Disferlinopatie

share on:

di Luisa Politano*

Le disferlinopatie  (Limb Girdle Muscular Dystrophy 2B o LGMD2B) appartengono al vasto ed eterogeneo gruppo delle distrofie muscolari dei cingoli ad ereditarietà autosomica recessiva, trasmesse cioè da un’alterazione del DNA presente in entrambi gli elementi della coppia di cromosomi. A tali patologie abbiamo già dedicato un ampio approfondimento generale in DM 170 (pp. 41-44) al quale rimandiamo.

Per quanto poi riguarda il termine disferlinopatia, esso deriva dal fatto che la malattia è provocata da mutazioni nel gene della disferlina [1 ,2], posto sul braccio corto del cromosoma 2 (2p12-14). La proteina disferlina è coinvolta nei processi di riparazione delle membrane, nella differenziazione dei mioblasti e nella tubulogenesi.

Quadro clinico

 Dal punto di vista fenotipico, la disferlinopatia può presentarsi con differenti quadri clinici [3-5]:

•Distrofia muscolare dei cingoli (LGMD2B);

•Miopatia di Miyoshi (MM);

•Miopatia distale con iniziale coinvolgimento

•Miopatia del muscolo tibiale anteriore (il muscolo della faccia anteriore della gamba) (DMAT);

•IperCKemia isolata;

•Sindrome della spina (rachide) rigida (RSS).

 

La LGMD2B è caratterizzata dalla prevalente debolezza e atrofia muscolare di entrambi i cingoli (pelvico e scapolare), che di solito insorge nella seconda decade di vita, più raramente nella terza e nella quarta. La MM è una distrofia distale ad esordio nell’età adulta, caratterizzata dal prevalente interessamento dei muscoli del polpaccio. La DMAT è anch’essa una distrofia distale, caratterizzata però dal prevalente interessamento dei muscoli del compartimento anteriore degli arti inferiori.

 L’iperCKemia isolata è di frequente riscontro nei cosiddetti “casi preclinici”, ove in età precoce, ed è quasi sempre riscontrata occasionalmente. Infine, la RSS è una distrofia congenita caratterizzata da rigidità della colonna vertebrale, debolezza muscolare e problemi respiratori. La LGMD2B è la forma più frequente di distrofia dei cingoli nei Paesi occidentali ed in Giappone, subito dopo la calpainopatia. Di solito i pazienti riferiscono un normale sviluppo delle tappe motorie. I sintomi all’esordio consistono in difficoltà nel correre e nel salire le scale; è presente un’andatura particolare, caratterizzata dal precoce coinvolgimento dei muscoli della faccia posteriore delle cosce e delle gambe (adduttori, gastrocnemi e soleo). I muscoli del cingolo superiore (spalla e braccia) vengono invece coinvolti più tardivamente, specialmente il sopra e sotto-spinato e il bicipite.

Sintomatologia.  Nelle fasi iniziali della malattia, i pazienti possono presentare solo una lieve debolezza prossimale del cingolo superiore (scapolo-omerale), anche se tecniche di RMN muscolare sono in grado di evidenziare precocemente anche il coinvolgimento del cingolo pelvico [3-5]. Nell’ambito di un’ampia variabilità fenotipica, sono state segnalate anche forme ad esordio congenito, forme insorte dopo i settant’anni e casi di portatori sintomatici. Da segnalare inoltre che la diagnosi di disferlinopatia può riguardare pazienti che fino a pochi mesi prima dell’insorgenza della debolezza muscolare avevano praticato attività sportiva, spesso a livello agonistico. Tale pregressa attività - così come la presenza di un quadro infiammatorio a livello della biopsia muscolare – sembra influenzare negativamente il decorso e l’evoluzione della patologia. [6,7]

La malattia progredisce velocemente dopo i vent’anni, portando alla perdita dell’autonomia motoria e al confinamento in carrozzina. I livelli di creatinchinasi (CK) sono molto elevati (fino a cinquanta volte il valore massimo normale) e paragonabili a quelli che si osservano nelle distrofinopatie, ma a differenza di queste ultime, essi permangono elevati per lungo tempo negli anni. Il coinvolgimento cardiaco è raro, e circa il 50% dei pazienti presenta problemi respiratori. [8]

Genetica

 Il gene della disferlina è composto da cinquantacinque esoni. La maggior parte delle mutazioni riscontrate consistono in piccole sostituzioni o piccole inserzioni/delezioni (indels), che rendono necessaria un’analisi dell’intera sequenza genica per essere identificate [9] ed implicano tempi diagnostici dilatati. L’indagine può non essere fruttuosa in circa 5-10% dei pazienti dove mutazioni introniche “nascoste” potrebbero essere in causa. La recente introduzione di metodiche molecolari più sofisticate quali la NGS (next generation sequencing o sequenziamento di nuova generazione) ha permesso il miglioramento della diagnosi  con l’individuazione di un maggior numero di casi. [10]

