La disabilità è una condizione che non interessa solamente la persona che la vive, ma colpisce l’intero contesto famigliare. Una figura che spesso rimane nell’ombra è il fratello o la sorella della persona disabile. Il rapporto fraterno ha delle caratteristiche specifiche di reciprocità. I fratelli condividono l’amore e le attenzioni dei genitori, il contesto sociale e culturale, l’infanzia e l’adolescenza, le diverse esperienze dell’esistenza. Sono gli amici che non scegliamo, ma che la vita ci regala.
I fratelli e le sorelle delle persone con disabilità vengono chiamati “Siblings” e vivono una sfida maggiore nel legame fraterno. Sono molto differenti infatti le reazioni alla disabilità e il conseguente comportamento di questi fratelli: le difficoltà vissute in famiglia possono portare grandi opportunità e comportare alcuni rischi. Talvolta, sentendo il peso della malattia, i siblings possono subire disagi a livello psicologico, altre volte invece riescono a instaurare un rapporto di straordinaria normalità.
In questa rubrica racconteremo la storia di alcuni fratelli e sorelle che vivono la realtà della UILDM.
Davide e Nicoletta
Nicoletta è la sorella minore di Davide, li dividono cinque anni di differenza. Hanno uno splendido rapporto confidenziale, concreto e autentico. La disabilità di Davide è stata vissuta con assoluta normalità, l’intera famiglia ha sempre fatto di tutto affinchè lui potesse costruire una vita piena e realizzata. E così è stato. Protagonista importante in questa sfida è stata proprio Nicoletta.
Il punto di vista di Davide
«Quando si stavano manifestando i primi sintomi della malattia, io facevo la quinta elementare e lei non era ancora consapevole, anche perché all’epoca ero ancora autonomo e quindi, al di là di cadere ogni tanto, ero un bambino normalissimo. – racconta Davide - I miei genitori non hanno mai fatto differenze tra di noi, ci hanno sempre riservato il medesimo trattamento e la stessa educazione e non hanno mai fatto pesare la mia disabilità. Da piccoli abbiamo giocato molto insieme, eravamo bimbetti vivaci che trascorrevano il pomeriggio tra biciclette, corse, giocare a “guardie e ladri”. Abbiamo avuto un’infanzia tranquilla e felice. Il legame si è rafforzato quando siamo diventati un po’ più grandi, lei era più autonoma perché aveva un lavoro e la patente e ha cominciato ad accompagnarmi a fare shopping, a qualche cena, a delle feste. Ricordo in particolar modo un viaggio a Roma con il Gruppo Giovani della UILDM, in cui Nicoletta per la prima volta mi ha assistito totalmente. Quell’occasione era stata una bella sfida, ma mia sorella ha dimostrato tutta la sua grandezza e disponibilità. Io e Nicoletta caratterialmente siamo molto simili: parliamo poco ma siamo molto concreti, abbiamo lo stesso stile e gusti simili, anche nel modo di vestire. Ci siamo sempre capiti al volo. Lei è spontanea, buona, attiva, mi ha sempre stimolato a rincorrere le mie passioni e a fare una vita normale».
Il punto di vista di Nicoletta
«Quando si stavano manifestando i primi sintomi della malattia io ero piccola e non mi rendevo conto esattamente di cosa stava succedendo – racconta Nicoletta - con il passare del tempo io crescevo e cominciava a crescere la consapevolezza: mio fratello faceva fatica a fare le scale, aveva difficoltà nel salire e scendere dalla macchina. Ricordo ancora alcune delle molte visite fatte, gli esami, la diagnosi. I nostri genitori sono stati bravissimi a non farci mai pesare la situazione, anzi! Sono sempre stati buoni e comprensivi nei nostri confronti. Io e Davide fin da piccoli abbiamo sempre avuto un bel rapporto, di gioco, sintonia e complicità. Quando ho iniziato ad essere indipendente e chiaramente più consapevole, ci siamo avvicinati ancora di più. Lui è entrato a far parte della UILDM di Verona e io lo accompagnavo alle gite sul lago, alle feste, alle pizzate organizzate dal Gruppo Giovani. In qualsiasi situazione che abbiamo condiviso era lui che aiutava me, proprio come un fratello maggiore: mi chiedeva se avevo bisogno e riusciva a mettermi a mio agio in qualsiasi circostanza. Quel periodo per me è stato determinante, ha rappresentato un importante percorso di crescita e maturità. Io e Davide siamo simili in tante cose, sia nei gusti che nel modo di pensare. Non siamo dei chiacchieroni ma ci stimoliamo a vicenda con i fatti. Lui per me è sempre stato un esempio da seguire sin dai tempi della scuola, perché alle superiori era bravissimo. Davide mette tanto impegno ed energia nelle cose che fa. È ambizioso e questa è una caratteristica che ci accomuna: grazie a questo spirito infatti abbiamo concretizzato le nostre passioni, sostenendoci a vicenda».
(v. b.)