La lunga storia di DM

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Ecco lo speciale dedicato al numero 200 di DM, la rivista che accompagna l'associazione da sempre. Ripercorriamone insieme la storia riavvolgendo il nastro all'indietro. Lo potete leggere anche in formato digitale qui.

a cura di Barbara Pianca

 

INDICE

 

DM 2020, verso la commistione digitale

I l giornale che coordino dal 2013 prova a stare al passo con la velocità dei tempi moderni. È stato aggiornato nella sua veste grafica affinché la forma rispecchi l'autorevolezza dei contenuti, di interesse non solo per il pubblico interno. Seguendo l'ormai consolidato processo di professionalizzazione delle figure che lavorano nel non profit, molte sue pagine sono scritte da alcuni giovani soci giornalisti: Manuela Romitelli, Manuel Tartaglia, Valentina Bazzani e Renato La Cara. Quanto alla sua funzione, non potendo ambire al racconto dell'attualità, in questo sostituito dal sito web e dai social, si propone come luogo di approfondimento grazie agli Speciali, suggeriti da Franco Bomprezzi nell'ultimo anno da direttore responsabile prima della sua morte, e come uno dei mezzi per diffondere i messaggi del fundraising. Ancora, DM oggi dedica molte pagine ai contenuti associativi perché sempre più numerose sono le attività della Direzione nazionale, lasciando però spazio anche alle Sezioni analizzate ai Raggi X e alle voci dei singoli — a cura di Barbara Pianca e dei gruppi associativi che parlano attraverso le rubriche, divenute talmente numerose che appaiono a rotazione. Recente è l'ultima sezione del giornale, dedicata alle storie stra-ordinarie, voluta fortemente dal presidente Marco Rasconi per dare voce all'immenso patrimonio narrativo delle persone che insieme fanno l'Associazione. Quanto alla periodicità, nel tempo DM da trimestrale è diventato quadrimestrale e ora avete in mano il primo numero che ne testimonia la nuova semestralità. UILDM non rinuncia allo strumento con cui è nata e che è importante per chi non usufruisce degli altri ormai numerosi strumenti a disposizione online. Nel frattempo, però, si è avventurata nella strada della tecnologia che ha dimostrato tutta la sua importanza nei recenti mesi dell'isolamento: l'Associazione, come sapete, ha messo a punto una App proprietaria, che presto scaricherete sui vostri smartphone, per navigare in modo dinamico tra le pagine di DM e trovare aggiornamenti frequenti che la rivista cartacea non può garantire.

 

1992-2013, il coordinamento di Stefano Borgato

Da DM 108 al 181, oltre 70 numeri sono stati redatti sotto il coordinamento di Stefano Borgato, laureato in Storia contemporanea a Venezia.

Quali caratteristiche ha avuto il giornale sotto la tua guida?

Ho iniziato la mia attività proponendo un cambio della grafica, appoggiandoci alla cooperativa padovana Gulliver, e la divisione dei contenuti in tre grandi settori: gli argomenti sociali, le opinioni e i temi medico-scientifici. Cambiammo nome al giornale, che si chiamava Distrofia Muscolare, e da bianco e nero mettemmo la copertina a colori e l'interno con il rosso e il nero. Nel 2003 avremmo cambiato di nuovo la grafica, appoggiandoci a Satiz di Milano e introducendo il colore. Con gli argomenti sociali informavamo in modo ampio sulle malattie neuromuscolari, allargando l'orizzonte a temi sociali comuni con altre persone con disabilità. I temi medico-scientifici venivano presentati con il filtro della redazione, in modo da renderli comprensibili per tutti. Quanto alle testimonianze dirette, il tentativo è stato quello di far parlare molto e direttamente le persone con disabilità. Prima lo facevano solo i medici e i presidenti di associazione.

Altro elemento caratterizzante i tuoi anni è stata l'introduzione delle Grandi Vignette.

Abbiamo iniziato con Bruno Bozzetto e Altan, grazie a un contatto di UILDM Bergamo. Per la maggior parte le collaborazioni sono state gratuite. Volevamo trattare i temi più pesanti con il sorriso. Alcune vignette hanno anticipato i tempi, come Staino che ha disegnato un uomo in carrozzina con un pappagallo sul braccio: “Io portatore di handicap? Veramente è un pappagallo”: senza saperlo ha anticipato tutti i discorsi sul linguaggio della disabilità. Anche le pagine di satira di Gianni Minasso rispondono allo stesso tentativo di sorridere.

Chi scriveva nel giornale?

Non avevamo collaboratori fissi fino a che non siete arrivate tu e Crizia Narduzzo. Avevo creato una rete di fiducia e sono tanti i nomi di chi ha dato sostanza alle pagine di DM, i primi che mi vengono in mente sono Edvige Invernici, Gianni Minasso, Enrico Lombardi, Simona Lancioni, Tino Chiandetti, Gianfranco Bastianello, Roberto Frullini, Francesco Miotto, Liana Garini, Tiziana Treccani, Carlo Giacobini ha sempre curato la parte legislativa.

Chi erano i direttori?

