Gabriella, una vita UILDM

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Per dieci anni ha fatto l’insegnante, poi la decisione di “saltare” in un mondo che non lascerà mai più. Gabriella Rossi, volontaria e “mamma” di tanti ragazzi racconta come UILDM le ha cambiato la vita.

 

Come hai conosciuto UILDM?

L’incontro con l’associazione è stato fortuito e casuale. Anno 1984, da poco laureata e insegnante di ruolo da circa dieci anni. Insegnare per me era una professione appassionante ed è stata un’esperienza bellissima. Erano gli anni dei Decreti Delegati, della chiusura delle scuole speciali, delle battaglie per l’integrazione sociale, dei collettivi degli insegnanti e dei genitori democratici. Contagiata da tali idee e fermamente convinta del valore di un nuovo umanesimo, rispondo a un annuncio del settimanale della città e mi propongo come “dirigente psicologo di un consultorio genetico e come coordinatore di azioni di supporto a persone con handicap fisico”.

Lascio la scuola con non poche difficoltà: dagli amici le domande «Chi te lo fa fare? Lasciare un lavoro statale per un’associazione privata?» erano all’ordine del giorno. In Provveditorato nessuno sapeva indicarmi la strada per l’aspettativa e a scuola, agli sgoccioli di una quinta elementare in odore di esami, i genitori degli alunni nei consigli di classe aumentavano il senso di colpa per un abbandono “inopportuno”.

Ricordo che pensai: «Ho quasi trent’anni: se non lo faccio ora sarà un’occasione persa». Lo confesso: da sempre sono attenta a comprendere e dare significato a gesti, eventi o incontri “casuali”, un’attitudine che non mi ha mai tradito.

Così conobbi UILDM in generale e, in particolare la Sezione di Monza, che ospitava il consultorio lombardo. Dopo sei mesi di prova, fui assunta. L’annuncio non lasciava trapelare nulla di quella rara malattia, la distrofia – e di quella allora sconosciuta associazione il cui acronimo nemmeno riuscivo a pronunciare – così ho imparato sul campo come fare, come relazionarmi, quali attenzioni porre, quali bisogni e che risposte dare ma anche quale mondo di significato e di lotta stava dietro alle persone con disabilità.

UILDM ti ha proprio cambiato la vita…

Devo moltissimo a questa associazione, sia come professionista che come donna. Nel mio lavoro ho affrontato tematiche a me molto care: la difesa dei diritti delle persone in generale e l’affermazione del loro valore. Il rispetto del genere e della dignità, il diritto alla consapevolezza, alla scelta e alla tutela della maternità e della paternità consapevoli, il diritto a una sessualità libera e alla prevenzione. Ho lavorato per la difesa dei diritti delle persone in svantaggio fisico, mentale e/o sociale - troppo spesso negati o prevaricati da una comunità poco attenta e superficiale;  la difesa del diritto di esprimere i propri valori e i propri “credo” nel rispetto degli altri; il diritto di tutti a una vita dignitosa in cui ritrovare senso e qualità. Ho lavorato anche richiamando l’attenzione sui doveri: non girare la testa dall’altra parte, ma assumersi la responsabilità di scelta ed esporre le proprie idee, confrontarsi continuamente con gli altri e imparare a lavorare in gruppo senza prevaricare… ma soprattutto a “partecipare”.

Diciotto anni di consultorio UILDM, un servizio che mi ha permesso di incontrare tante persone: ogni incontro, ogni relazione ha una sua valenza e una ricchezza umana. Questa esperienza professionale mi ha permesso di condividere e partecipare attivamente anche alla nascita della stretta collaborazione con Fondazione Telethon. Come dimenticare il freddo e la neve della prima raccolta fondi? Avevamo organizzato un camper posizionato nella piazza dell’Arengario di Monza che pubblicizzava l’evento e coinvolgeva la comunità. Siamo rimasti lì per 48 ore, notte compresa, perennemente sintonizzati con la Rai che trasmetteva la maratona.

L’investimento nella ricerca è sempre stata la mission fortemente sostenuta dai nostri soci. Era implicito che l’impegno di ciascuno di noi, volontari o dipendenti, fosse massimo nel sostenere la maratona. UILDM e Telethon hanno un obiettivo comune, far conoscere le problematiche legate alle distrofie e alle patologie genetiche e adoperarsi perché sia data dignità al valore della ricerca, troppo dimenticata in Italia.

