«Il volontariato? Deve essere coinvolgente»

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Dal 7 al 13 ottobre torna la Settimana delle Sezioni UILDM. Sette giorni per far conoscere le attività e l'impegno delle nostre Sezioni, che ogni giorno sono al fianco di chi ha una distrofia muscolare e si impegnano per migliorarne la qualità della vita. In vista di questo importante appuntamento abbiamo intervistato Emanuele Alecci*, presidente del Centro Servizi Volontariato di Padova, città che nel 2020 diventerà Capitale Europea del Volontariato. Gli abbiamo chiesto quali sono le priorità del volontariato italiano, quali sfide deve affrontare. La principale è che «il volontariato per catturare i giovani deve essere coinvolgente».

Quando ha iniziato a fare volontariato?

Sono partito con Caritas di Padova due giorni il 23 novembre 1980, direzione Irpinia. C’era appena stato il terremoto. Sono stato in quelle zone per un anno, come volontario in un campo di lavoro: si cercava di ricucire la comunità dopo la devastazione, creando momenti di aggregazione. Seguivo in particolare i giovani. Ho iniziato così. Poi nel tempo i miei punti di riferimento sono diventati Don Giovanni Nervo di Caritas e Luciano Tavazza. Un padre, un amico, davvero un punto di riferimento. Anche l’esperienza al Cnel è stata importante, lì ho avuto l’occasione di fare parte di un gruppo di lavoro sulla disabilità.

Cosa significa essere volontario oggi rispetto a quando ha iniziato lei?

Le sfide da raccogliere oggi sono molto impegnative. È necessario togliersi di dosso quella “polvere” assistenziale che è ancora presente. Basta essere concentrati sul proprio orto! E Più che parlare di volontariato è meglio parlare di volontariati, al plurale: se vogliamo davvero ripensare la nostra comunità dobbiamo stare insieme. Le soluzioni si trovano in modo concertato, dialogando con la pubblicazione amministrazione, il beneficiario del servizio, con i tecnici. I punti di vista diversi fanno funzionare un sistema. In ogni caso oggi è importante che il mondo del volontariato sia inclusivo. Questa secondo me è una nuova frontiera da raggiungere. Chi ha una disabilità può essere un volontario come gli altri e portare il proprio contributo alla comunità, diventando anche più autonomo. Se non capiamo questo non cambieremo mai. Intorno alla parola “inclusione” va fatta davvero una riflessione che a mio parere va verso una riattualizzazione della Carta dei Valori del volontariato, uno strumento al quale ho lavorato anch’io.

Padova sta per diventare Capitale europea del volontariato. Un’opportunità di crescita da molti punti di vista, anche economico…è d’accordo?

Assolutamente. L’esperienza che Padova si sta preparando a fare è quella di un vero e proprio laboratorio per ricucire i rapporti di comunità. E l’aspetto economico non è affatto secondario. È innegabile che le attività del Terzo Settore fanno risparmiare lo Stato. Abbiamo bisogno di riflettere in questo senso perché dobbiamo pensare a dare risposte anche economiche. Dobbiamo essere in grado di analizzare e prendere delle decisioni. Non basta dire “no”. Padova Capitale Europea vuole creare cultura anche in questo ambito.

Saper fare, saper pensare, saper progettare: un lavoro! Che confine si può tracciare tra il volontariato e il lavoro?

Leggo il connubio in modo positivo. Così come il volontariato può generare lavoro, così il mondo del lavoro può apprendere dal Terzo Settore. Come nel caso delle cooperative, un esempio virtuoso nato dal volontariato.

Quali sono le priorità del volontariato italiano?

Ci sono molte cose da dire! Ma se devo individuare dei temi prioritari per me sono l’educazione alla cittadinanza responsabile, l’invecchiamento della popolazione e la questione immigrazione, per la quale è necessario pensare a delle nuove forme di gestione. Non può ovviamente mancare una reale attenzione all’ambiente: dobbiamo fare scelte responsabili, il clima dell’ultimo periodo ce lo ha fatto ricordare in modo eclatante.

Spesso si invitano i giovani a diventare volontari. Ma tutti, a ogni età, abbiamo qualcosa da dare.

Riguardo ai giovani dobbiamo essere in grado di fare proposte coinvolgenti, solo così possiamo essere esigenti nei loro confronti. In genere dietro alla scelta di fare volontariato c’è qualcuno che ti ha trasmesso un’emozione, un vissuto forte. È più difficile far innamorare gli adulti e convincerli che fare volontariato fa stare bene prima di tutto con se stessi. Con loro si tratta di saper costruire anche nel tempo libero. A questo proposito, nel contesto di Padova Capitale europea del volontariato, ci sarà un gruppo di lavoro dedicato al volontariato civico, per trasmettere buone prassi a chi ad esempio è in pensione.

*Alecci è stato presidente del Movimento di volontariato italiano (MoVI) dal 1998 al 2005, componente dell’Osservatorio nazionale sul volontariato della Presidenza del Consiglio dei ministri, consulente del ministero delle Politiche sociali, consigliere del Cnel in rappresentanza del volontariato, presidente dell’associazione Luciano Tavazza. Attualmente è presidente del CSV Padova (dal 2016), consigliere di amministrazione della cooperativa Solidarietà di Padova e account manager di Poste Italiane spa. Ha pubblicato: “Tra Identità e Solidarietà” (Tamari Montagna, 1995), “Giovani e associazionismo nel Veneto” (Edizioni del Rezzara, 2002), “Advocacy. Restituire un ruolo politico al volontariato” (Csv Padova, 2008); ha curato con Guido Turus la raccolta di scritti di Luciano Tavazza “Il cercatore di Arcobaleni” (MoVI, 2009) e con Mariano Bottaccio “Fuori dall’Angolo” (L’ancora del Mediterraneo, 2010). Dal febbraio 2018 fa parte del consiglio direttivo di CSVnet.

(Chiara Santato)

 

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