fronte a patologie drammatiche finora non trattabili in modo soddisfacente».
«Neuromuscular Disorders»
Infine, a ulteriore supporto di quanto affermato nelle due sedi ufficiali sopra citate, va segnalato che nel numero 11/2012 di novembre della rivista scientifica «Neuromuscular Disorders», è stato pubblicato un articolo, sotto forma di Lettera all’Editore, in cui i ricercatori Marco Carrozzi, Alessandro Amaddeo, Andrea Biondi, Caterina Zanus, Fabrizio Monti e Alessandro Ventura hanno voluto portare all’attenzione della comunità scientifica internazionale la propria «recente esperienza sull’uso delle cellule staminali mesenchimali intratecali sui bambini con SMA 1».
Prima di riassumere brevemente i punti chiave della lettera, nella nostra traduzione italiana, specifichiamo che gran parte dei firmatari di essa operano presso l’IRCCS Burlo Garofalo di Trieste, la struttura dove Stamina Foundation si era appoggiata per i propri trattamenti, prima di interromperli e di approdare agli Spedali Civili di Brescia.
Si legge dunque nella lettera che «un’applicazione di successo delle cellule staminali mesenchimali umane nell’ambito di altre malattie ha avuto un forte impatto sull’opinione pubblica e un’ordinanza del Tribunale locale ha sollecitato il nostro Ospedale ad usarle come terapia compassionevole nell’ambito della SMA, come richiesto da alcune famiglie». Seguendo questa indicazione e dopo il consenso del Comitato Etico, quindi, i medici del Burlo hanno acconsentito ad iniziare questo tipo di trattamento su un numero, va sottolineato, molto ridotto di bambini con SMA 1 - esattamente cinque -, con l’accordo che vi sarebbe stato uno stretto monitoraggio degli effetti clinici e neurofisiologici dello stesso e che l’Ospedale avrebbe avuto diritto di interromperlo in presenza di effetti collaterali o qualora, dopo sei mesi, il trattamento non avesse fatto osservare effetti evidenti. «Nei tre piccoli pazienti che hanno completato i sei mesi di trattamento - continua la lettera - vi è stato un progressivo declino delle funzioni motorie […] e nessuna evidenza clinica di miglioramento».
I risultati dello studio sono stati pertanto sottoposti dal Burlo a un Comitato Scientifico esterno di esperti che ha potuto accertare che il decorso clinico dei pazienti trattati non ha mostrato alcun miglioramento e non ha portato ad effetti o esiti diversi da quelli che interessano oggi i bambini con SMA 1. Per questo, «a causa di un’assenza di efficacia, il Burlo Garofalo nel dicembre 2011, d’accordo con il Comitato Etico, ha interrotto la sperimentazione».
Particolarmente importante e da sottolineare - per fornire un ulteriore contributo di chiarezza sulla vicenda e permettere a ciascuno di trarre le proprie conclusioni - è l’appello conclusivo degli autori della lettera, ove si afferma che i risultati da loro ottenuti mettono in evidenza il rischio che la combinazione di una «bolla mediatica», insieme alla «speranza dei genitori» e unite al supporto di Tribunali che si dimostrano «partecipi e vicini a famiglie con bambini con gravi malattie», possa produrre delle vere e proprie «scorciatoie nella progettazione di studi clinici che avrebbero bisogno di informazioni precliniche più rigorose, di misure più accurate di sicurezza ed efficacia, e che potrebbero addirittura mettere i pazienti a rischio di potenziali effetti collaterali della terapia».
Alla luce di tutto quanto detto, intendiamo con la presente ancora una volta sensibilizzare i Cittadini sui potenziali rischi derivanti da questo tipo di trattamenti.
Inoltre, dal momento che la decisione del Giudice del Lavoro di Venezia, Margherita Bortolaso - chiamata a pronunciarsi sulla vicenda dopo il ricorso della Famiglia Carrer, riguardante un primo stop alla sperimentazione, sancito dall’AIFA - ha consentito la prosecuzione dei trattamenti agli Spedali Civili di Brescia, riteniamo doveroso reiterare la nostra richiesta ai responsabili di fornire ai Cittadini e alla comunità scientifica una serie di evidenze, spiegando, ad esempio, quali elementi differenzino il lavoro svolto a Brescia da quello precedentemente condotto a Trieste, e chiarendo altresì per quali ragioni il Ministero della Salute intenderebbe fermare una sperimentazione, se questa non presentasse pericolose anomalie.
Il Presidente Nazionale UILDM Alberto Fontana
La Commissione Medico-Scientifica Nazionale UILDM
(26 novembre 2012)