Diagnosi

La diagnosi - sospettata su base clinica  - si fonda sul riscontro di mutazioni nel gene corrispondente mediante NGS o sul riscontro dell’assenza completa o parziale della disferlina a livello del muscolo, mediante biopsia muscolare [11,12]

L’assenza completa di disferlina più facilmente correla con la possibilità di identificare entrambe le mutazioni nel gene della disferlina. [12]

Recentemente, si è dimostrato la presenza di disferlina anche in alcune cellule del sangue (monociti) offrendo nuove opportunità diagnostiche non invasive [13]

Trattamento

Come per tutte le malattie muscolari di origine genetica, non esiste, al momento, un trattamento  in grado di guarire i soggetti affetti. Tuttavia, numerosi tentativi terapeutici sono stati effettuati sui pazienti con alterni risultati. Il trattamento con il corticosteroide Deflazacort, condotto in Germania su venticinque pazienti deambulanti, non ha mostrato dopo un anno alcun miglioramento nella forza e nella funzione muscolare. [15] Invece, il trattamento con l’immunosoppressore Rituximab  ha avuto effetto favorevole in due pazienti.[16]  Analogamente un aumento dell’espressione della disferlina è stato riscontrato nei monociti di pazienti con disferlinopatia trattati per 1 anno con vitamina D3OH, [17]. Entrambe queste terapie necessitano di essere validate su un numero maggiore di pazienti.

Studi preclinici

Topi privati di disferlina e sottoposti a trattamento con alofuginone, un antiprotozoario, per 4 mesi hanno mostrato una riduzione del numero di miofibre centro-nucleate, degli infiltrati infiammatori e del contenuto di collagene, nonché una marcata riduzione della fibrosi cardiaca. [18,19]

La somministrazione continua di poloxamer 188 (P188) - un copolimero lineare non ionico, approvato dalla FDA  americana circa 50 anni fa come agente terapeutico per ridurre la viscosità del sangue , prima delle trasfusioni di sangue – in topi privi di disferlinaprovoca una migliore motilità dei topi. [20]

La somministrazione per 90 giorni di alte dosi di coenzima Q10 e resveratrolo in topi deficitari di disferlina, ha mostrato una marcata riduzione della componente infiammatoria  nei muscoli quadricipiti ed un miglioramento dell’integrità tissutale. [21]

Ibuprofen, un farmaco anti-infiammatorio non steroideo di uso comune va evitato bei pazienti con disferlinopatia. [22]

Trial clinici

  1. rAAVrh74.MHCK7.DYSF.DV  per il trattamento delle Disferlinopatie

E’ una terapia con virus adeno-associato ricombinante che trasporta un il gene disferlina sotto il controllo di un promotore MHCK7 specifico per il muscolo. Questo è uno studio di sicurezza e tollerabilità di fase I, che comporta la somministrazione intramuscolare diretta di rAAVrh.74.MHCK7.DYSF.DV nell’estensore del muscolo digitorum brevis (EDB). Lo studio è stato progettato come uno studio randomizzato, controllato, a dosi crescenti, con un muscolo EDB che riceve il gene trasportato dal virus ed il contro laterale che riceve la soluzione salina. La prima coorte, comprensiva di tre soggetti con disferlinopatia, riceverà una dose totale di trasferimento genico di 2 x 10 ^ 12 genomi vettoriali. Le biopsie muscolari verranno eseguite al 45° giorno (due soggetti) e al 90 ° giorno (un soggetto). Se non ci sono problemi di sicurezza, tre soggetti aggiuntivi saranno arruolati e riceveranno una dose intensificata a 6 X 10 ^ 12 vg (dose totale). Le biopsie muscolari nella seconda coorte verranno eseguite al 90 ° giorno (un soggetto) e al 180 ° giorno (due soggetti). Questo protocollo offre un periodo di osservazione massimo che va da 6 settimane a 6 mesi per essere certi di acquisire sia l'espressione genica transitoria che ritardata, sia per riconoscere l'espressione prolungata. [23]       

  1. Inibizione proteasomica nei pazienti con mutazioni missenso nel gene della disferlina

Una serie di esperimenti in-vitro hanno dimostrato che bortezomib possa proteggere dalla degradazione muscolare i pazienti con disferlinopatia che presentano particolari mutazionidel DNA. [24]

Altre ricerche future si  basano sull’uso  di un mini-gene (minidisferlina) o anche di tecniche di exon-skipping, come già fatto nella distrofia di Duchenne. [25]

 

*Dipartimento di Medicina Sperimentale - Servizio di Cardiomiologia e Genetica Medica - Università di Napoli “Luigi Vanvitelli”

testo aggiornato nel mese di luglio 2018.

Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Coordinamento Commissione Medico-Scientifica UILDM

c/o Direzione Nazionale UILDM

tel. 049/8021001/ commissionemedica@uildm.it.

Ritratto di admin

Margaret

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut at vulputate sem, at efficitur nibh. Aliquam sit amet nulla vel ipsum ornare commodo a a purus