La stesura del protocollo per il servizio di psicologia clinica di NeMO Milano è stato un traguardo professionale e umano importantissimo; per questo UILDM, Telethon e i Centri NeMO non sono solo servizi alla persona, ma sono relazioni e persone.

Com’è nata la scelta di continuare il tuo impegno come volontaria?

A dir la verità non ho mai smesso. Prima di essere assunta, nei sei mesi di “prova” ho avuto modo di partecipare al mio primo  “campo vacanza UILDM”. Avevo chiesto io di poter partecipare perché, non conscendo nulla della distrofia, volevo comprendere nella quotidianità che cosa significasse e prendere familiarità con una condizione di vita a cui stavo per approcciarmi professionalmente. Inutile dire quale risultato emerse da quella scelta… imparai ad organizzare io i campi. Quindi lavoravo per il Consultorio del Comitato Regionale Lombardo e partecipavo come volontaria alla vita della Sezione.

 

Francesca, tua figlia, ha seguito le tue orme di volontaria?

Il coinvolgimento non fu solo di Francesca, la mia figlioccia, ma anche di suo padre Marcello, il mio compagno di vita da quarant’anni. Era il 1986 e per il campo in Sardegna avevo bisogno di un mezzo e di un autista. Francesca allora era una ragazzina di 14 anni non ancora compiuti. Era nella logica della nostra famiglia che ci seguisse e alla mia domanda: «Che ne pensi di una vacanza così diversa?» lei mi rispose che la riteneva una bellissima proposta e che le piaceva molto l’idea. Conobbe Leila ed entrambe si presero cura di Elenina, che rimarrà una tra le sue migliori amiche.

Iniziò in quella vacanza anche una relazione amicale e affettiva con Leo [ Leonardo Baldinu, consigliere nazionale UILDM, mancato nel 2018, n.d.r.]. Un legame stretto e indissolubile che li ha accompagnati in molte delle loro scelte di vita. Coinvolgere Marcello fu altrettanto facile per la sua storia di vita: in casa per prenderlo in giro a volte lo chiamavamo il “lupetto” richiamando la sua esperienza di scout. Impegnarsi volontariamente per UILDM è stato per lui “naturale” perché con l’impegno in associazione ha dato seguito a ideali e valori a cui era stato educato. Per entrambi, come per me, il coinvolgimento non è mai venuto meno.

 

Regalaci un ricordo in particolare…

Sono davvero tanti, ognuno con una sua specificità e valore. Molte persone e molti amici non ci sono più, ma tanti altri accompagnano ancora questa avventura. Tutti importanti, tutti significativi, con tutti dei legami più o meno “nodali” e sentiti.

L’episodio che ricordo spesso, anche durante gli incontri in cui parlo della mia esperienza, è il mio primo incontro con Leo. Contesto: sala d’attesa del consultorio genetico di UILDM Lombardia. Primo colloquio di lavoro per l’eventuale assunzione. Non so nulla di distrofia, Leo mi raggiunge da dietro e mi sorride. È un ragazzino che sfreccia con la sua carrozzina elettronica nei corridoi del centro. Una buona dose di simpatia stampata in volto, mi sento in dovere di presentarmi. Così allungo la mia mano in gesto di educazione. Lui mi guarda e sorridendo –con un po’ di sfottò – mi dice: «Se proprio vuole la mia mano, se la prenda! Io fino a lì, non ci arrivo». Avrei preferito scomparire: l’avevo combinata proprio grossa…ma a combinarla del tutto è stato trovare un clima emotivamente coinvolgente, un ambiente di lavoro ricco di umanità e un luogo dove il prendersi cura dell’altro era lo scopo dell’esistenza stessa dell’associazione. Ero arrivata, e sono, a casa mia.

 

Anche Gabriella il 4 e 5 maggio scenderà in piazza al fianco delle mamme rare per sostenere la Campagna di Primavera Telethon-UILDM “Io per lei”.

All'appello delle mamme rare rispondi anche tu "Io per lei"! Cerca la piazza più vicina a te sul sito www.telethon.it.
 
>>>Leggi la storia di Sonia, una mamma rara.

(v. b.)

Ritratto di uildmcomunicazione

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