Per tutti gli anni della mia attività, Franco Bomprezzi, che tra il '98 e il 2001 è stato anche presidente nazionale. Enrico Lombardi invece era il direttore editoriale, e anche lui è stato presidente nazionale dal 2001 al 2004.

 

Cari ventenni di oggi - di Enrico Lombardi

Penso che in casa mia (sia quella di origine sia quella attuale) non sia mai mancata una copia di DM. Certo, una volta il nome era diverso, per non parlare del formato. Però c'è sempre stata. Da bambino guardavo con un po’ di diffidenza quello strano giornaletto senza colori. Ritenevo fosse una cosa da grandi. Verso la metà degli Anni 80 invece ho cominciato a sfogliarlo e a leggere ogni sua parte. Tutto, tranne gli articoli che riguardavano la ricerca medico-scientifica. Probabilmente, la mia era una sorta di negazione. Leggevo con grande interesse gli articoli di Franco Bomprezzi, Roberto Bressanello, Edvige Invernici, Gabriella Rossi e tanti altri. Da ognuno c’era da imparare qualcosa. Sempre. Poi decisi di fare il grande passo. Provare a cimentarmi anch’io con la scrittura. Avevo circa 20 anni. I miei primi articoli era ironici e dissacranti. Oggi si direbbe politicamente scorretti. E in effetti devo dire che suscitavano sempre reazioni opposte. C’era chi li apprezzava (per fortuna la maggior parte dei lettori) e chi invece magari si sentiva offeso. Io credo che dietro quel cinismo che ostentavo in realtà ci fosse un bel po’ di ansia, di disagio e anche di rabbia. Del resto ero poco più che un adolescente che iniziava a fare i conti con la sua disabilità. Non c’è dubbio che proprio attraverso DM mi sono avvicinato all’associazione fino a farne parte nelle sue varie componenti. Ma soprattutto attraverso il dibattito, il confronto con gli altri (sempre stimolato con grande abilità da Stefano Borgato) sulle pagine del giornale, sono riuscito a maturare e a diventare la persona che sono. Mi piace pensare che da qualche parte, anche oggi, ci sia un ragazzino impaurito che decide di sfogliare per la prima volta quello strano giornaletto chiamato DM.

 

Arrigoni ricorda Bomprezzi

C'era Franco che sapeva sparigliare e sapeva quando farlo. Ti guardava e diceva: “Ma perché non parliamo d’amore?” E allora le riunioni o le chiacchierate oppure le riflessioni tornavano a prendere la giusta via. Quella che non ha mai smesso di indicarci, anche oggi, a più di cinque anni dalla sua morte che mai è stata scomparsa. Franco Bomprezzi, giornalista. Perché questo era. Nel senso più pieno del termine. La sua osteogenesi imperfetta è stata uno dei suoi punti di forza, ma non era la sua vita. Franco non si è mai lasciato fagocitare dalla sua condizione. Era avanti, oltre il suo tempo. Ogni giorno lo capiamo una volta di più. Abbiamo avuto la fortuna di averlo vicino sempre. Come presidente dal 1998 al 2001 e come direttore (un onore aver preso il timone da lui, amico di una vita) di questa rivista, che aveva fatto diventare un piccolo grande gioiello, fino alla sua morte, in uno dei luoghi che amava e aveva contributo. a far nascere e crescere, il Centro NeMO a Milano. Era il maestro dell’incontro. Con lui era facile la condivisione. È stato il più importante e lucido giornalista in materia di disabilità del nostro Paese. Un punto di riferimento. Quello che lui scriveva o diceva era sempre da tenere presente. Ipse dixit, lo ha detto Franco. E anche ora, quando abbiamo bisogno di riflettere viene da pensare: ma Franco cosa avrebbe fatto? Sempre e per sempre la nostra guida. Perché grazie a lui e a quel che insegnava e viveva sappiamo guardare e affrontare la nostra fragilità.

 

Paolo Poggi e gli Anni 80

Paolo Poggi ha conosciuto UILDM tramite il Servizio civile prestato tra l'82 e l'83 nella Sezione padovana. Nel 1986 Milcovich gli propose di coordinare DM e lo fece fino al 1992, quando ebbe il ruolo come professore di lettere.

L'86 fu anche l'anno in cui Roberto Bressanello diventava presidente UILDM. E direttore del giornale. Con lui abbiamo dato una svolta alla rivista, arricchendola di contenuti che andavano oltre il semplice bollettino d'informazione. Siamo passati dalle 8 pagine iniziali a modello tabloid a una rivista maneggevole con 32 pagine. Quali erano le linee editoriali dell'epoca? Raccontare la persona con disabilità artefice del proprio destino. Forte in questo senso fu l'influenza di Bressanello che affrontò per la prima volta in Italia il tema della Vita indipendente. Poiché il 1981 era stato l'Anno dell'Handicappato e le persone con disabilità e le loro associazioni avevano avuto per la prima volta grande visibilità, volevamo fare in modo che gli effetti di quell'anno, ancora duraturi nell'86, ci permettessero di promuovere il nuovo modo di guardare alla disabilità, tanto più che nel 1987 ci fu una campagna di grande risonanza contro le barriere architettoniche. Bressanello, laureato in Economia e Commercio, teneva al marketing e prese al volo l'occasione offerta dalla famosa agenzia pubblicitaria Armando Testa che preparò per noi la campagna della famiglia di plastilina, di cui molto si scrisse nel giornale. Inoltre, anche grazie ai contatti ottenuti attraverso i primi anni di Telethon, arrivato in Italia nell'88, ci promuovemmo anche attraverso le interviste a personaggi famosi come Rosanna Benzi, Pierangelo Bertoli e i giornalisti Gianni Minà e Gianni Vasino. Contemporaneamente, ci occupavamo del territorio sia parlando alle Sezioni che parlando delle Sezioni, ma anche di Europa con la nascita di Eamda, l'arrivo di Telethon dalla Francia e del wheelchair hockey. Chi scriveva nel giornale? Creammo una redazione a distanza con collaboratori fissi (Antonio Ceron, Puccio Maccione, Tino Chiandetti, Edvige Invernici, Lina Chiaffoni, il Comitato Lombardo e poi la pittrice Tina Portelli che ci regalò alcune copertine, la psicologa Graziella Nugnes che curò una rubrica, Liana Garini che per un periodo affrontò il tema della sessualità. E ce ne sarebbero molti altri). Dividemmo i compiti, io gestivo la redazione sociale ma c'era anche quella legislativa seguita da Carlo Giacobini e quella scientifica curata in collaborazione con il professor Gian Antonio Danieli. Lì da una parte comunicammo i primi progressi della ricerca genetica, con la scoperta nel 1986 della distrofina, ponendo grande attenzione a non generare false speranze, dall'altra seguivamo i progressi di tutti i centri di ricerca che miravano a ottenere dei finanziamenti e per questo ambivano a venire valorizzati dalla nostra rivista.

 

Le origini di DM

Federico Milcovich fondò UILM nel 1961. Fin da subito volle il notiziario Distrofia Muscolare. “Serviva per restare in contatto con le famiglie” ricorda Poggi “e far sapere loro che non erano sole. Prima di Internet il giornale era l'unico modo per restare aggiornati e da tutta Italia molti soci aspettavano con impazienza di ricevere il bollettino trimestrale. Milcovich ebbe fin dall'inizio un'idea molto chiara del ruolo sociale dell'Associazione e il notiziario era uno dei modi per assolverlo. Pur sapendo che aveva dei costi, per lui era indispensabile”. “D'altro canto, con il notiziario si inviava il bollettino per la donazione che era il principale strumento per la raccolta fondi” completa Borgato. Quanto agli argomenti del notiziario negli Anni 60 e 70, oltre alle relazioni annuali dei consiglieri nazionali, come ricorda Borgato, il focus principale era medico-scientifico. “Milcovich fondò UILDM” prosegue Poggi “per trovare una risposta scientifica alle cause della malattia e delle terapie. Prima di me, infatti, segreteria di redazione fu una biologa, Viviana Cambissa. Milcovich era convinto dell'importanza dell'informazione e con il giornale combatteva le notizie distorte, perché all'epoca fiorivano i viaggi della speranza, le cure miracolose, le mistificazioni”. A raccontarci chi c'era prima di Cambissa è Gloria Giannardi, segretaria negli uffici della Direzione nazionale fino al 2010. Iniziò a lavorare al fianco di Milcovich quando aveva solo 19 anni. “All'inizio il notiziario lo faceva lui stesso, io a volte scrivevo sotto sua dettatura. Poi, il primo direttore da me conosciuto fu Renzo Bassani. Ricordo che veniva a Padova a casa di Milcovich, che era la prima sede della Direzione nazionale, per controllare l'impaginazione. Incuteva soggezione ma era una bella persona”. Per la nascita del giornale ma anche per la sua crescita con attenzione ai temi sociali occorre, dunque, ringraziare innanzitutto Federico Milcovich, “Aveva un carattere forte ed era sempre disponibile con chiunque, ho voluto molto bene a questa grande persona. Non ha voluto fare il presidente, nonostante magari fosse il più votato nelle assemblee, e ha invece tenuto per sé la carica di segretario nazionale, dicendo che 'è il segretario che fa le cose'. Mi ha insegnato tanto, quando a 19 anni ho visto la sua carrozzina mi sono messa a piangere perché non sapevo nulla di disabilità. L'unico articolo che ho scritto in DM è stato alla sua morte, nel febbraio dell'88. Glielo dovevo, è merito suo se ho amato UILDM”. Ti manca il tuo lavoro? “Sì, mi manca. Erano più le ore che trascorrevo in UILDM che a casa, e anche dopo Federico mi sono affezionata agli altri. Non era solo un lavoro per me, mi interessava stare con le persone e ancora oggi mi fanno star bene quando li sento. Ricordo che il periodo più bello per me era quello delle Manifestazioni nazionali perchè potevo incontrarli tutti”.

Ritratto di uildmcomunicazione

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